In Italia siamo tutti allenatori. Tutti CT della Nazionale. Tutti Lippi e Conte. In Italia siamo tutti allenatori. In Italia siamo tutti tifosi. Chi più chi meno. In Italia i calendari della vita di ognuno di noi si stilano in base ai calendari del campionato di calcio. Una volta i calciatori, che sono pagati milioni di euro, scioperarono: non volevano giocare all’ora del brunch. Giocare. A calcio. Io penso che se guadagni quattro milioni di euro l’anno, giochi anche alle 4 del mattino. È una mia opinione, però. E questo è il calcio. Ma che c’entra il calcio con la politica? O meglio, la politica col calcio? E cosa con il voto?
C’entra. Oserei dire che il calcio nella politica ci entra a gamba tesa, buttato dentro dai politici, specie in occasione delle elezioni, amministrative in questo caso. Domenica 5 giugno buona parte dell’Italia è andata al voto, per eleggere nuovi sindaci, consigli comunali e municipali o per riconfermare quelli uscenti. Fin qui tutto normale, tutto sommato. Certo sullo sfondo di anomalo c’è la debacle del Partito Democratico alla ricerca della sinistra che fu, e artefice di alleanze improbabili che si stenta a capire se e quanto effettivamente abbiano portato voti. O se, come è più accreditabile, siano stati invece dei clamorosi autogol. Vedi il caso ALA. Ma nemmeno qui c’è traccia del titolo di questo scritto.
Calcio e politica. Per trovare il legame tra uno sport e la gestione della cosa pubblica, bisogna guardare a due città, Napoli e Roma. Entrambe capitali, una simbolica e l’altra istituzionale. Entrambe città difficili e meravigliose. Entrambe luoghi caratterizzati da una strana miscela: quella tra calcio e politica, appunto.
Partiamo dall’ex Parthenope. Campagna elettorale antecedente alla prima tornata. In città spuntano manifesti che in pochi giorni riempiono i muri. Fotomontaggi 70X100 che mostrano l’attuale sindaco ricandidato, Luigi De Magistris: il suo volto sovrapposto ad una maglietta della squadra di calcio milanese dell’Inter, il tutto con la scritta “Bastardo Neroazzurro”. E a Napoli, passi l’epiteto di indiscutibile aggressività ma interista, no. L’idea di fondo di quei manifesti meriterebbe saggi interi sul ruolo e il significato del calcio nel nostro paese dove l’offesa e il disprezzo politico, diventano offesa e disprezzo calcistico. “Il Sindaco di Napoli è interista. Il Sindaco di Napoli è un bastardo, un traditore. Uno che rinnega il Napoli, società sportiva e di conseguenza (per una contorta proprietà transitiva), rinnega anche Napoli. E non è degno di governarla”. Di quei manifesti si dirà che si riferivano alla spinosa questione della gestione e della riqualificazione dello stadio Comunale cittadino, al centro di un duro scontro tra il Comune e la società calcistica del Napoli (com’è scritto sugli stessi). A Napoli De Magistris andrà al ballottaggio, contro il candidato del centro destra (che però si definisce candidato civico), Gianni Lettieri. Stesso ballottaggio di 5 anni fa. Una foto ha mostrato che sono stati attivisti di Lettieri ad attaccare quei manifesti.
Lui ovviamente ha negato. Ad oggi su quei manifesti è stata aperta un’inchiesta.
Roma, Caput mundi. Roma che al ballottaggio ci va con il peso delle controverse dimissioni dell’ultimo sindaco. Roma e Francesco Totti. Roma è Francesco Totti. Attaccante e capitano della “magica”, al secolo la squadra di calcio della Roma. Al ballottaggio a Roma ci va il PD. Che se la gioca, udite-udite, col Movimento 5 Stelle. Virginia Raggi versus Roberto Giachetti. È storia, comunque andrà. La Raggi è una donna. E ammettiamolo, non sempre le donne ne capiscono tanto di calcio. Anzi. Molte non distinguono un fuorigioco da una rimessa laterale. Molte, non tutte. Raggi comunque è femmina. Non sappiamo se tifi e per chi tifi. Sappiamo che però Totti non voterà per lei. Ma che c’entra il capitano di una delle due squadre di calcio della città con la candidata alla carica di sindaco? C’entra.
Totti ha detto che candidare Roma alle prossime Olimpiadi vuol dire avere una visione “lungimirante”. La Raggi non è lungimirante. Ma Giachetti sì. Per la grillina bisogna fare prima l’ordinario e poi lo straordinario. E le Olimpiadi sono lo straordinario. Il democrat invece è uomo. Coglie l’assist e va in rete: Roma si deve candidare per le Olimpiadi. Lo ha detto Totti. Gli ha fatto eco anche Antonio Candreva che non è un politico ma un giocatore della Lazio, l’altra squadra di calcio della Capitale. Insomma, se lo dicono loro… Ora, non è dato a sapere se e quanto l’appoggio di chi ha più dimestichezza con uno spogliatoio che con un’urna, possa di fatto incidere e condizionare il voto. Ma la polemica ha riempito i giornali. E seppure condizionasse un solo, unico voto, sarebbe già tanto. Tantissimo. Troppo.
E da qui si capisce anche che i grillini non sono ancora politici fino in fondo: a Napoli hanno candidato il brianzolo Juventino Matteo Brambilla. Non aveva speranze. E non perché è brianzolo ma perché è Juventino. E la Juventus è la squadra calcistica più odiata a Napoli. Calcio e politica: un connubio strano quanto reale. D’altro canto, la linguistica lo attesta da anni: i candidati se la “giocano”, si fanno “assist” a vicenda. Fanno “autogol”. Giocano appunto. E gli eletti glielo concedono. Perché amano il calcio. Lo adorano. È la distrazione preferita di un’intera nazione. Il calcio prende, detta regole, regala gioie, dolori e delusioni. In fondo, gli italiani sono tutti allenatori. Certo però, che se gli italiani si incazzassero con i politici che sbagliano come si incazzano con gli allenatori di calcio che sbagliano, forse l’Italia sarebbe un paese migliore. Ma tant’è. E allora buon campionat… Volevo dire, buon ballottaggio a tutti.