Gli americani lo sanno che uno dei simboli della loro storia più recente è stato cancellato per sempre tagliato a fette della fiamma ossidrica in un cantiere di demolizione di un porto italiano? Gli americani lo sanno che la nave presidenziale, la loro Casa Bianca galleggiante, l’ultimo panfilo dove presidenti come Truman e Eisenhower hanno cambiato la storia del secolo scorso, ormai non esiste più ed è stata tagliata per far rottame da portare in qualche fonderia del Nord Italia? Succede anche questo: è finita nella maniera più ingloriosa possibile la vita della Williamsburg, la Casa Bianca galleggiante, il panfilo presidenziale che aveva fatto sognare il presidente Truman nei giorni alla guida del paese più potente del mondo.
Era arrivata in Italia, negli anni Novanta, per poter essere restaurata, per poter essere recuperata e diventare un museo galleggiante. È finita come relitto, abbandonata e rimbalzata da una parte all’altra del Golfo spezzino, sino a quando è stato deciso, senza possibilità di appello, di affidarla alla fiamma ossidrica. Era arrivata su un pontone, ormai incapace di navigare attraverso l’Atlantico, e per lei c’erano i cantieri pronti, quelli in cui si restaurano le barche d’epoca più belle, quelli che avevano ridato vita già al panfilo di Carolina di Monaco, e restaurato quello di Tito.
Problemi di pagamento, forse una maldestra gestione della Fondazione (sempre americana) che ne aveva curato il progetto, errori di calcolo e chissà cos’altro, hanno portato al fallimento sia dei cantieri sia di questa operazione internazionale di salvataggio. La nave rimase così per anni ormeggiata nel nulla, fino a quando non cominciò ad essere anche un problema, un ingombro. Si temeva che il relitto potesse affondare vincolando il futuro dell’area cantieristica ormai passata ad altra proprietà. Difficile anche risalire alla società, alla fondazione poi, che ne era proprietaria.
Altro trasloco e la Williamsburg venne trasferita dalla parte opposta del Golfo in un cantiere di demolizione di La Spezia dove pian piano le lamiere si sono deteriorate fino a vederla affondare sul fianco, maestosa, elegante in bianco anche in questa fase estrema della sua esistenza. Alla fine la scelta è stata condizionata, drastica. Andava demolita. E così è stato. Si narra ora che qualcosa si sia forse salvato dallo sfascio totale. Forse un pezzo giusto per raccontare la sua storia, ma della Williamsburg ormai non vi è più traccia in mare.
La nave dei presidenti americani non esiste più. Un pezzo di storia (e che storia!) se n’è andato e la cosa dispiace soprattutto allo scrittore Marco Buticchi, “il maestro dell’avventura italiana”, che vive proprio a Lerici, a poca distanza proprio da quello che fu per anni ultimo triste ormeggio della nave presidenziale. Lui andava a vederla spesso quella nave, e sperava che prima o poi qualcuno si facesse avanti per salvarla, per restaurarla, per ridarle lustro e gloria. Niente di tutto questo, si è scritta la parola fine. Ma qualcosa bisognava pur fare per ricordare. E così oggi la Williamsburg vive nei romanzi di avventura di Buticchi, perché questa nave è diventata la casa galleggiante dei protagonisti delle sue storie, un tassello essenziale e immancabile dei suoi racconti. E lo sarà anche nel prossimo romanzo, Stirpe di navigatori, in uscita a settembre sempre per Longanesi.