L’insorgenza dei tumori è un fenomeno sanitario e sociale dai rilevanti risvolti socioeconomici. Il sistema sanitario, oltre a fornire assistenza sanitaria nella fase acuta della malattia può e deve pensare di integrare la sanità alla struttura sociale, in supporto all’ impegno familiare, per fornire ai malati tutto il sostegno economico necessario, riequilibrando risorse pubbliche e familiari, che sono fortemente messe alla prova.
Nella seconda fase, che subentra a quella acuta e che può durare anni, grazie all’allungarsi della sopravvivenza determinata dal successo delle cure, il costo diventa considerevole, ed è in questa fase che, a parità di accessi e di assistenza da parte del servizio sanitario nazionale, le “diseguaglianze sono intollerabili”, tra chi “può” e chi “non può” permettersi, il ricorso a visite private, che abbreviano i tempi per diagnosi di recidiva e che possono fare la differenza in termini di sopravvivenza del malato oncologico.
Esiste un importante “gap” sia territoriale che statale riguardo agli accessi veloci disponibili per tutti i malati e un ricorso sempre più frequente al privato, cosa che penalizza una parte della popolazione, specialmente la fascia più povera, che è sì assistita, ma con lungaggini burocratiche e tempistiche sfavorevoli all’avanzare della patologia. Si è calcolato che il costo sociale medio annuo per i pazienti oncologici che hanno ottenuto una diagnosi da almeno 5 anni, è di 34.210 euro, con un costo pro capite di 17.483 euro, a cui si vanno ad aggiungere le spese sostenute dal Servizio Sanitario Nazionale.
Colpevole è l’iniqua reimpostazione del ticket su certe prestazioni oncologiche in alcune regioni dove si paga l’autonomia e la gestione diversificata in materia sanitaria, distinguendo tra regioni virtuose ed attente e regioni carenti e territorialmente sfavorite rispetto alla prontezza degli interventi sul fronte dei malati oncologici. Risultato: i pazienti di Calabria, Molise, Abruzzo, sono costretti ad una migrazione. Infatti soltanto quattro regioni, tra cui Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia-Giulia, Marche e la provincia autonoma di Bolzano si adeguano immediatamente alle indicazioni dell’Aifa, rendendo subito disponibili i farmaci registrati. In tutte le altre regioni si registrano ritardi nella disponibilità dei nuovi prodotti, ritardi dovuti ad ulteriori passaggi burocratici previsti.
Questo è un gap che va assolutamente eliminato. Il fattore “tempo” è di vitale importanza e non deve essere rallentato dalla burocrazia. Gli investimenti “a supporto” delle terapie e attrezzature per i medici, favoriscono accessi più veloci e fanno la differenza rendendo sostenibile il “costo della sopravvivenza” per il malato oncologico.