Negli Stati Uniti, il donut è un’istituzione. Glassato, ripieno, ricoperto di zuccherini colorati, è molto più di un semplice dolce: è un simbolo della cultura americana, protagonista di colazioni e break quotidiani. Eppure, in questo panorama dominato dall’iconico anello soffice, il bombolone italiano ha saputo ritagliarsi il suo spazio.
Merito di Paola Sinisgalli e Gabriele Lamonaca, che con il loro Bombolone Fest hanno trasformato questa prelibatezza toscana (e un po’ emiliana), in una vera food experience. Il festival, alla sua seconda edizione, si è svolto l’8 febbraio negli spazi di Essex Market a Lower East Side. “Non vogliamo replicare la tradizione, ma per darle un twist audace”, racconta Sinisgalli. E così il bombolone si libera dall’etichetta di semplice dolce ripieno e diventa qualcosa di più: un manifesto di innovazione, un incontro tra passato e futuro, tra morbida nostalgia e nuove frontiere del gusto. “L’evoluzione del bombolone non è solo estetica”, ribadisce la fondatrice, “ma sta nella sua capacità di sorprendere, adattarsi e conquistare, un morso alla volta”.

Un esempio? Il bombolone spritz, un capolavoro che fonde Aperol e prosecco nella sua soffice pasta, portando un classico aperitivo italiano direttamente nel mondo dei dolci. E la storia di Unregular Bakery è altrettanto affascinante. “Tutto è iniziato nel 2021″, racconta Sinisgalli. “Io lavoravo nella comunicazione, e Gabriele, ora mio marito, gestiva una pizzeria. Abbiamo iniziato a fare pizze in casa, a postarle su Instagram, a regalarle agli amici. Poi, ci siamo detti: perché non trasformarlo in qualcosa di più grande?” Detto, fatto. È nata Unregular Pizza, oggi una catena di successo con quattro locali a Manhattan.

Nel 2023 è arrivata Unregular Bakery, un laboratorio in cui la tradizione italiana incontra la creatività americana. E ha funzionato. Il pubblico ha risposto con entusiasmo: influencer gastronomici, newyorkesi nostalgici dei sapori italiani e semplici curiosi si sono messi in fila per assaggiare le creazioni. Nella seconda edizione, i 500 biglietti gratuiti sono andati a ruba in un attimo, seguiti da una lunga coda per quelli a pagamento. “Siamo qui non solo per mangiare,” conclude Sinisgalli, “ma per essere parte di un cambiamento che avviene in cucina, che avviene nel mondo, e che, forse, ci fa sentire un po’ meno soli”.