La pace è meglio della guerra: con la prima si vive, con la seconda si muore. Sembra di riascoltare lo show “Quelli della Notte” di Renzo Arbore, ricordate? Quando il jazzista “filosofo” Massimo Catalano nel dire certi concetti come “è meglio essere ricchi, belli e in salute che poveri, brutti e malati”, riusciva con l’ovvietà a sciogliere il nodo della questione in discussione (Per chi fosse delle generazioni successive a quel programma culto, consultare youtube).
Martedì al Palazzo di Vetro dell’Onu anche Tor Wennesland, coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente (UNSCO), ci sembrava come uno di “Quelli della Notte”; durante l’ennesima riunione del Consiglio di Sicurezza sulla questione del conflitto israelo-palestinese, non gli restava altro che elencare dei concetti scontati, come quando l’inviato dell’Onu ha sostenuto che a meno che non vengano prese rapidamente misure decisive per frenare la violenza israelo-palestinese, c’è il “rischio significativo” che la situazione possa deteriorarsi.
“La scelta è chiara”, ha affermato Tor Wennesland. “O proseguire lungo la spirale discendente di violenze e provocazioni che portano a un vuoto politico o rivolgersi a un dialogo costruttivo legato ad azioni concrete che possano creare speranza e un orizzonte politico”.
Già, mentre sia i palestinesi che gli israeliani, fanno di tutto per rendersi la vita impossibile a vicenda, Weensland-Catalano dice che devono “frenare e ripensare le opzioni”, dato l’”allarmante picco di violenza” nella Cisgiordania occupata settentrionale e centrale che ha provocato numerose vittime palestinesi e israeliane negli ultimi 13 giorni.
Wessland non era davanti alle telecamere di uno show tv di successo per far ridere, ma doveva presentare ai Quindici del Consiglio di Sicurezza la sua ultima relazione mensile, che copre il periodo compreso tra metà maggio e metà giugno, un rapporto drammatico ma che si potrebbe già definire “scaduto” per quante altre violenze sono avvenute negli ultimi giorni.
“Unless decisive steps are taken now to rein in the violence, there is a significant risk that events could deteriorate further, ” #UN Envoy @TWennesland tells the Security Council. #Israel #Palestine #SCR2334
📖Full briefing 👇https://t.co/QFZSWxsWFZ— UNSCO (@UNSCO_MEPP) June 27, 2023
Così fornendo una cupa istantanea degli attuali scenari di crisi, Wessland ha affermato che le operazioni militari, inclusi attacchi aerei in Cisgiordania, scontri, attacchi e livelli estremamente elevati di violenza legata ai coloni, sono continuate e si sono intensificate notevolmente.
Inoltre, l’inviato del Segretario Generale dell’ONU ha riferito dell’uso di armi più sofisticate da parte dei palestinesi, tra cui un avanzato ordigno esplosivo improvvisato e razzi lanciati contro Israele.
Ecco alcuni dati forniti: dal 20 al 25 giugno, i coloni israeliani hanno perpetrato 28 attacchi violenti contro villaggi palestinesi, ha detto Wessland, aggiungendo che la “furia dei coloni” ha causato un morto e dozzine di feriti.
Israele, in quanto potenza occupante, ha l’obbligo di proteggere i palestinesi e le loro proprietà nel Territorio occupato e di garantire indagini rapide, indipendenti, imparziali e trasparenti su tutti gli atti di violenza, ha ribadito l’inviato dell’ONU.
“L’intensificazione dell’occupazione, l’espansione degli insediamenti, gli alti livelli di violenza contro i civili, compresi gli atti di terrore e, soprattutto, l’assenza di un orizzonte politico stanno rapidamente erodendo la speranza tra palestinesi e israeliani, e in particolare tra i giovani, che una risoluzione del conflitto sia realizzabile”.

“La velocità e l’intensità del deterioramento della sicurezza a cui stiamo assistendo sul campo sono estremamente pericolose”, ha affermato. “Gli eventi in corso mettono seriamente in discussione una stabilità più ampia e minano l’Autorità palestinese”, ha aggiunto Wessland. Solo frasi scontate le sue? Delle “Catalanate”? Sono in fondo parole sagge che hanno il solo difetto di restare finora inascoltate.
Mentre il cessate il fuoco seguito all’escalation di Gaza a maggio ha tenuto, c’è il rischio costante che gli eventi in Cisgiordania possano estendersi alla Striscia di Gaza, ha continuato Wessland nella sua relazione.
Altrettanto preoccupanti sono le sfide fiscali e istituzionali dell’Autorità palestinese, esacerbate dalla carenza di finanziamenti, anche per le agenzie delle Nazioni Unite, che incidono sulla fornitura di servizi di base cruciali. Ciò potrebbe ulteriormente aggravare il deterioramento della situazione sul terreno, ha avvertito l’inviato ONU.
“Non ci sono dubbi, né l’Autorità palestinese né le Nazioni Unite saranno in grado di fornire assistenza umanitaria senza che i donatori aumentino urgentemente il sostegno finanziario”, ha avvertito.
Per quanto riguarda altri sviluppi significativi, ha affermato che l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, UNRWA, ha ripreso dopo quattro mesi la fornitura completa di servizi in Cisgiordania, comprese 42 cliniche sanitarie e 90 scuole che servono più di 40.000 bambini. L’interruzione era stata causata da una disputa di lavoro con il sindacato del personale locale e da uno sciopero.
Ma l’attuale situazione della sicurezza rimane una grave sfida, ha quindi affermato l’inviato dell’Onu. “Dobbiamo urgentemente agire collettivamente per fermare la violenza”, ha detto. “Allo stesso tempo, è fondamentale riportare le parti su un percorso che affronti le questioni politiche che guidano le attuali dinamiche, in modo che possa iniziare un processo per risolvere le questioni fondamentali”.
Altrettanto preoccupata è apparsa l’ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti Lana Nusseibeh, presidente di turno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che ha avvertito delle ricadute regionali affermando che un’altra intifada “si profila pericolosamente” con una possibile rottura di ogni parvenza di sicurezza. “Stiamo corteggiando il disastro”, ha detto Nusseibeh. “La situazione ha superato da tempo le espressioni di preoccupazione e condanna”, ha continuato la diplomatica degli Emirati, chiedendo maggiori sforzi diplomatici per riavviare un processo di pace israelo-palestinese.