Si chiama Juan Merchan, è un giudice e la settimana prossima avrà tutti i riflettori puntati addosso. Martedì avrà infatti il compito di processare Donald Trump per il pagamento non dichiarato alla pornostar Stormy Daniels, ma già da ieri lo si è visto nel tribunale penale di Manhattan: è arrivato poco prima delle 19, subito dopo il voto del Gran Giurì che si è espresso per incriminare l’ex presidente.
Si è presentato in tenuta molto casual: pantaloni grigi, cappellino da baseball e una giacca blu, ma affianco a sé aveva due agenti in uniforme, presenti per motivi di sicurezza.
Nato in Colombia e trasferitosi negli Stati Uniti a sei anni, lavora alla Corte Suprema di New York dal 2009. Ha preso la laurea in economia al Baruch College, per poi studiare legge alla Hofstra University School of Law. Ha iniziato la carriera legale nel 1994, come assistente del procuratore distrettuale di Manhattan e dopo cinque anni è stato trasferito all’ufficio del Procuratore Generale dello Stato, prima di essere nominato avvocato nel 2006 dall’allora sindaco di New York Michael Bloomberg.
Merchan è un nome che Trump conosce bene. Lo scorso anno ha supervisionato il processo a due società dell’ex presidente per frode fiscale, entrambe dichiarate colpevoli dalla giuria e multate per 1,6 milioni di dollari. È severissimo e in aula sa come farsi rispettare. Durante il procedimento contro le società di Trump, ha più volte rimproverato gli avvocati, arrivando anche ad alzare la voce. Non un avversario semplice, dunque, per il team legale che se lo troverà di fronte.
Le accuse questa volta sono incentrate su un pagamento di 130.000 dollari fatto a Stormy Daniels da Michael Cohen, ex avvocato e faccendiere di Trump, per ottenere il silenzio della pornostar durante la campagna presidenziale del 2016.

Trump ha sempre negato di aver avuto una relazione con la donna, il cui vero nome è Stephanie Clifford, ma il caso lo ha perseguitato per tutta la durata del suo mandato e ha poi scatenato un’indagine federale. La vicenda ha preso nuovo slancio all’inizio del 2023, quando Cohen ha incontrato gli investigatori dell’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan e proprio lì è emerso il fatto che un gran giurì stesse ancora raccogliendo prove.
Le udienze sono condotte in segreto, dunque non si sa quale sia stata la pista seguita dalla giuria per arrivare alla decisione, ma si presume che stesse indagando su Trump per la falsificazione di alcuni documenti aziendali, avendo dichiarato una donazione per la campagna elettorale sotto l’ombrello delle spese legali. Un reato minore, teoricamente, che però secondo la legislazione americana acquista gravità se commesso in concomitanza con un secondo crimine.
Il 18 marzo, Trump aveva dichiarato pubblicamente che il martedì successivo sarebbe stato arrestato dall’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg. L’arresto, però, non si è mai concretizzato e il caso si è smorzato con il passare dei giorni. Trump ha risposto alla notizia dell’incriminazione con una dichiarazione furiosa, definendola “persecuzione politica e interferenza elettorale al più alto livello della storia”.
Ora la situazione si è di nuovo scaldata e a New York la polizia ha iniziato a prepararsi, fuori dalla Trump Tower sulla Fifth Avenue così come dalla Procura Distrettuale di Manhattan. Un portavoce della Corte ha confermato che l’ex presidente apparirà martedì.
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