Console Generale Fabrizio Di Michele, l’abbiamo intervistata nel 2021: cos’è successo da allora al Consolato Generale di New York di rilevante per il suo lavoro?
“Lei ricorderà che nell’intervista che rilasciai poco dopo il mio arrivo, avevo messo l’accento sulle difficoltà di riprendere i servizi consolari sotto la pressione di una domanda crescente da parte degli italiani. A causa del COVID eravamo in smart working al 50% e con una grave carenza di personale; così a metà 2021 ci eravamo ritrovati con difficoltà senza precedenti, incapaci anche di comunicare con gli italiani. Da allora, per fortuna, è passata tanta acqua sotto i ponti. Nell’intervista precedente le avevo detto: sono ottimista perché si può solo migliorare. A distanza di un anno e mezzo, i numeri dicono che non solo siamo migliorati, ma che abbiamo raggiunto un’efficienza nell’erogazione dei servizi probabilmente senza precedenti. E lavoriamo per migliorare ancora”.
Stiamo parlando soprattuto dei passaporti?
“Sì, in primis i passaporti. Poi ci sono i tempi di attesa per le iscrizioni Aire, gli atti di stato civile, e una marea di altre attività che svolgiamo, come i visti, anch’essi competenza rilevante del consolato. Tutte queste voci hanno raggiunto risultati medi superiori anche agli anni pre-covid. Da cosa è dipeso? Intanto dal fatto che siamo riusciti in un anno e mezzo a rafforzare lo staff”.
Vogliamo dare dei numeri? Venti per cento in più di organico?
“Nell’estate del 2021 mancava oltre un terzo del personale. Oggi ne manca circa il 15%. Una situazione su cui metterei la firma. Perché ad oggi noi abbiamo raccolto i frutti del lavoro fatto con il sostegno del Ministero degli Esteri. L’anno prossimo potremmo pagare lo scotto del deprezzamento dell’euro e dell’aumento del costo della vita a New York, che sono tali da essere un deterrente fortissimo ad un trasferimento qui (soprattutto per chi ha famiglia) .
Quindi la situazione di oggi è tale che siamo ritornati a quello che io definivo il ritardo “fisiologico” dei servizi, che dipendono semplicemente dal rapporto tra il numero degli utenti e delle loro richieste e il numero degli addetti consolari a disposizione ”.
E gli utenti italiani, cioè quelli iscritti all’Aire al Consolato Generale di New York, sono circa 100 mila?
“Alla fine del 2022 erano quasi 101 mila, con una costante crescita di circa il 3% l’anno. Teniamo presente però che un passaporto può anche essere richiesto anche da un italiano non iscritto”.
Un italiano di passaggio, un turista che l’ha perso…
“Non solo. Benché dal punto di vista amministrativo dovrebbe essere obbligatorio per chi vive all’estero iscriversi all’Aire, sono numerosissimi gli italiani non iscritti che vivono e lavorano qui. Quindi i 101 mila sono una cifra solo in parte significativa ”.

Ma ci diceva che il consolato sta lavorando meglio.
“I numeri ci dicono che abbiamo la produttività media più alta mai raggiunta dal Consolato in quasi tutti i settori. E anche alcuni dati assoluti sono i più alti mai raggiunti. Ad esempio, il numero dei passaporti emessi l’anno scorso è stato di quasi 6000, molto più del 2021 e del 2020, ma anche del 2019 e del 2018. E questo con un addetto in meno rispetto agli anni pre- COVID. La prima ragione è un lascito positivo del COVID, cioè la razionalizzazione dei servizi, che oggi vengono fatti essenzialmente tramite prenotazione on line e allo sportello.
Abbiamo inoltre introdotto varie misure organizzative volte a rafforzare i servizi.
A differenza del passato, oggi al Consolato riceviamo tanti riscontri positivi da parte degli utenti che apprezzano l’efficienza e la cortesia. Non è sempre così, non siamo certo perfetti, ci sono casi in cui ancora sbagliamo, casi in cui ancora tardiamo a reagire ai bisogni del cittadino, però nel complesso il trend è cambiato. Se ne è accorto il Comites, con cui abbiamo un’ottima collaborazione, se ne sono accorti i patronati”.
In quale settore del Consolato lei ancora trova difficoltà a raggiungere dei miglioramenti?
“Il servizio che continua a soffrire di seri arretrati è quello della cittadinanza. Che non riguarda gli italiani, ma quelli che vogliono diventare italiani. È chiaro che quando c’è una carenza di personale è il servizio più penalizzato: è stato anche sospeso durante il picco pandemico. Noi oggi abbiamo rafforzato nuovamente l’ufficio, ma ereditando arretrati che risalivano addirittura al 2018. Arretrati importanti, causati dalla mancanza di staff. Stiamo ancora riassorbendo arretrati del 2019 e del 2020, e poi in parallelo abbiamo riaperto alle nuove domande di cittadinanza. Ma le dico onestamente che abbiamo migliaia di persone in lista di attesa”.

