L’occupazione dei manifestanti pro-palestinesi che ha paralizzato il campus di Manhattan della Columbia University per circa due settimane si è conclusa martedì sera dopo che la polizia, munita di scudi anti-sommossa, ha invaso il campus dell’ateneo e arrestato quasi 300 fra studenti e agitatori.
L’intervento degli agenti NYPD è arrivato dopo una specifica richiesta da parte dell’università, allarmata dall’occupazione degli uffici amministrativi di Hamilton Hall – recita un comunicato rilasciato da un portavoce della Columbia. Oltre ad evacuare l’edificio – dove gli agenti hanno usato una scala mobile montata su un mezzo blindato per entrare al secondo piano – la polizia ha sgomberato anche l’accampamento di tende sul West Lawn.
“Dopo che l’Università ha appreso nella notte che la Hamilton Hall era stata occupata, vandalizzata e bloccata, non abbiamo avuto altra scelta”, ha dichiarato l’ateneo dell’Ivy League. “La decisione di contattare la polizia di New York è stata presa in risposta alle azioni dei manifestanti, non alla causa che stanno sostenendo. Abbiamo chiarito che la vita del campus non può essere interrotta all’infinito da manifestanti che violano le regole e la legge”.
“Ci sono infiltrati dentro al campus della Columbia University”, con queste parole il sindaco di New York Eric Adams aveva invitato gli studenti e tutti coloro ancora all’interno all’ateneo a uscire e allontanarsi. “La nostra intelligence – aveva dichiarato Adams – è riuscita a identificare alcuni infiltrati che hanno partecipato all’azione di ieri sera che si è conclusa con l’occupazione dell’edificio di Hamilton Hall. Questa situazione deve finire ora. Chiamate i vostri figli e fateli uscire. Cogliete questa opportunità e andatevene via ora.”
Lunedì notte, alcuni fra il centinaio di studenti che presiede l’accampamento erano entrati dentro la Hamilton Hall, sede degli uffici amministrativi dell’università e accessibile solo da dentro alla recinzione, e l’avevano occupata barricando tutti gli ingressi. Alle finestre avevano appeso lo striscione con lo slogan “Free Palestine” e la bandiera palestinese. Un episodio analogo era successo durante le proteste nel 1968 per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam
L’amministrazione ha annunciato che gli studenti che hanno preso d’assalto Hamilton Hall saranno espulsi. L’accesso è stato ridotto a un’unica entrata, quella fra Amsterdam Avenue e la 116esima Strada, proprio davanti all’edificio occupato. E solo coloro che abitano dentro al campus e al personale essenziale.
La situazione sia dall’una che dall’altra entrata, quella fra Broadway e la 116esima Strada, si è calmata. L’università ha aumentato gli agenti della sicurezza assumendone di nuovi che sono entrati operativi già da stamattina all’alba. Fuori dalla recinzione una decina di persone porta avanti le manifestazioni per sostenere l’azione dei ragazzi all’interno.
L’unica entrata accessibile alla Columbia University – Foto di Terry W. SandersL’unica entrata accessibile alla Columbia University – Foto di Terry W. Sanders
La Casa Bianca ha condannato duramente l’invasione della proprietà definendo “un approccio sbagliato” e “inaccettabile”. “Il presidente ritiene che prendere il controllo di un edificio del campus con la forza sia un approccio assolutamente sbagliato, non è un esempio di protesta pacifica”, ha dichiarato ai giornalisti John Kirby, consigliere per la Sicurezza Nazionale a Washington. “Anche i discorsi e i simboli di odio non hanno posto in questo Paese. Una piccola percentuale di studenti non dovrebbe essere in grado di interrompere l’esperienza accademica, lo studio legittimo, a causa del resto del corpo studentesco. Hanno il diritto di andare a scuola e di farlo in sicurezza”.
Anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è espresso in merito mentre commentava la situazione drammatica a Gaza: “Penso che sia essenziale garantire in ogni circostanza la libertà di espressione e la libertà di manifestazione pacifica. E allo stesso tempo è ovvio che l’incitamento all’odio è inaccettabile. Sulla base della mia esperienza nel governo, credo che spetti alle autorità universitarie avere la saggezza necessaria per gestire adeguatamente situazioni come quelle a cui abbiamo assistito”.
Gli slogan appesi dalle finestre di Hamilton Hall occupato alla Columbia University – Foto di Terry W. SandersPam Sporn, attivista di Jewish For Peace – Foto di Federica Farina
“Protestare con i cartelloni, accamparsi dentro al campus, occupare gli spazi a disposizione sono i modi migliori che le minoranze hanno per far sentire la loro voce”, ha commentato Pam Sporn, attivista di Jewish For Peace, l’associazione ebraica progressista antisionista al mondo. L’attivismo della donna è molto lungo. “Mi sono diplomata nel 1974 e, poco prima di finire le superiori, partecipai alle manifestazioni per la guerra in Vietnam – finita l’anno successivo – con striscioni e slogan. E poi presi parte anche anche ai movimenti per i diritti civili. Continuo a sensibilizzare i miei vicini di casa nel Bronx distibuendo volantini.” Sporn racconta che qualche giorno fa, durante un’azione a Brooklyn, è stata arrestata insieme a un altro centinaio di persone. “Questo tipo di episodi sono molto ben organizzati e l’associazione ci coprirebbe in questi casi. Ma siamo stati salvati dai trasportatori che dal One Police Plaza ci avrebbero dovuti portare in carcere. Si sono rifiutati in segno di protesta e anche questo è attivismo. Ognuno dovrebbe fare il possibile.”
Reva Feinstein, un’altra attivista, ha commentato: “Secondo me, non è questo il modo giusto per manifestare perché viene trasmesso in modo incontrollato disinformazione e antisemitismo evitabili. E poi c’è il rischio che agli studenti della Columbia si mischino anche gli esterni. Avrebbero dovuto chiudere i cancelli molto prima.”
Le manifestazioni alla Columbia University – Foto di Terry W. Sanders
Dopo ieri, altri atenei in tutti gli Stati Uniti hanno seguito le orme della Columbia University e hanno posto i propri studenti davanti a un ultimatum: smantellare gli accampamenti o venire sospesi. C’è chi se n’è andato in modo pacifico, come nel caso di Yale: l’amministrazione aveva dato come limite di tempo le 6:30 e, in cambio, aveva offerto spazi alternativi in cui mantenere una presenza e un incontro con gli esponenti della Yale Corporation. I ragazzi hanno rimosso tutto senza discussioni. Ma c’è anche chi ha rifiutato di levare le tende e ha subito la violenza delle forze dell’ordine, come alla University of Texas a Austin: da ieri pomeriggio alle 14 fino a stanotte sono stati disposti almeno 90 arresti.
Il campus della University of North Carolina a Chapel Hill è stato preso d’assalto. La polizia è entrata dentro all’accampamento e ha iniziato a costringere i manifestanti a sgomberare l’accampamento. Ci sono stati i primi arresti questa mattina verso le 6 quando, dopo l’ultimatum arrivato dall’amministrazione, i ragazzi si sono rifiutati di andarsene. Le lezioni per oggi sono state sospese. Adesso la situazione sembra essersi calmata, ma gli agenti sono pronti a intervenire in qualsiasi momento.
Laureata alla Scuola di Giornalismo dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, si occupa di attualità, arte e cronaca newyorkese Graduated from Journalism School at Catholic University in Milan, she writes about New York arts and social issues
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