Lo scrittore Salman Rushdie resta ricoverato in ospedale dopo che l’altro ieri è stato accoltellato sul palco del festival di Chautauqua. L’autore, 75 anni, rischia di perdere un occhio, ha riportato danni al fegato e ai nervi di un braccio. Nelle ultime ore è stato staccato dal respiratore, e sarebbe ora capace di parlare.
Era la sera che ha cambiato l’America e il mondo intero. Era l’8 novembre 2016 e per tutta la giornata di martedì gli americani erano andati alle urne per scegliere il loro nuovo presidente. Avrebbe vinto la democratica Hillary Clinton o il repubblicano Donald Trump. Nell’aria c’era l’aspettativa che l’ex First Lady avrebbe prevalso. Ma all’interno dell’auditorium del New York Times incominciava a serpeggiare un clima ben diverso. Tutti i 378 posti all’interno dell’auditorium erano occupati e gli occhi erano fissi sull’enorme schermo sul quale si stava materializzando l’inaspettata vittoria di Trump. Seduto una fila davanti a me sulla sinistra c’era Salman Rushdie. Era nel primo posto accanto al corridoio e dunque in una posizione ideale per accostarlo. Mi ero accovacciato accanto a lui, mi ero presentato identificandomi come giornalista di Repubblica/L’Espresso, testata a cui lo scrittore aveva rilasciato diverse interviste nel giro degli anni.
“Mi dispiace ma è prematuro per me fare osservazioni su queste elezioni. L’esito è ancora in evoluzione e non saprei proprio che cosa dire”. Gli avevo chiesto se avessi potuto parlargli un paio d’ore dopo, ma aveva declinato. “Preferisco di no”, aveva tagliato corto Rushdie, probabilmente immaginando prima di qualunque altra persona che quella notte dell’8 novembre di sei anni fa sarebbe stata epocale.

Era stata l’unica volta in cui avevo avuto occasione di interagire con l’autore di oltre venti libri, fra i quali I Versi Satanici. Era stato questo controverso romanzo a costringerlo a vivere clandestinamente per oltre un decennio. Sulla sua testa pesava la minaccia di morte pronunciata dall’ayatollah Khomeini. In quella notte elettorale di sei anni fa ero rimasto sorpreso di vederlo seduto lì fra il pubblico, senza protezione né scorta. Ma ormai erano passati quasi trent’anni dalla fatwa dell’ayatollah che aveva invitato tutti i fedeli musulmani ad impegnarsi per assassinarlo. Venerdí Hadi Matar c’era quasi riuscito. Su di lui si sa ancora poco e ancora meno su i motivi che posso averlo spinto ad accoltellare ripetutamente lo scrittore mentre stava per prendere la parola davanti a un vasto pubblico di ammiratori. L’attacco era avvenuto a Chatauqua, nella regione nord ovest dello stato di New York, a più di 500 chilometri da Manhattan.
Hadi Matar ha ventiquattr’anni ed é nato in California ma di recente era andato ad abitare a Fairview, nel New Jersey. Gli agenti di polizia gli hanno trovato in tasca un documento falso. Si tratta di una patente di guida rilasciata dallo stato del New Jersey, ma in realtà falsificata.
Sulla sua estrazione etnica non ci sono ancora dettagli. Le immagini del suo arresto ritraggono un giovane di corporatura esile, capelli scuri corti e tratti somatici medio-orientali non meglio identificati. Su Facebook persone con lo stesso nome risultano essere prevalentemente libanesi.

TWITTER/ CHARLES SAVENOR
Da informazioni che gli inquirenti sono riuscite a ottenere sui social media sembra che Hadi sia un simpatizzante del IRGC, il Corpo di Guardia Rivoluzionario Islamico legato al governo iraniano. Gli inquirenti infatti hanno trovato sul suo cellulare una foto di Qassem Solemani, un comandante dell’IRGC che fu assassinato a Baghdad nel gennaio del 2020.
Un giudice ha incriminato Matar per tentato omicidio e ha dato ordine che rimanesse in stato d’arresto nel carcere della contea di Chatauqua. Nell’inchiesta é scesa in campo la polizia federale in quanto l’attacco é avvenuto nello stato di New York ma il sospettato é residente del vicino New Jersey. Gli agenti dell’Fbi hanno perquisito l’abitazione del giovane su Morningside Avenue e si saprà solamente nelle prossime ore se dal computer personale del ragazzo o da altro materiale sequestrato emerge il motivo dell’attentato. Per il momento tutto fa pensare che Matar abbia agito da solo e non come parte di un complotto che comprende altri individui.
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