Si parla molto tra i parlamentari eletti all’estero della legge per il riacquisto della cittadinanza per chi l’ha persa. Cosa succederebbe allora se passasse la legge? Come riuscireste a smaltire le domande?
“Questo è un tema politico. Io come funzionario dello Stato non commento la legge attuale sulla cittadinanza e le sue conseguenze. Commento ancora di meno quindi proposte politiche dei parlamentari. Dico soltanto che ci sono realtà diverse, e New York non è tra le più esposte. Ci sono sedi in Sud America con ben maggiore pressione. Spero che chi farà la legge metta poi in condizione gli uffici consolari di attuarla”.
A proposito di parlamentari che si occupano della politica per gli italiani all’estero, la senatrice Francesca La Marca, che rappresenta anche New York, ha inviato una lettera aperta a lei ed una petizione che noi abbiamo pubblicato dove spinge il Consolato di New York a fare come i consolati di Toronto e Montreal che hanno una linea telefonica dedicata per gli anziani. Questo perché molti anziani hanno difficoltà ad orientarsi con il computer e le tecnologie informatiche. Lei ha avuto contatti con la senatrice La Marca? A che punto siamo su questo suo suggerimento?
“Io dialogo in modo più o meno regolare con tutti i nostri parlamentari. Di recente con la Senatrice La Marca abbiamo discusso di questo suo suggerimento. Noi avevamo già alcune facilitazioni per gli anziani, in particolare gli ultra 75enni. Per esempio consentendo il ricorso alla email diretta per l’appuntamento, invece che l’iscrizione on line. Già dall’anno scorso abbiamo avviato delle missioni itineranti per i passaporti in New Jersey e in Connecticut, finalizzate proprio a facilitare gli anziani che hanno più difficoltà a venire a New York. Queste misure le abbiamo ora sistematizzate e pubblicizzate meglio.

Sarebbe bello poter dedicare una linea e un impiegato a rispondere al telefono, ma io da Console Generale devo valutare le diverse misure possibili e il loro impatto effettivo sulla base di numerosi fattori. Oggi noi abbiamo un’alta produttività nel rilascio dei passaporti, che si applica anche agli ultra settantacinquenni. Il ricorso alla email permette di facilitare l’anziano, ma anche una gestione più ordinata della richiesta del passaporto perché l’appuntamento telefonico non si riduce alla fissazione dell’orario. Bisogna verificare on line se l’utente ha diritto al passaporto, se le informazioni sullo stato civile sono aggiornate, ecc. Questo al telefono con una persona anziana prende tempo.
In generale l’uso del telefono non è un sistema efficiente, non per nulla è stato soppresso da tempo in gran parte dei grandi consolati di altri Paesi ed anche dal nostro. Del resto, chi ci chiama al centralino pone quesiti che per il 75% hanno già risposta sul sito del Consolato.
Detto tutto ciò, è chiaro che una misura del genere sarebbe apprezzata da alcuni connazionali.
Penso in ultima analisi che seguirò l’esempio di Toronto, aprendo al servizio telefonico dedicato per un’ora alla settimana. Quella è una misura che possiamo permetterci di adottare senza impatto sui servizi. Però con molta onestà e realismo devo riconoscere che questa misura sarà più che altro simbolica. Magari genererà anche frustrazione tra chi non riuscirà a prendere la linea.
Di certo ci piacerebbe poter fare di più. Noi contiamo nella circoscrizione 22.000 ultra settantacinquenni e 29.000 ultrasettantenni. Mi dicono che la petizione della Senatrice La Marca ha raccolto qualche decina di adesioni. Per parte mia ho recentemente rinnovato alla Senatrice l’invito – già esteso quando era deputata – a venire a New York per discutere delle varie sfide del Consolato”.

