A New York anche la pioggia viene sconfitta da Verdi, Puccini e Mozart. La musica ha un potere universale: riesce a riunire sotto lo stesso cielo generazioni e mondi distanti, lasciando che le stesse note producano in ciascuno un’emozione diversa.
Il direttore d’orchestra Alvise Casellati, che rivendica con orgoglio i suoi natali a Padova, questo segreto lo conosce bene. “Rebuild Harmony”, il suo ultimo appuntamento eseguito nella Naumburg Bandshell di Central Park, è stato l’ennesima conferma di uno straordinario successo.
Un evento realizzato da “Opera italiana is in the air” che l’Italia regala gratuitamente alla città di New York ogni anno con l’appoggio del Consolato e dell’Istituto di cultura, ma soprattutto degli sponsor Intesa Sanpaolo, Gksd, The Alexander Bodini Foundation, BEL, Eni, Ferrero, Bracco e Fiac.

È così che, celebrando i classici, Casellati riesce ad avvicinare anche i millenials e chi l’opera l’ha sempre guardata con diffidenza.
“I giovani? Non la ascoltano perché non la conoscono – dice – Quando un ragazzo si avvicina a questa arte, ad esempio fuori dal teatro e gratuitamente come accade con Opera is in the air, non rimane immune alla sua bellezza”.
Il maestro ricorda un fatto indicativo: i classici vivono da secoli e non perdono la loro potenza. Hanno visto guerre, nazioni in frantumi, pandemie e rivoluzioni, ma sono rimasti lì, più forti del tempo e di qualsiasi moda. E un motivo c’è. “Ancora oggi ci sono alcune corde dentro di noi che queste musiche sono in grado di toccare. È qualcosa di inspiegabile, ma esiste una serie di valori e tradizioni che la musica è capace di trasmettere di generazione in generazione”.

Il problema sta nella comunicazione di un mondo, quello dell’opera, che ancora non si riesce a svecchiare. “L’immagine di un teatro dove si entra tutti impinguinati non attira. Anche il nostro settore deve diventare più informale ed è per questo che noi scegliamo di esibirci all’aperto, vestiti soltanto con la nostra arte. Questo è un modo un po’ più moderno di spiegare che cosa facciamo e renderlo accessibile a tutti”.
La sua formula è un ampio ricorso ai giovani, voluti non soltanto tra il pubblico, ma anche come protagonisti sul palco e nell’orchestra. “Non è un caso che il nostro concerto – spiega – sia iniziato con due ragazze di 14 e 15 anni, Jordan Millar e Paloma Dineli Chesky, del Very Young Composers’ Program del New York Philarmonic: entrambe di grandissimo talento”.
Naturale da qui il paragone con l’Italia, paese che della gerontocrazia ha fatto un tratto distintivo. “Anni fa dicevo sempre: faccio in tempo a far la mia carriera a New York a 20 anni, finirla 40 e iniziarne una nuova in Italia, dove se non hai un capello bianco non ti guardano neanche. Ora le cose sono un po’ cambiate, ma c’è ancora tanto lavoro da fare”.

Ma non è soltanto ai nuovi talenti che Casellati fa attenzione. Nelle scelte dei suoi cast c’è anche un occhio attento sul ruolo delle donne. Una decisione che arriva per cercare, almeno in parte, di compensare la profonda ingiustizia del passato, quando “le firme dei compositori erano tutte di uomini, anche se a scrivere il libretto erano donne”.
Nell’evento tutto al femminile di Central Park, Casellati si è infatti affidato anche alla coppia di soprani Disella Làrusdòttir e Caitlin Gotimer, che si sono esibite in arie e duetti tra i più iconici del repertorio operistico italiano.

Un omaggio alla donna che, in quanto tale, rende ancora più evidente la disparità tra i generi. “Finché celebreremo la presenza femminile come un omaggio staremo involontariamente ammettendo un’eccezione. Non esistono, ad esempio, gli omaggi agli uomini”.
La scelta di Casellati ha fatto breccia nel cuore degli spettatori. Minuti interi di standing ovation hanno premiato l’esibizione dell’orchestra e dei solisti. Una pioggia di applausi arrivata da un pubblico che si è alzato in piedi per ringraziare i musicisti dello spettacolo offerto.

Davanti a un successo che lo accompagna da anni, il direttore conserva però lo stupore dei primi spettacoli. “Ogni volta, sentire questo affetto è fondamentale, perché quando si cresce si è più duri con se stessi. Il calore del pubblico non è mai scontato. Vivo ancora questi momenti con grande felicità e passione”.
E dopo il trionfo di New York, che da anni lo ascolta prima come studente e poi come acclamato direttore d’orchestra, per Casellati ora è in programma un’estate europea. Prima in Austria, a dirigere un festival a sud di Vienna in una suggestiva cava naturale, e poi a Verona, dentro un’Arena che aspetta di essere accarezzata dai classici senza tempo.
Il Metropolitan? Chissà. In futuro gli piacerebbe, anche se l’obiettivo numero uno è un altro. “La mia missione, più che farmi bello con i nomi dei grandi teatri, è la condivisione della cultura. Voglio comunicare e portare tutto quello che ho al pubblico. Non c’è nulla di più importante”.