“Quando si presentano nuove sfide siamo portati a cercare soluzioni e ricorrere a nuovi metodi di analisi. Invece è altrettanto importante, e forse ancor più difficile, migliorare il nostro intervento umanitario ricorrendo in modo responsabile ai dati già in nostro possesso”. Questa osservazione di Sarah Telford, Responsabile dell’analisi dati presso l’Ufficio per il coordinamento della assistenza umanitaria delle Nazioni Unite, riassume argomenti, soggetti e prospettive di cui si è occupato il recente studio “Scambio di dati per il benessere della collettività – Consolidiamo fiducia e innovazione grazie a collaborazioni tra pubblico e privato”(Data Collaboration for the Common Good – Enabling Trust and Innovationthrough public-private partnerships), da cui ora partono le nostre considerazioni.
Ormai è un dato di fatto: l’odierna Quarta rivoluzione industriale, la integrazione tra processi industriali e sviluppo della digitalizzazione, richiede che il nostro futuro proceda in modo equilibrato e senza creare disparità. Ovvero: sia inclusivo ed affidabile. Sostenibile. Ma come? Grazie ad una collaborazione tra pubblico e privato nell’utilizzo di quella che oggi è definita la linfa vitale del nostro Secolo Ventunesimo: l’utilizzo di tutti i dati informatici che ci riguardano. Comunque. Ovunque. Nessuno escluso. Ciascuno di noi è al centro di una rete informatica a cui contribuisce e dai cui viene profilato. E siamo al punto: l’innovazione deve tradursi in benessere per l’intera collettività. Protagonisti interdipendenti di questo sviluppo: il settore pubblico e quello privato. Spettatore di questa attrazione di opposti: la nostra società e le nostre aspettative di benessere economico. Ecco perché è fondamentale che pubblico e privato dialoghino in modo costruttivo. Ma questo è facile solo a dirsi. Perché pubblico, privato e società sono portatori di esigenze rispettivamente divergenti: l’interesse politico; il profitto aziendale; la tutela della sfera privata. Eppure, paradossalmente, il progresso resta il comune denominatore del loro agire. Anzi: il progresso richiede si comportino in modo coordinato per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) previsti dalle Nazioni Unite.

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Quindi: se progresso deve essere, che sia per tutti, per il bene di tutti ed in modo parimenti compreso e condiviso. Ma perché questi principi si traducano in pratica occorre che le parti raggiungano e si concedano reciproca fiducia. E qui non ci siamo. Se c’è qualcosa che inquieta la società contemporanea è proprio l’abuso delle informazioni, dei dati che ci riguardano. Come vincere questa diffidenza ? Un rapporto tra fra costi e benefici ricorda che il non-uso dei dati si traduce, specie per alcuni settori e regioni della società, in spreco di risorse economiche ed umane. Eppure di esempi positivi ce ne sarebbero. La collaborazione tra una nota carta di credito e lo Harvard Center for International Development ha dimostrato che una partnership tra pubblico e privato nell’uso responsabile dei dati e nello specifico sulle attitudini di spesa dei turisti, ha consentito al Ministero per lo Sviluppo Economico di un paese sudamericano di elaborare politiche di sviluppo turistico più precise e parimenti migliorare anche le condizioni di vita degli abitanti. Eppure, paradossalmente, la realtà è spesso diversa: la società, gelosa della sua privacy, per mancanza di fiducia si oppone comunque ad un uso dei dati, pubblico o privato che sia, proprio quando disponiamo di tecnologie avanzatissime: l’Intelligenza artificiale (IA), che permette ai computer di pensare in modo “umano”; la blockchain, il pubblico registro informatico costantemente aggiornato dalla collettività degli internauti; la machine learning, la capacità dei moderni computer di imparare autonomamente dai propri errori.

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Per il momento è il settore privato ad avvantaggiarsi di queste tecnologie. Ma è chiaro il beneficio che ne deriverebbe se la forza economica privata si alleasse alla aspirazione politica di debellare povertà e disagio sociale in tutte le parti del mondo. È un paradosso difficile da accettare se pensiamo che stiamo vivendo in un modo talmente digitalizzato ed interconnesso che le disparità non vengono più nascoste ma anzi accentuate ed immediatamente diffuse. Allora: che fare? Lo studio del WEF avanza alcune proposte: per guadagnare la fiducia del pubblico i leaders pubblici e privati dovrebbero attuare procedure che permettano un controllo reciproco, ed innovazioni globali e condivise. Cioè: sostenibili. E’ tempo di muoversi: “cominciamo piano per andare veloci” e favoriamo una collaborazione tra le potenzialità digitali e prosperità sociale. Le innovazioni oggi procedono in un modo talmente rapido che, in mancanza di dialogo, le esigenze pubbliche e quelle private sono pronte a voltarsi le spalle ed avviarsi ciascuna per la propria strada. Mentre cresce la diffidenza nella società. E’ indispensabile evitare che il dialogo fra questi tre soggetti arrivi al punto di non ritorno. Per allontanare questa prospettiva, ad esempio, iniziamo ad assicurarci che tutti i portatori di interessi nella società condividano obiettivi comuni; che gli operatori pubblici e privati vengano responsabilizzati all’uso dei dati e realizzino propositi di lungo periodo, generando benefici condivisibili alla intera collettività, riconquistandone la fiducia. è questo il percorso che porta le tecnologie della Quarta rivoluzione industriale a diventare da evolutive a trasformative del dialogo tra individui, istituzioni, e legittime aspirazioni delle collettività ad un destino migliore.
Non ci sono alternative. Il progresso non può essere lasciato crescere in modo disordinato. Ai leader pubblici e privati e di riflesso alle collettività che li legittimano, servono dati completi e condivisi, ed un clima di fiducia per evitare l’accentuarsi delle diseguaglianze sociali. È bene ricordarlo: il dialogo tra pubblico e privato nell’uso dei dati rimarrà un processo in continuo divenire cui dedicare gli sforzi di finanza, politica e tecnologia. Rimanendo pronti ad affrontare sfide sempre nuove. Sono conclusioni che personalmente stimolano anche una lettura in controluce. Cercando una sintesi fra le osservazioni degli studiosi ed i messaggi dalla cronaca quotidiana, questo studio porta infatti a riflettere su un aspetto che sfugge e spesso dimentichiamo: il ruolo sociale di ciascuno di noi. Perché quando si parla di dati si parla di noi consumatori, cittadini, ed elettori. Ed è questo il valore del messaggio di studi come questo: richiamare la collettività al valore morale di comprendere quanto accade attorno a noi. In tutte le componenti della società: da quelle prossime, alle più remote. Perché la interconnessione e le aspettative di progresso digitale hanno unito non solo il destino del settore pubblico e privato ma anche il nostro, inteso come collettività, rendendolo in costante attesa di evoluzioni condivise, eque e sostenibili per tutti.