Già da piccolo lo conoscevano tutti. Numero uno al mondo nel ranking under 17 per due anni consecutivi e poi due volte campione del mondo negli Under 20, Konstantin Lokhanov è sempre stato uno sciabolatore temuto.
Non era solo altissimo (due metri già da adolescente), ma trovarselo accoppiato nel tabellone ad eliminazione diretta voleva spesso dire tornare a casa con una sconfitta. Compiuti vent’anni per Lokhanov, classe 1998, è stato poi il momento di fare il suo ingresso tra i grandi. La categoria Assoluti, quella dove o sei forte davvero e vieni convocato in nazionale, oppure il destino è quello dello sparring partner.
La prova più difficile Konstantin la passa quasi subito e alla prima occasione utile, le olimpiadi di Tokyo 2021, figura tra i convocati.
Va lì insieme a quella che nel frattempo è diventata sua moglie, Sofia Pozdnyakova, che ha un anno in più di lui e non è soltanto una schermitrice, ma è anche figlia di un uomo che per lo sport russo è un’icona: Stanislav Pozdnyakov, il più grande sciabolatore della storia attualmente a capo del Comitato Olimpico Russo.
Sofia a Tokyo segue le orme del padre e si mette al collo due ori. Il primo nella sciabola individuale e il secondo nella prova a squadre. A bordo pedana c’è sempre Konstantin, che in quell’estate 2021 vive il sogno olimpico insieme alla sua famiglia.

Dopo il Giappone Lokhanov va in Germania: deve curare un infortunio all’anca che lo disturba da un po’ e proprio in quei giorni, dopo essere stato sotto i ferri, i telegiornali di tutto il mondo annunciano l’inizio dell’invasione russa in Ucraina.
Konstantin è scioccato e decide di lasciare il suo paese. Fa le valigie, raccoglie le sciabole e lascia la moglie, decisa a rimanere in Russia. Il padre di Sofia, il patriottico Podzniakov fedelissimo a Putin e proprio per questo rimosso dalla carica Presidente della Confederazione Europea di Scherma, lo definisce pubblicamente “un codardo” per avere voltato le spalle a Mosca.
Con l’inizio della guerra non c’è spazio per i ripensamenti: o si è alleati del regime, o ne si diventa automaticamente nemici. Poco dopo, il Ministero per lo Sport di Mosca pubblica un documento in cui dichiara Lokhanov “non convocabile” per qualsiasi competizione internazionale.
Konstantin decide così di comprare un biglietto di sola andata verso gli Stati Uniti. La destinazione è San Diego, in California, dove la scherma non lo abbandona. Inizia ad insegnare e poi riprende a calcare le pedane. Ci ha messo poco per imporsi anche negli USA: qualche giorno fa ha vinto il titolo nazionale a Phoenix senza nemmeno faticare troppo. Alla gara è stato ammesso dopo aver preso la residenza in America e aver promesso di non indossare alcun simbolo o divisa riconducibili a Russia o Bielorussia.

Ma ha fatto di più: sul podio è salito assieme a un collega ucraino, Darii Lukashenko (che tira per il Manhattan Fencing Club), sventolando una bandiera azzurra e gialla e postando poi l’immagine sui social.
“Confermo che Sofia ha lasciato il marito – disse Podzniakov mentre Lokhanov era in volo sull’oceano – Credo che l’educazione e l’amore per la madrepatria abbiano permesso a Sofia di non condividere un triste destino”. Invece, dopo mesi, i due potrebbero ritrovarsi faccia a faccia in Italia, a Milano, dove alla fine del mese sono in programma i mondiali di scherma. Lokhanov sa bene di non poter essere chiamato dalla Russia, ma spera che qualche nazione, vedendolo ancora in grado di competere, decida di dargli una chance. Forse la Georgia, che già in passato ha avuto tra le sue fila atleti di nazionalità diversa.
“Per lungo tempo – ha scritto su Instagram – ho pensato se tornare in un paese di cui considero inaccettabili le scelte politiche. Poi, come potete immaginare, ho deciso di non ritornare: io sono assolutamente contro questa guerra e ho espresso il mio supporto a tutti gli atleti ucraini”.