“Toki è stata un’ispirazione per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di ascoltare la sua storia e in particolare per Lummi Nation, che era la sua famiglia. Coloro che hanno avuto il privilegio di trascorrere del tempo con lei ricorderanno per sempre il suo bellissimo spirito”.
Con questo post il Miami Seaquarium, in cui era ospitata l’orca Lolita soprannominata Toki, ha annunciato la morte del cetaceo. Le cause sarebbero da ricondursi a una malattia renale, gradualmente peggiorata negli ultimi giorni. Toki aveva 57 anni e viveva in cattività da quando fu catturata nel 1970 a Penn Cove, nella baia naturale fra Seattle e Vancouver e poi venduta all’acquario per 20.000 dollari.
Lolita, la seconda orca marina più anziana dopo Corky a essere vissuta in cattività, era cresciuta trascorrendo i primi dieci anni di vita in una piscina di cemento a Biscayne Bay, in compagnia di Hugo, con il quale avevano cercato inutilmente di farla accoppiare. Hugo morì dopo essersi scagliato più volte contro i bordi della vasca che lo ospitava, probabilmente a causa della sofferenza legata alla prigionia.
In seguito a questo evento nacquero le prime associazioni in difesa di Lolita: l’obiettivo era il suo ritorno alla libertà, anche se ben presto fu chiaro che in mare aperto non sarebbe stata capace di nutrirsi autonomamente, e non sarebbe mai potuta tornare senza una riabilitazione adeguata.
Dopo due rapporti federali che testimoniavano come il Seaquarium non fosse riuscito a fornire all’animale l’ombra necessaria, oltre che adeguati pasti ridotti senza una preventiva consultazione veterinaria e dopo che le erano state rilevate ferite in seguito alle esibizioni estenuanti, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti aveva deciso di non consentire al nuovo proprietario del Seaquarium, il The Dolphin Company, di continuare a utilizzare l’orca per gli spettacoli.
Soltanto qualche mese fa si è arrivati a una vera svolta e con una conferenza stampa congiunta il Miami Seaquarium ha annunciato l’accordo formale e vincolante con Friends of Lolita per trasferirla in un luogo adeguato. Decisivo l’intervento di Jim Irsay, un filantropo proprietario degli Indianapolis Colts, che si è reso disponibile a sostenere gli ingenti costi dell’operazione.
L’ipotesi più concreta per la sua liberazione prevedeva un periodo di adattamento di 18-24 mesi, durante il quale l’orca avrebbe dovuto essere riabituata lentamente all’autonomia, in modo da poter organizzare un trasferimento aereo con il definitivo ritorno nelle acque, anche se limitate, del santuario marino a lei destinato.
Purtroppo la morte di Lolita è arrivata prima della ritrovata libertà, lì dove l’uomo ha deciso di imprigionarla.
Tutti coloro che in questi anni hanno lottato per lei e avevano atteso con speranza il suo rilascio, adesso chiedono che anche i delfini della sua stessa vasca, quelli che l’accompagnavano durante le esibizioni, vengano rimessi in natura.