È necessaria una risposta internazionale “urgente” per evitare che la crisi in Myanmar diventi una “catastrofe” nel cuore del sud-est asiatico. È l’avvertimento lanciato dal Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres dopo le conclusioni del rapporto presentato giovedì. La presa di potere da parte dell’esercito birmano, che ha estromesso il governo eletto di Aung San Suu Kyi, il 1° febbraio scorso, si fa sempre più forte e più difficile da contrastare.
Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha fatto sapere che più di 1.100 persone sono rimaste uccise e oltre 8000 arrestate. La situazione umanitaria continua a peggiorare sia sul piano alimentare sia su quello sanitario pubblico, indebolito e aggravato da una nuova ondata di infezioni Covid-19. Anche gli sfollamenti di massa sono in aumento.
Nel rapporto, approvato da 119 paesi, con 36 astenuti, tra cui la Cina, e il voto contrario della Bielorussia, si include anche un piano articolato in 5 punti. Tra questi, Guterres ha chiesto “accesso e assistenza umanitari immediati, in particolare alle comunità vulnerabili“, tra cui quella dei musulmani Rohingya che si trovano nello stato settentrionale del Rakhine e tutti quelli che sono già fuggiti nei campi profughi del vicino Bangladesh.

Intanto proprio ieri pomeriggio, a Cox’s Bazar, un omicidio ha scosso la comunità dei rohingya. Mohib Ullah, presidente della Arakan Rohingya Society for Peace and Human Rights, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco da un commando mentre parlava con altri leader della comunità fuori dal suo ufficio.
Era un leader popolare tra gli 850mila fuggitivi del Myanmar per la dura repressione dell’esercito birmano iniziata nel 2017. In Bangladesh, Ullah aveva compilato documenti importanti su violenze militari, raccogliendo meticolosamente i nomi di migliaia di Rohingya uccisi durante gli assalti. Si era addirittura recato alla Casa Bianca per incontrare l’allora presidente Donald Trump e si era esposto anche al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nel 2019.
L’Onu ha condannato fermamente l’uccisione e ha esortato le autorità del Bangladesh a intraprendere un’indagine.