Stella Levi ha ricevuto alla vigilia della Festa della Liberazione e pochi giorni prima del suo centesimo compleanno, le insigne di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dalle mani dell’Ambasciatrice d’Italia negli Stati Uniti, Mariangela Zappia. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha deciso di sua iniziativa di conferire a Stella la più alta onorificenza, saltando tutte quelle che la precedono nel cursus honorum dell’Italia repubblicana (cavaliere, commendatore ecc.).
La cerimonia si è svolta nell’auditorium del Glen Cove Hospital-Northwell Health dove Stella si sta riprendendo dopo una brutta frattura. Ha camminato fino al podio e ha voluto stare in piedi mentre l’Ambasciatrice Zappia la cingeva con la fascia di seta marezzata verde e rossa. Il personale medico e infermieristico dell’ospedale l’ha accompagnata con un’ovazione: Stella in quel momento era anche la prova dell’efficacia delle loro terapie.
Stella è nata nell’isola di Rodi, oggi in Grecia, ma Stella non è greca. Stella è italiana, italianissima. Stella è anche americana, o meglio newyorkese legatissima alla città dove ha deciso di stabilirsi tanti anni fa e che soddisfa ancora i suoi tanti interessi culturali e artistici. Stella è ebrea, sefardita ma sa a memoria e canta in latino impeccabile lunghi brani della Messa da Requiem (quella di Verdi, ovviamente). Stella parla l’italiano perfetto ed elegante, senza cadenze o inflessioni regionali che aveva imparato nelle scuole italiane di Rodi. Stella conosce tante lingue ma la sua lingua madre è il ladino, la lingua della sua casa, della sua famiglia, della sua sinagoga. Il ladino è lo spagnolo degli ebrei della penisola iberica e quando Stella lo parla è un po’ come sentire la lingua di Cervantes o di un altro poeta rinascimentale. Ma gli antenati di Stella vennero cacciati dalla Spagna proprio mentre stava iniziando il Siglo de Oro. I re cattolici avevano deciso che i loro sudditi ebrei non avrebbero partecipato a quella grande festa e li cacciarono dopo averli privati di tutti i loro beni.
Quasi 500 anni dopo la cacciata dalla Spagna, gli ebrei sefarditi di Rodi, che avevano trovato accoglienza nelle periferie dell’impero ottomano rivissero la stessa esperienza dei loro antenati: dopo un’accoglienza tollerante si videro prima discriminati, poi perseguitati e decimati. Gli italiani avevano portato a Rodi un vento di modernità cosmopolita, e proprio nell’anno di nascita di Stella, 1923, avevano concesso la cittadinanza italiana agli ebrei dell’isola e avevano dato a Rodi anche la sua brava targa automobilistica: RD come una provincia italiana. Ma nel 1938 l’infamia delle leggi razziali si estese oltre i confini della penisola, nelle colonie, nei protettorati e negli altri territori italiani. Stella e i suoi coetanei vennero espulsi dalle scuole italiane, le uniche che avevano frequentato. Essere privata della scuola fu per Stella uno dei momenti più drammatici della sua vita. Quello in cui per la prima volta si rese conto che le si voleva togliere la dignità di essere umano. Nel 1943 i nazisti occuparono l’isola e nel 1944 con la collaborazione dell’amministrazione italiana più di 1800 ebrei rodioti vennero deportati in campi di sterminio. Solo 160 sopravviveranno tra cui Stella e sua sorella Renée. Dopo un periodo in Italia, Stella raggiunge le due sorelle maggiori negli USA e poi farà di New York la sua casa. Proprio a New York Stella è stata tra i fondatori del Centro Primo Levi e si è dedicata a concepire programmi e sviluppare occasioni di dialogo interdisciplinare e intergenerazionale.

Nel conferirle il cavalierato l’Ambasciatrice Zappia, commossa, ha ricordato “l’inesauribile impegno di Stella Levi nella condivisione della sua testimonianza e per la conservazione della memoria” e l’ha presentata come “un esempio di resilienza, generosità e straordinaria profondità intellettuale”.
Ha fatto bene il Presidente Mattarella a voler far saltare a Stella le onorificenze intermedie e a conferirle subito la più alta. L’Italia sarà sempre in debito con Stella perché le è stata madre, dandole la lingua, la letteratura, la musica che sente sue, e le è stata matrigna , visto che nessuna autorità italiana a Rodi fece nulla per impedire o sabotare la deportazione degli ebrei. Il cavalierato di Gran Croce a Stella Levi non assolve l’Italia dalle sue gravissime responsabilità storiche e dai crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante il regime fascista, ma riconosce il ruolo fondamentale di persone come Stella per tenere viva la memoria collettiva e diventare coscienza critica del Paese.
Qualche anno fa Stella arrivò nel mio ufficio con la direttrice del Centro Primo Levi, Natalia Indrimi con in mano un grande pacco. Era l’Inferno di Dante in una edizione ottocentesca bilingue (italiano e francese) con le illustrazioni di Gustave Dorè. Stella mi spiegò che fu il regalo che si fece con i primi risparmi americani e adesso voleva che lo avessi io. Stella, che aveva visto l’inferno vero, quello creato dagli uomini, mi regalava quello inventato da Dante che, nonostante le fantasiose punizioni e i riferimenti teologici è un concentrato di umanità sofferente. È il libro più prezioso della mia biblioteca. Non solo per Dante o per Doré, ma per Stella, Cavaliere di Gran Croce, che mi fa sempre intravedere cosa può essere l’umanità al suo meglio.

Discorso di Stella Levi per l’accettazione del Cavalierato di Gran Croce
Glen Cove Hospital , 24 Aprile, 2023
Buon giorno!
Sono onorata del riconoscimento che mi viene presentato e ringrazio il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’Ambasciatrice Mariangela Zappia, il Console Generale Fabrizio Di Michele e tutte le autorità coinvolte.
Voglio ringraziare il mio amico e medico, Alessandro Di Rocco, e tutto lo staff del Glen Cove Hospital-Northwell Health.
Ci tengo a dire che accetto questo onore non come individuo, ma a nome di tutti quelli, ebrei come me, uomini, donne e bambini, che sono stati. discriminati, in Italia e nei territori Italiani dalle Leggi Razziali volute dal Fascismo. Rappresenta ai miei occhi un’assunzione di responsabilità storica da parte del paese che dette la cittadinanza alla mia famiglia proprio nell’anno della mia nascita.
urante tutta la mia lunga vita ho avuto un rapporto forte ma duplice con l’Italia. Ho amato e continuo a amare la lingua e la grande cultura italiana: Dante, il Rinascimento, Leopardi, l’opera lirica, il cinema. Tutto questo ha allargato i miei orizzonti e mi ha nutrita interiormente. Ma non posso e non voglio dimenticare che nel 1938, il governo Italiano ha stabilito che in quanto ebrea, non ero più degna di andare a scuola. Di fatto, non ero più un essere umano. Ricordo, come fosse ieri, quell’autunno a Rodi, in cui con altre ragazze ebree, pur sapendo che non potevamo più frequentare la scuola italiana, ci presentammo al cancello con le nostre uniformi scolastiche, nella vana speranza di essere ammesse…
Dopo tanti decenni quello che ci è stato tolto non può essere restituito, ma a nome di tutti gli ebrei italiani, che come me hanno subito la barbarie delle Leggi Razziali, accetto e apprezzo il gesto del governo Italiano.
Grazie!