È un sabato sera come tanti a Milano. Una cena fra amici, molte risate, le prime luci dell’alba. Sarah la chiameremo così, viene accompagnata alla fermata dell’autobus. Resta da sola, ma dopo poco le si avvicina un ragazzo che le chiede in prestito un accendino, anzi di fumare una sigaretta assieme, meglio però se dietro l’angolo. La violenza si consuma rapidamente sul cofano di una macchina e sarà interrotta solo con l’intervento di un passante. L’aggressore, un marocchino ventinovenne senza fissa dimora, sarà rintracciato successivamente. Questo è solo uno degli ultimi casi di violenza perpetrati ai danni di una donna che si ritrova da sola in strada, in una città apparentemente addormentata.
Secondo i dati del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno relativi al 2019-22 l’incidenza delle donne sul totale delle vittime di atti persecutori, maltrattamenti contro familiari e conviventi e violenze sessuali si mantiene pressoché costante. Si attesta attorno al 75% per gli atti persecutori, intorno all’ 82% per i maltrattamenti contro familiari e conviventi e al 92% per le violenze sessuali. In aumento invece gli atti di “stalking”, un incremento dovuto sicuramente a un maggiore inasprimento della legge che li intercetta fin dalle prime manifestazioni.
Abbiamo parlato con il criminologo Paolo Giulini, della sua esperienza con il Centro Italiano per la Promozione della Mediazione di Milano, di cui è presidente, che lavora con chi commette questo tipo di reati.

Il centro e le finalità
Abbiamo costituito nel 1995 questa associazione, divenuta poi cooperativa, per introdurre in Italia le pratiche della giustizia riparativa, per la riduzione dei danni e la presa in carico dei responsabili delle violenze. Abbiamo trovato il modo di dare efficacia alla pena da una parte e dall’altra restituire, ai responsabili di condotte dannose, la possibilità di entrare in contatto con la loro potenzialità distruttiva sviluppando qualità empatiche per riuscire a gestirla.
I progetti
Nel 2005 abbiamo avviato il primo progetto finanziato dalla Regione Lombardia con gli autori di reati sessuali, chiedendo una sezione specifica del carcere per l’attività di trattamento, con un’equipe di una quindicina di operatori per una trentina di detenuti.
Nel 2009 abbiamo attivato il primo sportello dentro al carcere di San Vittore, permettendo agli imputati di atti persecutori di seguire uno specifico percorso.
Il Comune di Milano ci ha invitato ad attivare un ulteriore servizio chiamato Presidio Criminologico Territoriale dove lavoriamo con un gruppo di detenuti in permesso e in misura alternativa. Il percorso di trattamento è rivolto a persone che abbiano commesso atti persecutori lesivi della persona, anche solo psicologici: possiamo trattare condannati già in carcere, persone inviate dai servizi del territorio per l’innescarsi di atti violenti e volontari.
Abbiamo anche un progetto sperimentale chiamato Su un altro piano che prevede la possibilità di gestire l’attività educativa in un appartamento con sei posti letto. Stiamo cercando di ottimizzare insomma tutto quello che la legge permette creando delle nuove prassi, modificando o integrando lo stesso sistema normativo.
Attraverso il protocollo Zeus la Questura invita inoltre autori di stalking, seppure soltanto ammoniti, a presentarsi (non c’è obbligo) per lavorare su condotte appena agli esordi. Dal 2018 al febbraio 2022 su un totale di 774 ammoniti 645 autori hanno aderito. il 12% ha manifestato una ricaduta, mentre fra quelli che non si sono presentati le recidive hanno raggiunto il 17%.
I nostri numeri
In questi anni abbiamo avuto circa 4500 persone in trattamento. I gruppi mediamente non dovrebbero superare le 10/12 persone per essere efficaci, purtroppo siamo saliti a una media di 15/20 con la supervisione di due operatori. Complessivamente siamo una quindicina di addetti, oltre una ventina di persone che collaborano come volontari e una quarantina che ci sostengono. Gli incontri sono solitamente settimanali, ma in caso di recidive ne suggeriamo due. La durata di un gruppo può arrivare a due anni, ma abbiamo persone che proseguono fin quando lo ritengono necessario. Per quanto ci riguarda possono rimanere anche tutta la vita. Il gruppo è un luogo in cui è possibile attuare un processo di condivisione e confronto, permettendo alle persone di allentare le difese.
Obiettivi
Sicuramente il lavoro con questo tipo di persone è complesso, anche per il nostro benessere psicologico, occorre sempre lavorare in equipe poiché pure noi possiamo venire in contatto con la nostra violenza interiore, una violenza con cui costantemente ci confrontiamo attraverso l’elaborazione delle emozioni. Molti dei nostri operatori sono donne e per gli autori di violenza questo rappresenta un elemento disturbante, soprattutto per quello che il femminile rappresenta loro.
Il comune denominatore
E’ rappresentato da una fragilità emotiva, un’eccessiva focalizzazione sulla reazione fisica impulsiva e sull’incapacità di relazionarsi, spesso connessa a un’interiorizzazione di una pervasiva cultura dell’ineguaglianza di genere. Per quanto riguarda i reati sessuali, capiamo che la matrice riguarda l’infanzia, sicuramente non protetta, non funzionale allo sviluppo, in cui possono esserci stati anche atti di maltrattamento e di negligenza.
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