Una soldatessa israeliana catturata dai militanti di Hamas è stata liberata durante le operazioni di terra a Gaza. A riportarlo è stato l’esercito israeliano, senza aggiungere ulteriori dettagli se non che la donna, identificata come Ori Megidish, “è stata sottoposta a controlli medici, sta bene e ha incontrato la sua famiglia”.
“L’esercito e lo Shin Bet – hanno aggiunto – faranno ogni sforzo per liberare anche altri ostaggi”. La soldatessa era una delle vedette messa a guardia del kibbutz di Nahal Oz.
Nella notte tra domenica e lunedì, i blindati e le truppe dello Stato ebraico sono avanzati ulteriormente nella zona settentrionale e centrale di Gaza, uccidendo decine di militanti che attaccavano dall’interno di edifici e tunnel, secondo quanto riferito dal ministero della Difesa di Tel Aviv. I miliziani palestinesi hanno invece continuato a lanciare razzi contro diverse città israeliane, tra cui Tel Aviv.
Ieri il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in un colloquio con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ha sottolineato che lo Stato ebraico ha il diritto di difendersi, ma deve farlo “in modo coerente con il diritto umanitario internazionale che dà priorità alla protezione dei civili” – in vista dell’ormai imminente invasione di terra di Gaza da parte dell’esercito di Tel Aviv.
La telefonata fra Biden e Netanyahu è la prima da quando l’esercito israeliano ha iniziato profonde incursioni nel nord della Striscia di Gaza. Secondo un resoconto fornito dalla Casa Bianca, Biden “ha apprezzato i primi due convogli di assistenza umanitaria (…) che hanno attraversato il confine con Gaza e sono stati distribuiti ai palestinesi bisognosi” nel fine settimana, concordando con la controparte israeliana che il flusso continuerà anche nei prossimi giorni.
E proprio domenica, il più grande convoglio dallo scoppio della guerra – 33 camion – è entrato nel sud di Gaza dall’Egitto. Una boccata di ossigeno che, tuttavia, non è ancora ritenuta sufficiente dagli operatori umanitari, dato che circa 2,3 milioni persone sono a corto di cibo, acqua, medicine e carburante dopo settimane di assedio israeliano. Tel Aviv sostiene inoltre di aver contestualmente riaperto due linee idriche nel sud di Gaza.
Secondo le stime delle Nazioni Unite, oltre 117.000 sfollati si stanno rifugiando negli ospedali del nord di Gaza con migliaia di pazienti e personale nella speranza di essere risparmiati dagli attacchi.
La situazione nella Striscia è sempre più difficile. L’ONU ha avvertito che “l’ordine civile” a Gaza sta andando in pezzi: alcuni magazzini domenica sono stati assaltati da palestinesi disperati che hanno preso farina e forniture igieniche. Preso di mira a Deir al Balah nel centro della Striscia uno dei magazzini dell’UNWRA, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi, dove vengono stivate le forniture giunte dall’Egitto con i camion umanitari. Anche il PAM (Programma alimentare mondiale) ha ammesso che alcuni suoi magazzini sono stati saccheggiati. “La gente è spaventata, frustrata e disperata” dice Thomas White, direttore dell’UNWRA nella Striscia. L’esodo di centinaia di migliaia di persone dal nord di Gaza verso sud sta mettendo enorme pressione sulle comunità locali e su servizi pubblici già compromessi.
Ma la Casa Bianca pensa anche agli scenari post-bellici, ribadendo come l’unica soluzione possibile per una pace duratura sia quella dei due Stati. “Non si può tornare allo status quo del 6 ottobre”, ha detto Biden ai giornalisti, riferendosi al giorno precedente ai cruenti attentati di Hamas sul suolo israeliano. “E questo significa anche che quando questa crisi sarà finita, ci dovrà essere una visione di ciò che verrà dopo, e a nostro avviso deve essere una soluzione a due Stati”, ha detto Biden.
Quella della soluzione dei due Stati è una politica caldeggiata da numerosi inquilini della Casa Bianca, da Clinton in poi, e vede come corollario la coesistenza pacifica tra Israele e uno Stato palestinese indipendente. Tuttavia, i colloqui sono in stallo sin da quando l’ultimo ciclo di negoziati mediati da Washington si è interrotto nel 2014, a causa di divergenze sull’espansione degli insediamenti israeliani, sul rilascio dei detenuti palestinesi e su altre questioni.