New York è fredda quando, davanti al Consolato Generale Italiano, inizia la lettura dei nomi delle vittime italiane dell’Olocausto, ricordate oggi nel giorno della memoria.
Un alternarsi incessante di uomini e donne, giovani e anziani, si mettono in fila per chiamarle una a una, mentre i passanti li osservano e si domandano cosa stia accadendo.
Iniziano alle 9 in punto e vanno avanti per ore. In coda ci sono anche alcune autorità cittadine: il Console Generale Fabrizio Di Michele, la Senatrice dello Stato di New York Diane Savino, i due Commissioner Edward Alexander Mermelstein e Dan Nigro, La Sottosegretaria Generale delle Nazioni Unite Melissa Fleming e l’Ambasciatore dell’Italia all’ONU Maurizio Massari. Tutti insieme per ricordare le migliaia di ebrei deportati dall’Italia nei campi di concentramento.

L’evento, organizzato con la collaborazione del Centro Primo Levi, chiama a raccolta chiunque si senta di prestare per qualche minuto la propria voce. All’appello rispondono anche gli studenti della Scuola Italiana Guglielmo Marconi. È la prima volta che partecipano a questo evento, ma non si tirano indietro. Uno dopo l’altro arrivano davanti al microfono e iniziano a leggere.
La voglia di far sentire la propria voce è tanta. Carlotta, prima del gruppo a prendere la parola, nota subito come molti dei cognomi nell’elenco siano uguali tra loro. Sono il segno di tante famiglie sterminate dalla follia dell’antisemitismo. “Rendersene conto è toccante – confessa – e continuare a parlarne è utile, perché i testimoni oculari di quell’inferno sono sempre meno”.
Luca focalizza l’attenzione sull’impatto che la Shoah ha avuto nella storia: “È stata devastante”. Karina apprezza che il punto di lettura sia stato allestito all’aperto, sotto gli occhi di tutti, “così le persone possono fermarsi e dare un contributo”.

Chi è rimasto davvero colpito dall’atmosfera venutasi a creare davanti al 690 di Park Avenue è proprio chi a quel civico lavora ogni giorno. Il Console Generale Fabrizio Di Michele, arrivato in città lo scorso anno. “L’importanza dell’evento la conoscevo – racconta – ormai è radicato da due decenni, però farne parte e vivere la cerimonia in prima persona è stato più toccante e difficile di quanto mi aspettassi. Qui si percepisce un vero senso di comunità, con la gente che viene spontaneamente a leggere i nomi”. Nomi che non sono soltanto numeri. Ognuno di loro nasconde una storia, brevemente raccontata nel volume che li raccoglie tutti.
Alcuni membri della comunità ebraica non se la sentono di leggere, altri decidono di non partecipare proprio alla commemorazione. Troppo forte è ancora il dolore e troppo nitido il ricordo dei racconti di chi quegli anni li ha vissuti. “Sento esattamente le stesse emozioni che provo per i morti delle Torri Gemelle”, dice Giulio Piccoli, che dal 2002 organizza la lettura dei nomi dei caduti dell’11 settembre.

“Quest’anno è stato difficile organizzare – prosegue il Console – ma siamo riusciti ad avere un’adesione importante anche da parte delle scuole e degli studenti. Questo credo sia un aspetto fondamentale: vogliamo educare le giovani generazioni, quindi avere rappresentanti della comunità ebraica e di quella studentesca è per noi di enorme importanza”.
Alle sue parole si aggiungono anche quelle di Natalia Indrimi, direttrice del Centro Primo Levi di New York, che sottolinea come durante tutto l’anno, e non solo il 27 gennaio, vengano organizzate “iniziative di studio su questioni sollevate da Primo Levi. Riflettiamo su quali siano i pilastri di una vita democratica, sul rapporto tra l’uomo, il pianeta e la natura, sul limite etico entro cui la scienza deve muoversi e portiamo avanti programmi sulla storia della minoranza ebraica in Italia, dall’epoca dell’impero romano fino a oggi”.
Un monito, infine, arriva da Alessandro Cassin, che del Centro Primo Levi è Vicedirettore.
“Se guardiamo i giornali si parla sempre dell’antisemitismo in crescita, ma ora ci sono problemi più pressanti, soprattutto negli Stati Uniti, dove vivono minoranze che soffrono di più. L’antislamismo, ad esempio, è fortissimo in questo momento”.

Nel frattempo le ore passano e la lettura continua. La temperatura non si alza, ma le persone non si scoraggiano. Rimangono lì, in fila, al freddo, pronte per prendere di nuovo la parola.
Fino all’ultimo nome, fino all’ultima lettera. Per dire a tutti addio e ricordare che, anche se gli anni passano, la memoria rimane. Per dare dignità a quelle persone alle quali in vita, la dignità, è stata tolta.