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A New York c’è il più grande villaggio al mondo fatto solo di pan di zenzero

A realizzarlo è l'artista gastronomico Jon Lovitch, intervistato in esclusiva

Maria Sole AngelettibyMaria Sole Angeletti
A New York c’è il più grande villaggio al mondo fatto solo di pan di zenzero

Mancano meno di 100 giorni all'esposizione della Gingerbread Lane. © courtesy New York Hall of Science

Time: 6 mins read

È Natale tutti i giorni in un seminterrato di Forest Hills, nel Queens, tranne quando è Natale ovunque. Da gennaio a novembre, l’artista gastronomico Jon Lovitch realizza il più grande villaggio di pan di zenzero commestibile di New York e del mondo.

Schiaccianoci, slitte, Babbi Natale e casette in miniatura sono solo alcuni dei pezzi allineati in perfetto equilibrio -su scaffali, tavoli, sedie e persino su un pouf- che attendono di essere assemblati nella gigantesca opera esposta nella mostra annuale GingerBread Lane presso la New York Hall of Science. Negli ultimi due anni spostata a Long Island a causa della pandemia, tornerà il 25 novembre, durante le festività natalizie, in una nuova posizione all’Essex Market, nel Lower East Side, a poco meno di 100 giorni da oggi. 

“Gingerbread Man” è un ex executive chef, 46 anni, ha conseguito una laurea in arti culinarie applicate presso il Johnson County Community College, di Overland Park, Kansas, si è diplomato presso il Culinary Institute of America, ed è il detentore dall’anno 2013, del Gingerbread Guinness World Records. A tutt’oggi, non ancora superato, con ben 1.251 case, oltre ad alberi, carrelli, pupazzi di neve e personaggi vari a tema festivo. 

Tra la stesura del progetto, il rifornirsi dei materiali, la pianificazione e la distruzione del villaggio precedente, è un impegno che dura 365 giorni l’anno e non finisce mai. Il signor Lovitch ha finora costruito 800 case, lavorando in media 90 ore settimanali, ma è giunto il momento di accelerare il passo per raggiungere il numero di 1500 cottage che si è prefissato come obiettivo per la fine di ottobre. “Il periodo estivo è sempre il più intenso e richiede massima concentrazione in prossimità delle feste”, ci dice. 

Lo abbiamo raggiunto in una delle sue brevi pause, tra l’odore terroso del pan di zenzero e l’aroma dolce della glassa e delle caramelle che aleggiano nell’aria, per farci raccontare il processo e la buona riuscita di un’impresa così prodigiosa. E fin da subito siamo stati catapultati nell’illusione di un realismo magico che, a dispetto della verità, nel laboratorio del signor Lovitch non svanisce mai e il Natale è salvo per sempre. 

Jon Lovitch, il detentore del Guinness World Records per il villaggio di pan di zenzero più grande del mondo. © courtesy New York Hall of Science

Come è nata questa passione che ha trasformato in un lavoro a tempo pieno? 

“Una fortuna sfacciata! Per oltre venti anni è stata la mia attività secondaria e in prevalenza notturna, mentre ero executive chef per importanti hotel di New York. È una passione -quella per i villaggi di pan di zenzero- frutto di un ossessione iniziata dopo che, da adolescente, non sono riuscito a vincere una gara a Kansas City. Una sfida giocosa che nel corso degli anni si è trasformata in un impegno follemente laborioso e che mi ha costretto a fare una scelta definitiva. Ho avuto timore di lasciare il mio lavoro stabile per un hobby, ma con coraggio ho deciso di provarci. Non sono affatto pentito di essere diventato una specie di Babbo Natale di pan di zenzero per molti bambini, riesco a pagare le bollette e ho un seminterrato pieno di attrezzi (per lo più caramelle) oltre che profumatissimo”. 

In cosa consiste il processo di produzione? 

“È un’evoluzione di compiti strutturati in fasi ben scandite. È ciclico: di solito il 26 dicembre prendo d’assalto i saldi post natalizi di dolciumi, il primo gennaio demolisco il vecchio villaggio, il 2 gennaio metto in ordine le componenti che salvo, poi seguono giorni di revisione del progetto fotografico della stagione passata, inizio ad abbozzare la nuova idea e gli schizzi di ogni casa, nel mese di aprile realizzo i supporti e i ponti di glassa, per poi proseguire con gli alberi, pupazzi di neve e la segnaletica. A fine giugno lavoro sui mosaici delle caramelle e a luglio prendono vita le case più grandi e poi le piccole. Fine ottobre ultimo i dettagli e a inizio novembre -per assicurarmi che non manchi niente- verifico che la creazione corrisponda alla pianta su carta. Infine sono pronto per assemblare e dopo l’esposizione inizio tutto daccapo”. 

Salda perseveranza e rigorosa costanza. Cosa la mette alla prova e cosa più la soddisfa?

“Amo l’intero processo, ma sento un senso di viva soddisfazione quando vedo tutte le parti combinate l’una con l’altra. Le idee e le immagini astratte che diventano realtà concreta, è un passaggio cruciale, è un sogno realizzato. Questo mi permette di dimenticare i disagi che incontro: l’umidità e l’estate. È una stagione terribile per i pezzi perché soffrono il caldo e si ammorbidiscono e il più delle volte non desiderano altro che rompersi. Per tenerli in vita e preservarli ho sempre attivi diversi deumidificatori. E mi aiuto con tasselli di glassa e mattoncini ricavati da bastoncini di gomma, Big Red, per non farli sbriciolare”.

