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Sabato di follia a New York: Donna spinta sotto il treno nella subway a Times Square

Di origini asiatiche, la quarantenne è morta sul colpo. Si è costituito l'homeless autore dell'azione folle, si chiama Simon Martial. Che farà il sindaco Adams?

Andrea ViscontibyAndrea Visconti
“Uomini talpa” di New York, pericolosi vagabondi o eroi ribelli del nostro tempo?

Subway, NYC: Street People (Foto di Terry W. Sanders)

Time: 4 mins read

Quante volte all’anno passo per Times Square in metropolitana? Quante volte cambio dalle linea 2 — la rossa come la chiamano gli italiani — alla R per andare downtown? Oserei dire che è la linea della metrò che uso più di frequente. Posso quindi chiudere gli occhi e immaginarmi con ricchezza di dettagli la banchina lungo il quale sabato è avvenuto per l’ennesima volta uno dei più strazianti episodi di violenza urbana — una persona è stata spinta davanti a un treno in corso.

Erano le 9 e 40 del mattino e una donna di quarant’anni stava aspettando l’arrivo del convoglio R. Asiatici i tratti del volto. Stava forse andando a Chinatown, visto che la linea R porta proprio da quelle parti? I particolari non sono ancora noti, ma quello che già si sa è che da un istante all’altro la donna con uno spintone si è ritrovata sui binari con un convoglio in arrivo. Per lei non c’è stato nulla da fare. Morta sul colpo mentre altri passeggeri guardavano inorriditi. Impietrite di terrore soprattutto le due donne che erano con lei al momento della tragedia.

Sorprendentemente l’autore del tragico gesto si è costituito volontariamente. “Ho appena spinto una donna davanti a un treno della metropolitana in arrivo”, ha detto Simon Martial presentandosi di sua spontanea volontà al Transit District 2, il commissariato dei mezzi pubblici a Canal Street.

Martial ha sessantun’anni, è afro-americano e risulta non avere fissa dimora. Una fotografia la ritrae in manette quasi sorridente che tira fuori la lingua in direzione del fotografo. È stato portato al commissariato di polizia di Midtown sulla 35sima Strada dove è stato messo sotto interrogatorio. Si attendono ulteriori particolari.

Ma non penso sia necessario aspettare i verbali della polizia per concludere che si tratta di uno squilibrato. Che sia clinicamente pazzo oppure fuori di testa per le circostanze in cui vive, questo fa poca differenza. Quello su cui concentrarsi in questo momento è che la metropolitana di New York è ritornata a essere pericolosa. Assalti, stupri, furti, ma anche la paura di perdere la vita orribilmente e stupidamente come l’ha persa quella poveraccia morta sabato.

Era una persona qualunque. Lei e Simon Martial non si conoscevano. Non si erano neppure scambiati una parola. Non c’era stato né un battibecco né un diverbio. Nel normale tran-tran di una gelida giornata invernale un uomo ha agito a caso su una vittima qualsiasi. Sarebbe potuto succedere a me, se mi fossi trovato io in attesa della metropolitana a Times Square.

Viene da pensare che forse il senzatetto abbia buttato la donna sui binari in reazione al fatto che è asiatica. E allora? Questo fa stare più tranquilli quelli di noi che non sono asiatici? Un altra potenziale vittima avrebbe potuto essere ispanica. Oppure un ebreo, un nero, un obeso, un trans, un alto, un magro. Non fa differenza. Siamo tutti potenziali vittime di una spinta che in un attimo ci fa fare una orribile fine.

Vediamo nello specifico quello che si sa per il momento su Simon Martial.

La sua fedina penale è sporca. Di lui si sa che dal 1998 a oggi è stato arrestato dieci volte. Con l’aggravante di questo lungo elenco di arresti era finito in prigione nel 2018 per avere assaltato un uomo che stava salendo in auto sulla centralissima Sixth Avenue. “Sono armato. Dammi i contanti,” aveva intimato Simon. Era il 9 agosto del 2017 e, messo sotto processo, l’uomo era finito dietro le sbarre per tentata rapina. Era stato condannato a due anni in un carcere statale ed era tornato in libertà meno di cinque mesi fa, nell’agosto 2021.

Martian Simon ha un lungo passato di malattia mentale. “Da oltre vent’anni prende farmaci ed va e viene da un istituto mentale all’altro”, ha dichiarato al quotidiano New York Post sua sorella Josette. Lei ha cercato di difendere la reputazione del fratello dicendo che per un certo periodo aveva fatto il custode di un parcheggio a pagamento e guadagnando benino.

Che cosa può fare il neo eletto sindaco Eric Adams per proteggere chi usa la metropolitana ed è, giustamente, terrorizzato? Come può il Primo Cittadino di New York vietare ai matti di frequentare i mezzi pubblici? Tempo una manciata di ore dall’orribile episodio e già volavano le accuse contro il suo predecessore. È colpa dell’ex sindaco Bill de Blasio se ci sono così tanti senzatetto in metropolitana? In parte è vero, ma si tratta di uno degli effetti collaterali della pandemia. Quando il Covid aveva incominciato a diffondersi a New York De Blasio aveva dato disposizione che i ricoveri per senzatetto venissero chiusi per evitare che diventassero focolai di contagio. In alternativa la città aveva spostato la popolazione degli “homeless” in alberghi rimasti vuoti a causa della totale assenza di turismo.

Ora Eric Adams a per le mani una patata bollente. Deve contemporaneamente — e senza perdere tempo — rilanciare l’economia incoraggiando le aziende a far tornare i dipendenti a lavorare in ufficio rimettendo così in moto il settore terziario. In tutto questo un anello essenziale del rilancio sono i trasporti urbani che hanno bisogno di gente che li usi al fine di stare finanziariamente a galla. Ma come ci si può aspettare che i newyorkesi tornino in massa a usare la metropolitana quando episodi come quello di sabato diffondono il terrore fra la popolazione?

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Andrea Visconti

Andrea Visconti

Andrea Visconti New York Stories è anche il nome della mia pagina Facebook. É una rubrica in cui cerco di cogliere spunti di riflessione sulla quotidianità nella più importante metropoli al mondo, al di là del suo glamour. Per oltre vent’anni sono stato corrispondente da New York per i giornali locali del Gruppo Espresso/Repubblica. Ho collaborato a La Repubblica e al settimanale L’Espresso, lavorando anche nel settore multimediale con video per Repubblica TV e un podcast per Repubblica Sera. Sono stato per anni collaboratore di Radio Capital con uno spazio settimanale fisso su New York.

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