Un gruppo di sabotatori addestrati in guerriglia urbana sarebbe stato dispiegato dalla Russia in Ucraina orientale per fornire il pretesto per una futura invasione. La clamorosa denuncia è trapelata venerdì dall’intelligence statunitense ed è stata definita “assai credibile” dal portavoce del Pentagono John F. Kirby durante un briefing con la stampa.
Secondo una fonte rimasta anonima e citatata da AP, il Cremlino starebbe preparando un’accurata operazione false-flag nell’est ucraino, che contemplerebbe il ricorso ad attacchi esplosivi contro le forze filo-russe locali che possano far ricadere la colpa sulle truppe regolari ucraine, fornendo perciò un pretesto per l’invasione da parte dell’esercito russo.
Contemporaneamente, Washington ritiene che Mosca stia attivamente cercando di legittimare il suo intervento militare contro Kiev attraverso una mirata campagna di disinformazione sui social media. L’obiettivo sarebbe quello di far identificare nell’Ucraina, e non nella Russia, la parte aggreditrice, e far passare il messaggio che quella dei russi sia una difesa e non già un attacco. Proprio nella giornata di venerdì decine di siti governativi ucraini sono stati oggetto di un attacco hacker che li ha resi inaccessibili per diverse ore.
Non sono stati finora forniti dettagli in grado di convalidare l’ipotesi, che la Casa Bianca ha riferito essere basata su una serie di intercettazioni e di movimenti di persone. Secondo la fonte interpellata, “l’esercito russo prevede di iniziare tali attività diverse settimane prima di un’invasione militare, che potrebbe avere luogo tra metà gennaio e metà febbraio.”
L’indiscrezione arriva a pochi giorni dal meeting di Ginevra in cui il delegato russo Sergej Rjabkov aveva assicurato che Mosca non ha alcuna intenzione di invadere l’Ucraina, ma all’indomani del fallimento dei colloqui con NATO e OSCE. Proprio nella regione del Donbass opererebbe sotto mentite spoglie anche la famigerata compagnia di mercenari Wagner, definita dal Governo USA una forza per procura inviata da Mosca nei conflitti “più caldi” dove il Cremlino non vuole coinvolgimenti ufficiali.
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