Al Consolato Italiano di New York, l’atmosfera per il Giorno del Ricordo è quella del raccoglimento. Ci sono sedie in ordine di fronte a un proiettore, in una stanza bianca illuminata da uno splendido lampadario.
Il primo a prendere la parola è il padrone di casa, il Console generale Fabrizio Di Michele, che inizia ricordando come la legge approvata per l’istituzione della giornata, promossa nel 2004 per conservare e rinnovare la memoria della tragedia e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati, sia arrivata forse troppo tardi. Più rispetto avrebbero meritato le vittime italiane delle foibe.
“Nel corso degli anni questo tema era fonte di tensioni, che oggi per fortuna si sono stemperate. L’immagine dell’abbraccio fisico tra il presidente Mattarella e il presidente sloveno, forse inconcepibile venti anni fa, dimostra come il percorso dell’integrazione europea sia andato verso un risultato di pace e memoria storica condivisa. Dal 2005 ad oggi tantissima acqua è passata sotto i ponti. Per noi resta il dovere di ricordare e qui a New York continuiamo a farlo”.
È poi il turno di Padre Ellis Tommaseo, chiamato a intervenire in rappresentanza di due associazioni: i Giuliani nel Mondo con sede a Trieste e l’associazione nazionale Dalmata, la più antica della diaspora giuliano dalmata fondata nel 1919. “Mi fa piacere inserire questo spirito europeo nella commemorazione – ha commentato Tommaseo – Questa giornata, se si volesse riassumere con una solo parola, sarebbe foibe”.

Come in tutte le storie, però, ci sono molti lati nascosti. Uno di questi riguarda la Dalmazia. Molti non lo sanno, ma lì le foibe non esistono: non c’è alcune voragine carsica, soltanto il mare. Un mare in cui molti sono stati annegati.
Una vicenda familiare che si collega a questo dettaglio è quella dei Luxardo, fondatori della fabbrica nata nel 1821 a Zara, sulle coste della Dalmazia, che ancora oggi è specializzata nella produzione del Maraschino.
La Dalmazia era stata per oltre sette secoli parte integrante della Serenissima Repubblica di Venezia, prima di diventare capitale del Regno di Dalmazia e infine, dopo la prima guerra mondiale, exclave italiana, capoluogo della provincia di Zara circondata dalla Dalmazia jugoslava.
Lì, la fabbrica dei Luxardo fiorì e si sviluppò, fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale, che provocò anzitutto importanti restrizioni all’attività industriale e, nel novembre 1943, la quasi totale distruzione dello stabilimento per pesanti bombardamenti anglo-americani.

Dopo la ritirata delle truppe italiane e tedesche dalla Dalmazia, la zona venne occupata dai partigiani comunisti di Tito.
Gli abitanti della città furono obbligati a partire esuli verso la penisola, ma molti vennero uccisi: fra questi c’erano anche Pietro Luxardo e il fratello Nicolò con la moglie, annegati nel mare di Zara.
Padre Tommaseo aggiunge poi una nota personale alla commemorazione. Cita una donna, Emilia, nata vicino Fiume nel 1907 e finita a Termini Imerese nel 1948 fino alla morte, nel 1992. Tutti la conoscevano come “Emilia la profuga”, faceva la custode ed è morta in assoluta povertà e senza famiglia, ricordata solo dai locali. Tommaseo dedica la serata a lei e alle persone di Termini Imerese che l’hanno accolta con affetto e che ancora non l’hanno dimenticata, dopo trent’anni dalla sua scomparsa.
“Apprezzo molto il ricordo di una persona sconosciuta alla collettività – ha concluso il Console – e io stasera ho imparato tantissime cose. Grazie di avere condiviso questa testimonianza con noi. La forza di questi eventi sta proprio nel non lasciare che il tempo porti via le piccole storie umane”.
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