Più che sin city, la città del peccato, Las Vegas negli ultimi sei mesi è stata una angry city, una città arrabbiata. Città in perenne costruzione con i coni spartitraffico diventati l’altro elemento distintivo insieme alle cappelle dove sposarsi e l’insegna Welcome to fabulous Las Vegas. L’annuncio che la Formula 1 sarebbe stata portata in città per i prossimi dieci anni, non ha certo suscitato l’entusiasmo di chi qui ci vive.
Max Verstappen, pilota olandese della Red Bull, ha vinto la prima edizione del Gran Premio di Las Vegas di Formula 1 nella gara in notturna del 18 novembre. Ma quando mercoledì sera, alla cerimonia di inaugurazione aveva dichiarato senza indorare troppo la pillola che non era particolarmente innamorato dall’atmosfera teatrale esibita dalla nuova location del circuito, ha fornito alla stampa l’esatto stato d’animo dell’anonimo signor Rossi, o meglio Smith, che fa fatica a capire come la città possa beneficiare nel lungo termine di un afflusso di introiti calcolati intorno agli 1,2 miliardi di dollari. “Penso che sia al 99% spettacolo e all’1% sport” ha detto il campione.

Il fine settimana della gara ha fatto perdere quel poco di pazienza rimasta ai locali. Se in linea teorica nessuno è contrario ad avere una gara di F1 a Las Vegas, la domanda che tutti si fanno però è: non si poteva trovare un’altra sistemazione visto che la Strip e l’autostrada per raggiungerla sono già intasati di loro? Bastava andare su qualsiasi sito di notizie locali o in quei gruppi online di quartiere per vedere le immagini dei disagi creati dai lavori di allestimento del circuito, che hanno coinvolto alcune delle strade più trafficate e centrali della città.

Las Vegas era, almeno fino a prima della pandemia, una città se non completamente family friendly, di sicuro bella e piacevole da vivere. Se soltanto tre anni fa con 25 minuti si riusciva dalla periferia ad arrivare sulla Strip e magari portare i figli a vedere il giardino botanico al Bellagio, adesso va messa in conto almeno un’ora.
In pandemia, Las Vegas ha visto aumentare il numero di abitanti, per l’arrivo prevalentemente di californiani. Già tra il 2017 e il 2018 oltre 50mila persone si erano trasferite dalla California in Nevada, ed il numero ha continuato ad aumentare durante il lockdown; secondo uno studio di ricercatori della UNLV (University of Nevada-Las Vegas) nel solo 2022 sono state oltre 40mila persone.

Quindi, se è vero che viviamo nel deserto e di spazio ce n’è, è anche vero che stiamo assistendo ad una cementificazione senza precedenti, in termini di rapidità di espansione. Così, per chi vive a Las Vegas, ai disagi causati da un traffico triplicato nel giro di un paio di anni, si è sommata la frustrazione di un evento sportivo che tanti sentono lontano dal vivere quotidiano. Spettacolizzare tutto senza tenere conto che, una volta smantellato il baraccone nessuno restituirà al piccolo esercente proprietario di un ristorante senza lustrini, il mancato guadagno perché i clienti cancellavano le prenotazioni. E nessuno può certamente restituire le ore perse in macchina a tutti quelli che il posto di lavoro ce l’hanno sulla Strip o nei suoi dintorni, o a quelli rimasti fuori di casa perché le vie d’accesso erano bloccate.
La Formula Uno a Las Vegas è solo uno dei tanti eventi sportivi con i quali la città cerca di diversificare la sua offerta turistica. Dal 2017 ha il suo team di hockey su ghiaccio, i Golden Knights, A febbraio 2024 ospiterà per la prima volta il Superbowl. Il Tropicana hotel verrà presto buttato giù per far posto ad uno stadio di baseball che ospiterà la squadra dell’Athletics’ che da Oakland in California diventerà squadra locale.
“Las Vegas sta cercando di offrire altre opportunità al di là del gioco. Gli investimenti in campo sportivo sono fondamentali in questo senso” dice Marta Soligo, italiana, Direttrice alla Ricerca in Turismo presso l’Ufficio per lo sviluppo economico della UNLV. “Bisogna ragionare su tre aspetti principali. Un impatto economico che ci sarà senz’altro anche se non si può quantificare al momento. Il secondo aspetto è quello della comunità, intesa come tessuto sociale, cioé i residenti, che sappiamo si sono lamentati per i ritardi, il traffico. Il terzo aspetto della nostra ricerca è la diversificazione turistica. Sarà interessante vedere come la F1 si inserirà in questo contesto. I dati che abbiamo raccolto ci dicono che la maggior parte dei cittadini supporta questi nuovi eventi sportivi a Las Vegas, però se non rendono la vita della comunità difficile”. Speriamo se ne ricordino l’anno prossimo.