Per sentire a New York il polso delle tensioni della comunità russa e ucraina, c’è un posto unico dove andare a Brooklyn: Brighton Beach, chiamato anche “Piccola Odessa”, un quartiere che dagli anni ’70 è il punto di ritrovo della nuova immigrazione proveniente dalla Russia, ma anche da altre ex repubbliche sovietiche, tra cui l’Ucraina. Una fredda domenica pomeriggio, passeggiando sulla grande promenade che arriva dopo la famosa spiaggia di Coney Island, chi scrive non è in grado di distinguere le inflessioni delle lingue dell’Est Europa, ma il vento e l’aria gelida non lasciano dubbi: l’atmosfera è davvero quella siberiana.
Inizio a fermare i passanti, ma i primi tentativi vanno a vuoto. Alle parole “sono una giornalista” i più anziani si dileguano e i più giovani non sembrano interessati. Quando aggiungo che vorrei fare qualche domanda sulla crisi in corso tra Russia e Ucraina, in molti sembrano avere paura, come se certi ricordi dell’ex Unione Sovietica fossero ancora a tormentare la memoria…

Ecco però che proseguendo sul lungomare, una coppia di amiche sulla cinquantina, una polacca e l’altra bielorussa, accetta di fermarsi a chiacchierare. È in particolare la signora Oxana che vivace e sorridente ha voglia di raccontarsi. Nel 2003 ha deciso di scappare con i suoi figli dalla “prigione mentale bielorussa” e alla disperata ricerca della libertà è approdata a New York, sulla spiaggia di Brighton Beach. Per la crisi ucraina si dice molto preoccupata, ha ancora amici e parenti che ci vivono. Ma è certa che gli ucraini resisteranno perché rispetto ai bielorussi sono fatti di un’altra stoffa: “non sono disposti a piegarsi e vogliono la loro indipendenza”. Un po’ delusa, Oxana avrebbe voluto che gli Stati Uniti agissero con più fermezza contro il “bullo Putin”, ma “l’America non è più quella di prima, – dice – è cambiata. I suoi valori sono buoni, ma adesso la democrazia è in pericolo: anche qui si sta sgretolando”. La sua fede resta però accesa: “gli Stati Uniti sono ancora l’unica speranza per cambiare il mondo…”. Le chiedo di farle una foto. Sorride con calore, ma quasi scusandosi, risponde che non è possibile. Già, colpa di quella “prigione mentale”… Mi spiega che in Bielorussia, il figlio di una sua conoscente è finito in prigione per aver messo un like a un post sui social e ‘non avrebbe dovuto’. Poi mi saluta e si affretta a raggiungere l’amica polacca che già da tempo si era allontanata…

Incrocio poi Igor, originario del Kazakistan, ma cresciuto in Ucraina, “Sono musulmano, ma parlo russo” ci tiene subito a chiarire. Al suo fianco, la moglie: tace per tutto il tempo e mi guarda con occhi intimoriti. Igor parla per lei. Non mi dice il suo nome e si limita a spiegare che anche lei viene dall’Ucraina. Sulla crisi non commenta, “non sono interessato alla politica, solo spero che non si materializzi una guerra” dice in due parole.

Proseguendo sulla passeggiata incontro una coppia di amici del New Jersey che con i figli, si trovano a Brighton Beach per una domenica pomeriggio a ricordare quando arrivarono in America. Max di Kiev e Dimitri di Mosca. Sembrano, già dall’aspetto, uno l’opposto dell’altro: il gigante Max e il piccolo Dimitri. Si conoscono da oltre vent’anni e vivono negli USA da prima di inizio secolo. Non sembrano disposti a mettere in discussione il loro bellissimo rapporto per la crisi ucraina: “siamo abbastanza intelligenti da non parlare di politica” mi dicono, ma considerata la particolare provenienza dai due Paesi sul piede di guerra, insisto nel dirmi qualcosa di più sulla loro opinione. A quel punto, Max si sbottona spiegando la sua verità: “In Russia l’economia va male, e quando tutti soffrono, l’unico modo che ha un presidente per accentrare il suo potere è trovare un nemico all’esterno. In questo caso: l’Ucraina. Ovviamente, io sono preoccupato – continua – mia sorella vive ancora a Kiev e l’America non sta facendo abbastanza”. Di opinione diversa Dimitri, che riassume la crisi ucraina in una secca frase: “gli Stati Uniti non dovrebbero immischiarsi”. Entrambi però assicurano: “non ci fidiamo di nessuno dei tre”. Dei tre chi? Chiedo. “Putin, Zelens’kyj e Biden” rispondono. Poi, Max aggiunge: “se ci fosse stato Trump sarebbe stato diverso: lui è l’unico per il popolo”. Mi giro a guardare Dimitri, ma lui, scuotendo la testa e sorridendo, sembra esprimere un ‘affettuoso’ disaccordo…

Cala il sole e l’aria si fa sempre più fredda. Decido di avventurarmi sulla Brighton Beach Avenue dove ci sono tanti piccoli negozi di frutta e verdura e all’angolo si trova il famoso “Taskent Supermarket” che offre anche un’eccellente servizio di tavola calda. Lì, c’è un agente della NYPD che monitora l’entrata. Mi sembra strano: un poliziotto armato davanti all’ingresso di un supermercato? Mi avvicino e riconosco nella targhetta un nome russo: Guseynov. Chiedo il permesso di fargli qualche domanda, e con un sorriso mi fa capire che risponderà. Mi tolgo subito il dubbio sulla sua presenza di guardia all’entrata del trafficato supermercato. Forse la tensione tra Mosca e Kiev tiene in allerta anche la NYPD a Brighton Beach? Ha forse notato tensioni tra ucraini e russi? Chiedo. “Assolutamente no, tutto normale come sempre. Qui la gente non si fa condizionare la vita da quello che succede nel Paese che hanno lasciato”. L’agente Guseynov è giovane, infatti è nato a Brooklyn. Ma la sua famiglia è arrivata dall’Azerbaigian.

A Brighton Beach, tra russi e ucraini la distinzione non si vede. Nessuna tensione, nessuna aria di guerra, solo tanta preoccupazione per amici e parenti che ancora vivono nei due Paesi. Sentimenti e paure che si respirano anche in Europa, sullo stesso suolo in cui in queste ore si teme l’inizio di un conflitto. Probabilmente, all’interno delle stesse forze armate russe e ucraine, c’è una profonda divisione su come la crisi viene gestita. Da Mosca a San Pietroburgo, sono tantissime le persone che hanno almeno un parente o una porzione di famiglia in Ucraina.
Quelli che a noi sembrano due Stati distinti – e lo sono assolutamente dal punto di vista del diritto internazionale, – mantengono però un cordone ombelicale che li unisce profondamente. Brighton Beach, Piccola Odessa, perché come la città Ucraina, si sviluppa accanto a una bella spiaggia sul mare. Ma siamo a Brooklyn, l’emblema vivente di questo legame tra popoli.