Quale valore ha oggi la cultura underground e come affronta i termini politici e sociali del luogo in cui si sviluppa. Quali sono i temi che emergono da quel sottobosco di artisti che provano a raccontare una storia diversa da quella del potere in atto. È quello che cerca di scoprirlo la regista Carlotta Cerquetti nel bel documentario “Linfa” presentato alla 13esima edizione del Festival del Cinema di Roma.
Se sappiamo molto di come si muova quella americana perché le proteste, la richiesta di diritti, le manifestazioni artistiche che vengono da oltreoceano sono a volte quasi diventate mainstream, poco invece conosciamo i movimenti italiani che si muovono nei piccoli quartieri di periferia, e in questo caso, per volontà precisa di Resistenza di un gruppo di artiste donne che casualmente vivono tutte a Roma Est, tra Pigneto e Torpignattara.
Le protagoniste underground del documentario Linfa si costituiscono attorno al concetto di “contro-cultura”, una cultura cioè che si regge su valori alternativi. “Il mito del successo e del denaro, per esempio, che condiziona da sempre la vita privata e pubblica, viene sostituito nella scala dei valori dalla “creatività'”, spiega la regista. “L’underground romano si sta irrobustendo in fretta, e presto darà garanzie sufficienti per attrarre un numero crescente di pubblico”.
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La musica all’interno della civiltà underground si mantiene al di fuori delle regole del business, del costume e dell’estetica. Lo dice chiaramente Federica Tuzi delle NOCHOICE in chiusura del film, È una musica che si connota subito in modo diverso. Innanzitutto privilegia l’aspetto sperimentale, Perché passare il tempo a lamentarsi non funziona, mettere in moto l’energia creativa e lo stare insieme invece funziona”.
Ed è proprio questo che sta accadendo, più il potere separa e istiga all’odio razziale e sociale, più le artiste si uniscono con l’obiettivo di aggredire i tabu’ borghesi, e in particolare di demistificarli, ridicolizzarli. Serve la voglia di spingersi oltre i luoghi comuni, avventurandosi in quei territori brulicanti di protesta e attivismo sociale
A Lola Kola, stilista transgender spetta così il merito di aver rivelato il fascino di esprimersi in libertà, al di fuori degli stereotipi. Mentre per Silvia Calderoni, attrice, dj e performer con il gruppo teatrale Motus il corpo è la prima ribellione cosciente al sistema. “E’ il luogo in cui la facciamo diventa il nostro spazio di lavoro, ma sono le persone che fanno la differenza, quanto tu stai in apertura con ciò che ti circonda”.
Lungo i binari dei treni della linea gialla, quella che da Termini va a Giardinetti scorre una linfa vitale che stimola gli umori del sottosuolo. La regista rivela poco alla volta quale sia il senso di questa scena: finalmente è tornata in circolo un’imprevedibilità. Il documentario ritrae “la città di sotto”, l’isola dell’immaginario come fenomeno di resistenza e sopravvivenza. Se la decadenza sembra un destino intrecciato a quello della Città Eterna, la riscossa morale arriva dalle sue viscere. “Queste donne sono un grande esempio di come si può vivere e resistere in questi tempi – spiega ancora Cerquetti. “Qui ho trovato una moltitudine di iniziative, animate da un disincantato spontaneismo. Ho trovato donne che si sentono parte di un gruppo perché nella cultura underground sono l’aggregazione e la socialità a contare veramente”.
Nel rifugio sotterraneo di Linfa, brulica, infatti, un’operosa popolazione femminile che vive senza lussi ma libera in quanto ha autocostruito per sé un mondo alternativo proiettato verso un futuro affrancato da ogni catena.