Ma lei, che è il console generale d’Italia della città più importante della ripartizione elettorale Nord e Centro America, ha qualche suggerimento da dare ai parlamentari eletti all’estero per come, nell’ aiutare i loro elettori, dovrebbero comunicare con i consolati?
“Io non ho suggerimenti da dare ai parlamentari, abbiamo ruoli diversi e non mi permetterei mai. Dico solo che è parte del mio lavoro e della mia responsabilità interloquire con i parlamentari eletti in questa circoscrizione in maniera aperta e costruttiva, dialogo fondamentale perché i parlamentari eletti all’estero sono spesso i nostri più grandi alleati. Ciò vale per i temi piu importanti, come sono per esempio quelli dei salari dei nostri contrattisti del tutto inadeguati. O il rafforzamento del personale, su cui il governo ha fatto un passo avanti importante sull’ultima finanziaria. Su tutti questi temi, ma anche su temi più specifici ci si confronta. Ovviamente io poi rispondo del mio operato al Ministero degli Esteri”.
Lei ha già accennato al fatto che per il personale dei contrattasti del consolato vivere nella città più cara del mondo sta diventando impossibile. Il nostro giornale ha ricevuto qualche settimana fa una lettera “non firmata” di un impiegato (del Consolato? Istituto di Cultura? Della Missione all’ONU?) in cui si cercava attraverso il nostro giornale evidentemente di rendere ancora più pubblico questo scottante problema degli stipendi ancora più penalizzati dal rafforzamento del dollaro sull’euro (gli stipendi sono pagati nella valuta europea). Cosa può fare il Console Generale della città più cara del Mondo, per rispondere ad una situazione che ovviamente vede il suo personale in una situazione ben diversa da quella, che so, di chi lavora a Detroit?
“Ovviamente avevo letto la lettera di questo contrattista e non so perché l’abbia fatta anonima. In fondo buona parte dei dati e le rivendicazioni che conteneva erano fondate e non ci può essere disaccordo con me e con nessuno dei rappresentanti del Ministero degli Esteri presenti qui a New York. Però il punto è diverso, quella lettera è stata una sorta di sfogo. Ma temo che fosse nel luogo e con i destinatari sbagliati. Perché è ovvio che la questione dei salari ci riporta al Ministero e al Parlamento. Non ci sono altre vie. Il compito mio e degli altri Consoli, e soprattuto della nostra Ambasciata a Washington, è valutare se la situazione economica e il costo della vita siano tali da giustificare una richiesta di aumenti. Le posso dire che era evidente che i salari dei nostri contrattisti non fossero adeguati già prima del deprezzamento dell’euro. L’Ambasciatrice Zappia si è molto spesa in questo senso e l’anno scorso, a parità di bilancio, l’amministrazione è riuscita a dare un aumento simbolico dei salari a favore dei contrattisti di qualche punto di percentuale. La sfida maggiore ovviamente era sulla recente legge di bilancio, e pare che non vi siano stati cambi di passo significativi. Apparentemente la categoria dei contrattisti locali negli Stati Uniti non riesce a far sentire la propria voce. Da parte nostra c’è massima comprensione della loro posizione, che non è pretestuosa, né esagerata. I nostri salari non sono mai stati competitivi per questa città; oggi non consentono di arrivare alla fine del mese”.
Italian-Americans represent so much of our history and culture, so it has been an honor to meet with the Mayor of Turin, @lorusso_stefano; the president of the Piedmont region, Alberto Cirio; and the Consul General of Italy in NY, Fabrizio Di Michele.
Welcome to New York City! pic.twitter.com/oUvO7ZuFDs
— Mayor Eric Adams (@NYCMayor) January 20, 2023
Il rapporto con la città di New York: c’è una nuova amministrazione, come evolvono le relazioni del consolato rispetto al passato?
“Ovviamente al mio arrivo l’obiettivo è stato di costruire delle relazioni istituzionali. Poco dopo il mio arrivo ci sono state le elezioni a Sindaco e io avevo avuto modo di conoscere Eric Adams ancor prima che venisse eletto. Poi ci siamo rivisti altre volte. Grazie alla comunità italo americana sono numerosi gli agganci e i punti di contatto, quindi abbiamo un rapporto privilegiato con questa municipalità. E questo si applica anche a livello statale: ho avuto diverse occasioni di incontro con la governatrice Hochul. Ho conosciuto il governatore Lamont del Connecticut e presto farò finalmente la mia prima visita ufficiale in New Jersey per conoscere il governatore Murphy. Questi contatti hanno un fine istituzionale, ma idealmente bisognerebbe tradurli in opportunità per i nostri interessi, per esempio sul piano del business. Questa è il compito più arduo”.

Console Generale Di Michele, lei è a metà del suo mandato a New York, ma quando tra circa due anni la verremo a trovare alla vigilia della sua partenza, se avesse la bacchetta magica, quale degli obiettivi che ancora non è riuscito a raggiungere vorrebbe che si sia realizzato nel 2025 e con successo?
“Credo che ci sia ancora un grande potenziale nella promozione dei nostri interessi economici, commerciali e finanziari. È un compito non solo del Console Generale, ma anche di altre istituzioni, in primis dell’istituto Commercio Estero; quindi un compito che perseguiamo insieme e io ho soprattuto un ruolo di impulso o coordinamento in questo settore. Sono convinto che in una città come New York, il Consolato Generale debba essere più utile sul piano economico e rafforzare ulteriormente tutto quello che si è già fatto negli scorsi anni. Ciò vale anche sul piano culturale, accademico, scientifico, partendo da una premessa: la qualità della comunità italiana e italo americana qui presente. Sono risorse importantissime e come metterle a sistema, come cercare di valorizzarle, nell’interesse generale, è la mia sfida quotidiana”.