Meglio non pescare, soprattutto negli specchi d’acqua vicini ad aree urbane. Uno studio condotto dall’Environmental Working Group, e controllato da vari studiosi indipendenti, rivela che negli Stati Uniti mangiare anche un solo pesce al mese pescato in un fiume o in un lago americano equivale a bere un mese di acqua “contaminata da sostanze chimiche eterne”.
Le sostanze perfluoroalchiliche, note come PFAS, sono state sviluppate negli anni ’40 per resistere all’acqua e al calore e sono oggi largamente utilizzate in padelle antiaderenti, tessuti, schiume antincendio, prodotti di bellezza e imballaggi alimentari. Ma sono indistruttibili e nel corso dei decenni si sono accumulate nell’aria, nel suolo, nei laghi, nei fiumi, nel cibo, nell’acqua potabile e persino nei nostri corpi.
Possono causare danni al fegato, colesterolo alto, risposte immunitarie ridotte e diversi tipi di cancro.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Research, ha rilevato che il consumo di pesce d’acqua dolce raccolto dalle aree urbane potrebbe più che triplicare il livello dei composti PFAS nei residenti degli Stati Uniti. I livelli tossici sono risultati 278 volte superiori rispetto ai pesci acquistati in negozio.
Secondo gli scienziati tali risultati sollevano anche questioni di giustizia sociale e ambientale, soprattutto quando si tengono da conto le comunità che dipendono dalla pesca per arricchire di proteine la loro alimentazione, e non possono permettersi di comprarlo.