Ha vissuto a Londra, negli Stati Uniti, in Russia e in Cina. È uno di quei giornalisti che il mondo, prima di raccontarlo, lo ha conosciuto in prima persona.
È da queste esperienze che Beppe Severgnini, editorialista del Corriere della Sera, ha imparato ad amare l’Italia. “Gli italiani avranno da ridere su questo – commenta nel corso di un incontro al Consolato Italiano di New York – ma nel nostro Paese, alla fine dei conti, si sta bene”.
Insieme a lui Edoardo Ballerini, attore, regista e sceneggiatore statunitense con la cittadinanza italiana che il New York Times ha definito “The Voice of God”, la voce di Dio.
Al 690 di Park Avenue, davanti a un pubblico accorso talmente numeroso da non riuscire ad entrare nella sala ricevimenti del Consolato, i due hanno raccontato l’Italia delle belle emozioni. Quella che ti manca quando sei lontano e di cui non puoi mai fare a meno.
Severgnini su questo ha scritto un libro, Italian Lessons: Fifty Things We Know About Life Now. Tutto parte da una domanda. Esiste un modo italiano di affrontare la vita? Gli americani se lo chiedono spesso, in un mix unico di attrazione e sconcerto con una caricatura, a volte esasperata, che nasconde però un irresistibile fascino.
Narrato dall’incredibile voce di Ballerini, che di quel manuale d’istruzioni alla vita tricolore ne ha fatto un audiolibro, i lettori americani, così come gli italiani che non vivono più in patria da un po’, possono scoprire segreti nascosti lungo lo stivale.
Si impiegano circa sei ore ad ascoltarlo tutto: meno di un viaggio da New York a Crema, dove Severgnini è nato. Dall’amore degli italiani per la poesia all’innato desiderio di socializzare, fino alle differenze regionali tra nord e sud, Severgnini traccia un ritratto nel quale è impossibile non identificarsi.
Per Stanley Tucci, attore e regista statunitense di origini italiane che in carriera ha vinto 2 Golden Globe e ricevuto una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista per Amabili resti, è un libro che “con un’intuizione senza pari e un’arguzia brillante, non solo ci trasporta in Italia, ma anche nel profondo della mente e dello spirito italiani”.
Arguzia, quella di cui ha parlato Tucci, che si è vista durante la presentazione. Tante, nel corso del dibattito, le risate strappate dalle battute del giornalista, stuzzicato anche dalle domande del pubblico sempre attento a seguire le fila del discorso.
Severgnini, sul New York Times di cui è stato editorialista dal 2013 al 2021, di Italia ha parlato molte volte. Spesso di politica, analizzando i tanti governi che si sono succeduti, ma anche di costume. “La mia giovinezza è stata priva di aperitivi – scrisse in un articolo del 2019 – Erano gli anni ’70 e ci concentravamo sulle discoteche, sulla birra calda in spiaggia, sulla pizza, sulle notti insonni con gli amici e su una bottiglia di vino a buon mercato. L’aperitivo, il rituale che precedeva la cena e dava inizio alla serata, era per i vecchi: i miei genitori, gli zii e le zie, e per lo più in vacanza. Ma quando avevamo ospiti, la nostra sala da pranzo si riempiva miracolosamente di bottiglie piene di liquidi dai colori vivaci e dai nomi buffi: Aperol, Campari, Negroni, Carpano, Fernet Branca. In uno spot televisivo del Cynar, che era aromatizzato al carciofo, un attore sorseggiava il suo aperitivo seduto in mezzo a una rotonda trafficata. Una marca popolare di vermouth era Punt e Mes, che significa “un punto e mezzo” (un punto di dolce, metà di amaro). A 20 anni sarei morto piuttosto che ordinare un Punt e Mes. Nessuna ragazza mi avrebbe più rivolto la parola”.
Bastano poche righe, ed ecco i lettori trasportati in un’Italia lontana. Questa è l’abilità di Severgnini. Ora al servizio di chi l’Italia vuole imparare ad amarla.