Ci sono state e ci saranno proteste a Memphis e non solo. La storia di Tyre Nichols, dipendente della FedEx, padre di famiglia, che stava tornando a casa e che invece è stato pestato a morte dalla polizia per una presunta infrazione stradale sembra un copione già scritto. Ti fermano, sei nero, hai paura, scappi, ti prendono, implori pietà, invochi tua madre, ma loro niente, ti picchiano, fino a lasciarti agonizzante per strada aspettando una ambulanza che arriva troppo tardi. Nessuno ne parla fino a quando il copione prevede che ci sia un benedetto atroce video che racconta al mondo la violenza brutale, cieca e inutile della polizia americana. E allora proteste come fiammate che infuriano e si spengono spesso di fronte al muro del nulla, nessun processo, nessuna condanna per chi in divisa aveva ucciso. È successo così tante volte che sembra una serie tv già all’ennesima stagione. Poi è arrivato George Floyd e quel video troppo lungo, troppo forte per essere cancellato. E così c’è stato un processo, lento ma c’è stato, condanne, forse inadeguate ma inflitte. Ai poliziotti bianchi.
Se possibile stavolta la storia di Tyre Nichols può aggiungere una svolta nella serie tragica dedicata alla violenza razzista della polizia americana. Per almeno due novità che faranno discutere. La prima, nera era la vittima, neri erano i poliziotti violenti. La seconda, la decisione rapida come mai prima, di licenziarli e portarli a processo. E però non sarà una discussione facile da fare perché bisognerà attrezzarsi a smontare due potentissimi luoghi comuni, ripulendoli da incrostazioni ideologiche e culturali e invece riconsegnandoli ai fatti e a una possibile via d’uscita. Il primo è il razzismo del più forte, il poliziotto bianco contro il più debole, il fattorino nero. Stavolta erano tutti neri e la violenza non si è fermata. Altre volte peraltro, molto meno spesso, poliziotti bianchi sono stati letali indifferentemente anche con bianchi. Quindi resta in piedi, e non è meno grave, il tema della cultura violenta, dell’uso della forza inutile e incontrollato da parte della polizia, a prescindere. Il secondo luogo comune é quello che dopo gli episodi di violenza non succede nulla e in ogni caso mai rapidamente. Stavolta non è andata così e però anche qui la discussione è insidiosa: i poliziotti di Memphis sono stati licenziati e processati subito anche perché neri? Ci saranno proteste, ci sarà il processo, ci sarà la sentenza. Ma il serpente del razzismo è duro a morire anche quando si imbocca la strada giusta. Soprattutto noi, i bianchi, dovremo ricordarlo. La strada giusta é lunga, come il ponte di Selma. Da attraversare sempre senza dimenticare da dove l’America è partita.