In maniera inaspettata ma legittima, il mal contento sulla possibile uscita della Turchia dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (più nota come Convenzione di Istanbul) parte proprio da un membro della famiglia Erdogan.

La figlia minore del Presidente, Sumeyye Erdogan Bayraktar, in un comunicato stampa prende le distanze dalla proposta del partito del padre, schierandosi apertamente dalla parte e a difesa delle donne.
Arriva come un pugno dritto al cuore del presidente lo sfogo della figlia prediletta:
“Qui si tratta di malafede, la convenzione non tende a minare la famiglia tradizionale e tanto meno trattasi di un invito all’omosessualità”
Vicepresidente dell’associazione di donne islamiche, Kadem, che si occupa della salvaguardia dei diritti delle donne all’interno e fuori dalla famiglia, Sumeyye ha mal digerito la proposta del partito turco capeggiato da ultraconservatori islamisti, che chiedono l’uscita dalla Convenzione di Istanbul che secondo questi ultimi minaccerebbe la conservazione della tradizionale famiglia turca.
A far traboccare la goccia dal vaso e far scendere in campo le donne dell’associazione Kadem, il femminicidio della 27 enne studentessa turca a fine luglio.
Nel paese i femminicidi solo nell’ultimo anno sono stati quasi 500, un numero che è cresciuto in maniera esponenziale in questi ultimi anni e che non è di certo di buon auspicio.
A sostenere l’uscita dalla convenzione secondo fonti ben informate sarebbe lo stesso Presidente Erdogan, che ha palesato di voler seguire l’esempio di paesi come la Bulgaria, l’Ungheria e la Croazia e non ultima la Polonia che da luglio sta già ipotizzando di seguire lo stesso filone.

La Convenzione di Istanbul ratificata dal Parlamento Turco nel 2012 obbliga i paesi contraenti a combattere e perseguire la violenza di genere fornendo aiuto e protezione alle vittime e punendo i colpevoli di tali reati.
Curiosità: firmata da 32 paesi, il 12 marzo 2012 la Turchia è diventata IL PRIMO PAESE a ratificare la Convenzione.

Il documento ritiene violenti tutti quei comportamenti lesivi dell’integrità della donna, sia essa fisica o psicologica: lo stupro, l’aggressione sessuale, la violenza domestica, quella “basata sull’onore“, le mutilazioni genitali femminili ecc.
La carta così sottoscritta, obbliga gli Stati aderenti a prendere le misure necessarie per proteggere la vittima.
La vita senza violenza è un diritto non un lusso, e queste donne hanno imparato prima di tutte che avere paura non significa essere deboli allo stesso modo in cui la rabbia non rende maschi.
Dedicato a tutte le donne che hanno combattuto, che combattono e danno voce a chi una voce non la ha, a chi ha sacrificato la propria vita per renderla migliore a qualcun’altro, a chi ha cresciuto un figlio da sola, a chi ha fatto da mamma e da papà, a chi non si è arresa mai, ma anche a chi si è arresa.