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November 2, 2018
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Nell’italiana Staten Island, la New York che vota Trump in vista delle Midterm

Andiamo nell'isola della comunità italo-americana, unico borough che nel 2016 votò per Trump, per tastare il terreno in vista delle elezioni

Angelo PennatibyAngelo Pennati
Nell’italiana Staten Island, la New York che vota Trump in vista delle Midterm

The Staten Island Ferry, moving seamlessly past the Statue of Liberty.

Time: 5 mins read

Per arrivare a Staten Island, quinto borough di New York, anche se forse in pochi lo sanno, basta prendere la Staten Island Ferry, un battello gratuito che parte dalla punta dell’isola, vicino alla fermata metropolitana di Broad Street. Qui, alla punta dell’estremo sud dell’isola di Manhattan, i turisti si mischiano a coloro che vanno e vengono dallo strano borough, connesso all’isolotto più celebre di NYC solo per vie marine.

La Statua della Libertà vista da dentro la Staten Island Ferry.

Già dall’imbarco colorato d’arancione, diventa stranamente evidente che a bordo esiste uno stranissimo miscuglio di persone. Per lo meno la metà sono turisti, ai quali qualcuno deve evidentemente aver fatto sapere che per vedere la statua della libertà da vicino, senza pagare, basta prendere il ferry fino a Staten Island. L’altra metà sono pendolari, che viaggiano abitualmente tra la realtà di Staten Island e quella di Manhattan, divise dall’acqua. Staten Island, tra tutti i borough di New York, è quello sicuramente meno urbanizzato, quello che sembra ricordare di più il classico sobborgo Americano.

L’incrocio San Giorgio – Esposito, rappresentativo della grande comunità italo-americana.

Questi sospetti si confermano non appena, dopo solo 26 minuti di viaggio, il battello attracca alla stazione dell’isola. La sensazione è quella di una realtà ben distaccata da quella di Brooklyn, di Manhattan, e del Queens. Pare proprio un grande sobborgo, senza grandi costruzioni, e con lo spettro di Manhattan che aleggia nebbioso nell’aria. La gente è cortese, e aperta. L’influenza della comunità italo-americana si sente, palesemente, anche solo camminando, poiché moltissime delle strade prendono i nomi da illustri personaggi di Staten Island, molti dei quali hanno cognome italiano, e nome inglese (e.g. Esposito Way ). Più concretamente, con il 35,7%, Staten Island è la contea con la percentuale più alta di italo-americani in tutti gli Stati Uniti. Molti vicinati, come la South Shore, dove esistono ancora pizzerie e ristoranti tramandati per generazioni, arrivano addirittura a sfoggiare il 90% di popolazione italo-americano, andando a creare dei veri e propri polmoni d’italianità nel mezzo del borough del quale spesso ci si dimentica parlando di New York.

Queste, però, non sono le uniche distinzioni che dividono Staten Island dal resto della città di New York. Nelle elezioni del 2016, Staten Island fu l’unico borough a votare Repubblicano, regalando a Trump il 57% dei suoi voti, una proporzione ampiamente più alta di quelle del Bronx, Queens, Brooklyn, e Manhattan. Camminando per le strade di Staten Island, e scambiando visioni con i suoi abitanti, non è difficile palpare come lo strano isolotto sia il borough che si avvicina di più al concetto di Middle America che ha regalato la scorsa elezione ai Repubblicani. All’alba delle midterm elections della settimana avvenire, abbiamo raccolto svariate dichiarazioni ed impressioni per cercare di capire come la strana realtà a sud di Manhattan si stia preparando al voto.

“Non so se voterò alle midterms. Se lo faccio sicuramente non sarà per di nuovo per i Repubblicani”, ci dice, fuggendo, un residente di Staten Island appena arrivato a Manhattan per raggiugnere l’ufficio. Non sembra essere l’unico a nutrire questi sentimenti confusi. Frank, un uomo conosciuto dentro una delle tante deli, nato e cresciuto a Staten Island da genitori italo-americani, ci racconta che, pur essendo sempre stato Repubblicano, a queste midterm non sa ne cosa votare, né se votare, indeciso tra le proprie idee politiche di usuali e un’avversità generale contro i giocatori politici che il sistema odierno sembra presentare. Ha un’idea politica più precisa, invece, Karius, ragazzo intorno ai venticinque anni incrociato di fronte alla A&S Pizzeria, che non ha dubbio su chi voterà: “non ho votato nel 2016, e me ne sono pentito”, dice ridendo, “settimana prossima voterò, e voterò blu”.

