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June 27, 2023
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La Corte Suprema emette sentenze cruciali sul diritto di voto e le minacce online

Ma il caso più importante è stato quello in cui è stata respinta un'interpretazione della clausola elettorale della Costituzione

Marco GiustinianibyMarco Giustiniani
Corte Suprema: a febbraio la sentenza sul condono di Biden agli studenti

Agenti di polizia davanti alla Corte Suprema a Washington - ANSA/EPA/SHAWN THEW

Time: 3 mins read

Prima di andare in ferie i giudici della Corte Suprema emettono le sentenze per quei casi che sono stati discussi davanti a loro durante l’inverno. Alcune determinanti per il futuro sociale e politico del Paese, altre meno, ma sempre interessanti per capire come le trasformazioni culturali e la giustizia si intrecciano e si evolvono. In dirittura d’arrivo anche le decisioni su Affirmative Action, la quota razziale per l’ammissione nei college, o la “licenza per discriminare” se una ditta privata deve eseguire un lavoro anche se non è d’accordo con l’orientamento sessuale del cliente, ma anche se un postino “evangelico” può essere costretto a lavorare la domenica.

E oggi è stato deciso che una persona mentalmente instabile non può essere condannata per stalking o per minacce on line. I giudici, inoltre, hanno stabilito che la Costituzione non permette ai legislatori locali il potere di stabilire le regole per le elezioni federali nei loro stati, bocciando la cosiddetta “teoria legislativa statale indipendente” ritenendola incoerente con la Costituzione. In pratica una sentenza che blocca i legislatori locali a ridisegnare le mappe elettorali, il gerrymandering, per cercare di distorcere i risultati elettorali. Allargare o restringere i distretti elettorali, cosa che dovrebbe avvenire solo in base ai risultati del Censimento, è diventata la prassi in molti Stati che vogliono proteggere lo status quo dei politici eletti.    

In un’altra sentenza i magistrati si sono pronunciati su un caso che coinvolge un uomo che è stato condannato a più di quattro anni di carcere in Colorado per aver inviato messaggi minacciosi su Facebook. Gli avvocati dell’uomo avevano sostenuto che il loro cliente soffriva di una malattia mentale e non intendeva minacciare. Nei giorni scorsi, in attesa di questa decisione, l’amministrazione Biden aveva lanciato l’allarme affermando che Internet e i social media hanno ampliato il numero e il tipo di minacce negli ultimi anni, comprese molestie online, intimidazioni e stalking. E ha avvertito che il caso all’esame dei magistrati avrebbe inciso sulla capacità di perseguire chi minaccia i funzionari pubblici.

Nello specifico la questione per gli alti magistrati era quella se i pubblici ministeri dovessero dimostrare che una persona perseguita per aver fatto minacce on line sapeva che il suo comportamento era minaccioso o se i pubblici ministeri dovevano solo dimostrare che una persona ragionevole l’avrebbe vista come una minaccia.

I giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti – Wikimedia

Il giudice Elena Kagan ha scritto per la maggioranza che i pubblici ministeri devono dimostrare che “l’imputato ha la comprensione soggettiva della natura minacciosa delle sue dichiarazioni”. In pratica le minacce di uno squilibrato non possono essere interpretate come minacce “vere”.

“Lo Stato deve dimostrare che l’imputato ha consapevolmente ignorato un rischio sostanziale che le sue comunicazioni sarebbero state viste come una minaccia di violenza”, ha affermato. Sette giudici hanno concordato con lei. Due giudici conservatori, Clarence Thomas e Amy Coney Barrett, hanno dissentito.

Ma il caso più importante di oggi è stato quello in cui è stata respinta un’interpretazione della clausola elettorale della Costituzione. La decisione è una grande vittoria per i sostenitori del diritto di voto, che temevano che una sentenza che desse l’autorità alle legislature dei singoli Stati di tracciare le mappe delle circoscrizioni elettorali avrebbe devastato il sistema attuale di voto e avrebbe consentito alle legislature statali di operare senza nessun controllo per stabilire le regole elettorali federali.

Il giudice capo John Roberts ha scritto l’opinione per la maggioranza che è passata con 6 voti favorevoli e 3 contrari in un caso che prende in considerazione una disputa legale nella Carolina del Nord. 

La corte ha stabilito che la Corte Suprema ha giurisdizione per sostenere la decisione della Corte Suprema della Carolina del Nord contro i funzionari statali repubblicani e ha affermato che la clausola elettorale contenuta nella Costituzione non concede l’autorità esclusiva e indipendente alle legislature statali per stabilire le regole relative alle elezioni federali.

“I tribunali statali mantengono l’autorità di applicare le leggi statali quando i legislatori agiscono in base al potere loro conferito dalla clausola elettorale”, ha scritto Roberts. La sua decisione è stata condivisa dai giudici Sonia Sotomayor, Elena Kagan, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett e Ketanji Brown Jackson.

La teoria secondo cui i legislatori statali hanno l’autorità esclusiva di stabilire le regole per le elezioni presidenziali e congressuali senza la supervisione dei tribunali statali non è stata applicata negli ultimi 20 anni. Solo dopo le elezioni presidenziali del 2020, quando gli alleati dell’allora presidente Donald Trump l’hanno rispolverata come parte degli sforzi per cercare di capovolgere il risultato elettorale.

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Marco Giustiniani

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