Il villaggio pesa poco più di 1,5 tonnellate ed è decorato con chili di M&Ms e caramelle. © courtesy Jon Lovitch

Quali sono gli ingredienti e le abilità che richiede questo magico mestiere? 

“Chili di glassa (fatta di albumi e zucchero, è il cemento perfetto perché si indurisce e non marcisce), tante M&Ms, caramelle dure (funzionano meglio, così come le caramelle gommose mentre la Laffy Taffy si scioglie troppo facilmente) e bastoncini di zucchero. Quando ci sono oltre 2.000 case -da cuocere, glassare e decorare- occorre molta grinta e voglia di fare. Non deve mancare la pazienza e la capacità di imparare nuove competenze e abili trucchi”. 

Cosa significa vivere lo spirito del Natale ogni giorno dell’anno?

“La deluderò: non ascolto sempre musica natalizia, cerco di vivere per quanto posso la quotidianità, ma il Natale è un pensiero costante. Quando mi concentro sul lavoro bussa alla porta e tutti i giorni, inaspettatamente, provo una sensazione speciale; quasi d’incanto che non riesco a spiegare. È strano e allo stesso tempo fantastico vivere il Natale tutto l’anno, ho sempre amato il periodo delle festività”. 

Le casette nel laboratorio sono preservate con deumidificatori sempre attivi. © courtesy Jon Lovitch

Che rapporto aveva da bambino con Babbo Natale? 

“Amavo il grande Santa Claus! Lo adoro ancora e nella mia lista di amici ce ne sono tanti che lo fanno per “mestiere”. L’anno scorso la scomparsa del mio preferito mi ha spezzato il cuore, un pò come quando ho scoperto che Babbo Natale non esisteva. I figuranti dell’uomo più incredibile del mondo sono persone meravigliose e un giorno mi piacerebbe calarmi nella parte, ma solo quando mia figlia sarà più grande. Il desidero è che continui a crederci ancora per molto tempo. E poi cosa c’è di più gioioso dei regali, nel sacco marrone, il 25 Dicembre?”. 

Sono d’accordo! Quindi riesce a gustarsi anche l’attesa e il giorno considerato più bello dell’anno? 

“Sono il custode del Natale per undici mesi (quando per i più il ricordo è nel dimenticatoio) e quando arriva lo vivo due volte anche grazie alla mostra. Incontro persone che vengono da tutte le parti del mondo per vederla ed è stupefacente sapere di aver creato una cosa divertente, magica e stravagante”.

Non cade nella tristezza quando il villaggio viene demolito? 

“È triste e sorprendente. La demolizione avviene all’inizio di gennaio, ma essere indaffarato con il nuovo progetto mi permette di viverla con più leggerezza. Il giorno della chiusura regalo molti pezzi e questo mi fa sentire bene. Anche se sono commestibili consiglio di non farli mangiare ai bambini, a meno che non abbiamo denti come un dinosauro (sono duri come roccia). Tempo fa, una struttura mi ha colpito in testa mentre la riponevo (il villaggio intero pesa poco più di 1,5 tonnellate) e sono finito in ospedale per una commozione cerebrale da pan di zenzero. Il medico non mi ha creduto!”.

Il primo gennaio il villaggio viene demolito e si inizia a costruire quello nuovo. © courtesy New York Hall of Science

C’è una casetta o un dettaglio degli anni passati a cui è particolarmente affezionato?

“Cerco di dare ai negozi del villaggio una loro identità e a volte i nomi sono piuttosto esilaranti: Eleven Pipers Piping – Piping Hot Soup, My Two Front Teeth General Dentistry, Visions of Sugar Plums Eye Glasses, and Letters to Santa – GingerBread Lane’s Post Office. Le casette Grandfather Cecil’s Pies e Cecilia’s Toy Chest sono le mie preferite. Anche quest’anno alcune si ripeteranno ma tante sono le novità”.

Dietro la cura del suo progetto traspare amore e dedizione. A che punto si trova?

“L’estate è sempre dura e agosto è stato l’apice della fatica che continuerà a intensificarsi in autunno, arriverò a 100 ore di lavoro a settimana, forse anche di più. Il villaggio inizio a vederlo nascere, finalmente risorge dalle sue ceneri. È incredibile!”. 

Mancano pochi mesi al Natale e ancor meno alla sua esposizione. Come vivrà e come suggerisce di vivere questo tempo di attesa? 

“Con eccitazione (quella incredula dei bambini) e con la consapevolezza che come ogni anno GingerBread Lane e il Natale saranno una gioia fugace!”. 

“Amo l’intero processo e quando le parti sono assemblate è fantastico”. © courtesy Jon Lovitch
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Maria Sole Angeletti

Maria Sole Angeletti

Tra i libri di diritto ha capito che la sua vera passione sono le parole. Si occupa di New York, cultura e fa interviste. Content creator, social media director e autrice di podcast.

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