Gli Stati Uniti stanno inviando in queste ore altre forze militari in Medio Oriente, nel timore che il conflitto israelo-palestinese si espanda in tutta la regione. I combattimenti infatti proseguono senza sosta: nella notte tra sabato e domenica i caccia di Tel Aviv hanno colpito obiettivi in tutta Gaza, oltre a due aeroporti in Siria e una moschea nella Cisgiordania presumibilmente utilizzata dai militanti di Hamas.
Gli attacchi aerei israeliani sulla piccola enclave costiera sarebbero costati la vita a più di 50 palestinesi, secondo quanto riferito domenica da funzionari medici di Gaza. I raid contro i vicini aeroporti internazionali di Damasco e Aleppo avrebbero causato la morte di un dipendente civile e la chiusura del traffico aereo, secondo i media ufficiali siriani.
Israele ha inoltre dichiarato che sabato i suoi aerei hanno colpito infrastrutture di Hezbollah in Libano e che uno dei suoi soldati è stato colpito da un missile anticarro durante scontri transfrontalieri che, secondo il gruppo filo-iraniano, hanno ucciso sei dei suoi combattenti.
Il conflitto ha causato sinora più di 1.400 morti in Israele e oltre 4.100 morti a Gaza.
Da giorni le truppe israeliane sono pronte a invadere Gaza come rappresaglia ai drammatici raid di Hamas dello scorso 7 ottobre, durante i quali i miliziani islamisti hanno rapito anche circa 210 ostaggi di diverse nazionalità. Carri armati e decine di migliaia di soldati sono ammassati vicino al confine con la part nord della Striscia di Gaza, dove tuttavia continuano ad esserci centinaia di migliaia di civili palestinesi (nonostante l’ordine di evacuare).
La massiccia presenza di civili è probabilmente uno dei fattori che sinora ha fatto desistere le gerarchie militari di Tel Aviv dal dare l’ordine di attacco – oltre al fatto che ciò significherebbe verosimilmente far esplodere un conflitto più ampio che vedrebbe coinvolti anche i sostenitori di Hamas e Jihad islamica, ossia milizie di Siria e Libano, oltre – soprattutto – all’Iran.

Intanto, dopo due settimane di embargo totale israeliano sulla Striscia, sabato è stato permesso a 20 camion di aiuti di entrare a Gaza dall’Egitto attraverso il confine di Rafah.
L’ufficio umanitario dell’ONU ha peraltro osservato che la quantità di rifornimenti entrati sabato costituisce solo il 4% della media giornaliera di quello che arrivava a Gaza prima delle ostilità e un’infima parte di ciò che è necessario per l’affollata enclave, dove circa metà dei 2,3 milioni di residenti della regione sono fuggiti dalle loro case. Gli ospedali sono stracolmi di pazienti e hanno esaurito la benzina per i generatori. Di conseguenza, i chirurghi sono costretti a operare con aghi da cucito, aceto da cucina come disinfettante e nessun anestetico.
Più ottimista invece il presidente statunitense Joe Biden, che ha salutato l’arrivo degli aiuti dopo giorni di intensi negoziati e dichiarato che Washington garantirà l’arrivo di ulteriori aiuti ai palestinesi a corto di cibo, acqua, medicine e carburante. “Continueremo a lavorare con tutte le parti”, ha dichiarato Biden in un comunicato.
Nelle stesse ore il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha dichiarato che il Pentagono invierà altro equipaggiamento militari in Medio Oriente per sostenere Israele e rafforzare la deterrenza USA nella regione dopo le “recenti escalation da parte dell’Iran e delle sue milizie per procura”. I nuovi arrivi comprendono un sistema anti-missile THAAD (Terminal High Altitude Area Defense) e altri battaglioni del sistema missilistico di difesa aerea Patriot, ha precisato il capo del Pentagono – che nelle ultime settimane ha già approvato l’invio in Medio Oriente di due portaerei e circa 2.000 Marines.