“È molto meglio osare cose straordinarie, ottenere grandi vittorie, anche se segnate dal fallimento, piuttosto che schierarsi tra quei poveri di spirito che non provano grandi gioie né grandi dolori” perché vivono nel grigio e indistinto crepuscolo che non conosce né vittorie né sconfitte.
La citazione di questa frase, attribuita a Theodor Roosevelt, 26mo Presidente degli Stati Uniti e Premio Nobel per la Pace, apre la pagina web del Roosevelt Hotel di Manhattan, che non è riuscito a sopravvivere alla pandemia. Oggi passare sotto quella struttura gigantesca è un pugno allo stomaco. Dalle vetrine chiuse con grosse assi in legno, filtrano scorci polverosi.
Le luci della grande hall, che abbiamo visto al cinema in “Man in Black 3”, quella con scale e tappeti e lusso e con un passato così glorioso che a ripensarci fa venire i brividi, ecco, quelle luci sono spente da tanto tempo.
Di solito un articolo comincia con la notizia più nuova. Invece la scelta per questa storia, che oggi ha una svolta soltanto apparentemente inaspettata, è di partire proprio dalla dedica al Presidente Roosevelt.
L’Hotel, più di mille camere ispirato proprio alla figura del Premio Nobel, fu inaugurato nel 1924, costruito al costo esorbitante per l’epoca di 12 milioni di dollari. Ristoranti, sale da ballo, sale riunioni, nel 1947 fu il primo albergo ad avere una tv in ogni stanza, il primo ad accogliere animali domestici, ed ancora il primo ad avere un medico e uno spazio shopping. La suite presidenziale fu a lungo la dimora di Conrad Hilton, fondatore dell’omonima catena di alberghi, che lo acquistò negli anni ’40, quando aveva già una fama internazionale.
Sì perché al Roosevelt non soltanto soggiornavano i vip di tutto il mondo, quelli che all’epoca potevano permettersi lunghi viaggi oltreoceano, ma perché da lì partì la trasmissione radiofonica di Capodanno della band The Royal Canadians, di Guy Lombardo.
Al Roosevelt abitava il Governatore Thomas E. Dewey, che proprio nella suite 1527 del prestigioso Hotel ebbe la notizia di aver perso le elezioni presidenziali del 1948 contro Harry Truman. Il Roosevelt si è trasformato negli anni in un’attrazione anche per i turisti che non vi soggiornavano. Entrarvi era quasi una tappa obbligata per chi aveva visto film come “Man in Black 3”, “Wall Street”, “Quiz Show”, “Malcolm X”, “Un amore a cinque stelle”, “Presunto innocente”, “French Connection”, “The Bachelor”, “Man on a Ledge” e “The Irishman”, di Martin Scorsese.
Quando si giravano tutte queste scene, l’Hotel era già di proprietà della Pakistan International Airlines, che lo ha acquisito dopo lunghe vicissitudini finanziarie e diversi passaggi di mano. Di proprietà della Penn Central, nel 1978 passò alla Loews Corporation e subito dopo allo sviluppatore Paul Milstein, che lo affittò alla Pakistan International Airlines con un’opzione allettante: l’acquisto dopo 20 anni al prezzo fisso di 36 milioni e mezzo di dollari.
Ebbene, ed è qui, sulla scia di questo passato, che oggi si intravvede una svolta nella proprietà di uno dei palazzi più iconici di Manhattan. Una trattativa internazionale che vede il Governo pakistano offrire al Qatar il 51 per cento delle azioni della Pakistan International Airlines e del Roosevelt Hotel.
La notizia rimbalza da Islamabad e, secondo recenti indiscrezioni rilanciate da Ary News, il Pakistan vorrebbe in cambio che Doha investisse nel settore aviazione. Un possibile accordo di Stato dunque, cominciato con la visita del Primo Ministro pakistano Shehbaz Sharif in Quatar, che avrebbe accettato di effettuare investimenti fino a 3 miliardi di dollari in Pakistan in diversi settori. E si apprende anche che la trattativa comporta che le azioni e il controllo manageriale del Roosevelt Hotel finiscano in blocco nelle mani delle autorità del Qatar.
Il sonnecchiante e polveroso albergo di Midtown, chiuso nel 2020 dopo aver lasciato 500 persone senza lavoro, potrebbe dunque tornare a vivere. Non senza una ristrutturazione, oggi più che mai necessaria dopo due anni di degrado e abbandono. E non sarebbe certo la prima volta che si effettuano lavori nell’imponente palazzo dal giorno della sua inaugurazione, quasi 100 anni fa.
Tra il 1995 e il 1997 il Roosevelt Hotel rimase chiuso per rifarsi il look, operazione che costò 65 milioni di dollari e che portò la struttura ad aumentare il suo valore, fino a 250 milioni di dollari. E qui si apre un altro capitolo, quello di un’imponente battaglia legale tra il Pakistan, che voleva acquistare il Roosevelt Hotel al prezzo pattuito 20 anni prima, e la famiglia Milstein, che dopo i lavori chiedeva di più.
Con il passare degli anni e dopo un’ulteriore ristrutturazione milionaria (arriviamo al 2005) la Pakistan International Airlines è riuscita ad ottenere il 99 per cento delle quote. A luglio 2020, pare le volesse Donald Trump, ma l’affare non è andato in porto. All’inizio di quest’anno, invece, al Roosevelt Hotel era interessata la società mineraria australiana Tethyan Copper. Sono di agosto, invece, le prime trattative con il Qatar.