Il segno “Every Vote Counts” su una delle tante vetrine trovate a Staten Island.

A primo impatto, l’ideologia politica degli abitanti di Staten Island non sembra quindi particolarmente ben definita, né così fortemente propensa verso i colori rossi del partito Repubblicano. Fermandoci all’interno di una pizzeria, incontriamo Michele, un’uomo italo-americano che parla un’italiano americanizzato mentre ci dà un sorridente benvenuto nel suo ristorante. Quando gli chiediamo un’opinione sulla comunità italo-americana che lo circonda, ci racconta che “la comunità è molto ben composta e stabilita, con un tessuto comunitario molto forte”. “Politicamente, non saprei dirti bene come si allinea. Sicuramente, è per la maggior parte composta da conservatori, specialmente tra i più vecchi: loro sono forse quelli che vocalizzano di più i loro pensieri politici. Però c’è molta diversità, mi sentirei di dire che sicuramente vedo più democratici tra i giovani, anche all’interno degli italo-americani. Ciò che ti posso dire per certo è che, qui a Staten Island, essere Repubblicano è visto con miglior grado che a Manhattan”, dice sorridente mentre mentre uno Stromboli in forno.

Ci offre un quadro relativamente simile anche una donna, che ci parla a condizione di rimanere anonima, e si dichiara immediatamente una forte democrat. Quando le domandiamo se fa parte della comunità italo-americana, ci risponde: “No, ma mio marito lo è! La comunità italo-americana è molto bella qui dentro, tutti si aiutano, mangiano insieme, è una bella scena”. In merito alle midterms, dichiara senza esitazioni: “Voterò dem, come penso voterà anche mio marito, nonostante molti dei più benestanti della comunità si orientino in maniera opposta. Non ci sono troppe tensioni, qui è facile isolarsi, e tenersi le proprie opinioni per sé, sicuramente più di quanto sia facile a Manhattan”.

Cartelli riguardanti elezioni locali, e nazionali, nelle villette di Staten Island.

Queste dichiarazioni si aggiungono a un corpo di dichiarazioni più schiette e meno colorite, raccolte a cavallo della stazione di attracco di Staten Island e quella di Manhattan, che però dipingono lo stesso, vario quadretto. Nessuno pronuncia necessariamente il nome Trump, ma, tra le dichiarazioni da noi collezionate, lo split tra chi “voterà” blu, e chi intende votare rosso pare essere praticamente in pari. Sembra vigere, dunque, una leggera (e, per certi versi, dovuta) confusione, una divisione isolata che sicuramente è difficile riscontrare a Manhattan stessa. Più che altro, queste politiche sembrano avere un peso concettuale più serio, come si nota quando, camminando per le stradine di Staten Island, ci si accorge dei molti cartellini politici che ne inondano i giardinetti. La fotografia restituitaci da Staten Island pare avvicinarsi sempre di più a quella della classica suburbia americana, che dà importanza alla politica sia nazionale che locale.

Proprio da qui, dalla facilità d’isolamento che porta Staten Island, si può immaginare che sia proprio la distanza effettiva da un centro urbano sviluppato al massimo che porta a queste discrepanze politiche. Nel 2016, Trump vinse le elezioni seducendo proprio questo tipo di sobborgo, surclassando la Clinton in ciò che sta al di fuori dei centri urbani più grossi. Sembra quasi naturale che Staten Island, il più “sobborghesco” borough di New York, sia stato l’unico a votare rosso, e rimanga, nel 2018, quello che più rispecchia la divisione del Paese tra il blu democratico e il rosso repubblicano.

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Angelo Pennati

Angelo Pennati

Di Milano, ma Milano Milano, vivo a New York. Laureato in Neuroscienze ed Economia alla NYU. Drogato di narrativa in casa, rispettoso lettore fuori. Terzinaccio smonta-caviglie sul campo, Milanista disperato in primo arancio. Scienziato pazzo in un laboratorio di parole. Transplanted from Milan’s heart to New York’s. NYU graduate in Neuroscience and Economics. Narrative druggy behind closed doors, respectful reader in public. Searching for science in words and for words in science.

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