Alcuni dei più grandi autori statunitensi hanno deciso di intentare una causa contro OpenAI, una delle principali start up al mondo operativa nel settore dell’intelligenza artificiale.
La società californiana, in particolare, è stata accusata dagli scrittori americani di aver utilizzato i loro testi per la creazione di ChatGpt, violando i diritti d’autore e creando un potenziale danno economico al mercato editoriale. I romanzieri in questione, assistiti dalla Authors Guild, hanno dunque sporto denuncia presso la corte del Southern District di New York: tra i protagonisti di questa vicenda vi sono nomi del calibro di George R.R Martin, autore della celebre saga “Game of Thrones”, John Grisham, con all’attivo oltre 300 milioni di copie vendute in carriera, Jonathan Franzen, Elin Hilderbrand, Michael Connelly, David Baldacci, Scott Turow, Jodi Picoult e George Saunders.
I querelanti hanno spiegato che, se da un lato OpenAI non ha mai specificato quali sono i materiali utilizzati per perfezionare i propri modelli di ChatGpt, dall’altro ha dichiarato apertamente di fare uso di opere protette dal copyright. Il risultato finale di queste simulazioni, sarebbero quindi dei testi che, naturalmente, non fanno altro che copiare il materiale originale da cui derivano. Tutto ciò, secondo il parere degli scrittori statunitensi, comporterebbe la violazione dei diritti d’autore. “Il successo e la redditività di OpenAi sono realizzati basandosi su una violazione massiva del copyright-hanno spiegato i querelanti-senza alcun permesso o alcuna compensazione economica nei confronti dei detentori dei diritti d’autore”. “Al centro di questi algoritmi c’è un furto sistematico su vasta scala”, hanno invece dichiarato gli avvocati dei protagonisti di questa vicenda, “questi modelli linguistici mettono in pericolo la capacità degli scrittori di guadagnarsi da vivere, in quanto consentono a chiunque di generare automaticamente e gratuitamente, o comunque a costi molto bassi, testi per i quali le case editrici dovrebbero pagare i legittimi autori”.
La Authors Guild, dunque, in nome dei propri assistiti, chiede di vietare ad OpenAi l’utilizzo di libri protetti da copyright per lo sviluppo delle proprie ChatGpt, in mancanza di una “espressa autorizzazione”. I querelanti, inoltre, sospettano che per accaparrarsi i vari testi, utili al miglioramento delle chatbot, la società californiana abbia utilizzato anche alcuni siti pirata, in modo da aggirare facilmente le limitazioni imposte dai diritti d’autore. La situazione sta iniziando a creare un certo malumore tra gli scrittori ed i romanzieri, che ora pretendono di essere risarciti.
Non è certo la prima volta che OpenAi si ritrova al centro di vicende giudiziarie di questo genere. Negli ultimi mesi, infatti, anche altri autori avevano deciso di intentare una causa sia contro la start up fondata da Elon Musk, sia contro Meta, società guidata da Mark Zuckerberg, proprietaria di una chatbot analoga a quella sviluppata da OpenAI.
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