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October 29, 2021
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Attacco nostalgico sull’Upper West Side tra le ultime cabine telefoniche di New York

Sulla West End Avenue ci sono ancora quattro cabine telefoniche pubbliche funzionanti e lì scorrono i ricordi delle chiamate di 180 secondi in Italia

Andrea ViscontibyAndrea Visconti
Attacco nostalgico sull’Upper West Side tra le ultime cabine telefoniche di New York

Una cabina sulla West End Avenue e 66 Street

Time: 3 mins read

Nei giorni scorsi ho ordinato un iPhone 13 che sostituirà l’iPhone X che avevo comprato quattro anni fa. Non che abbia 1400 dollari che mi bruciano in tasca, ma per un nuovo progetto su cui sto lavorando ho bisogno di molti più gigabites di quanti il mio vecchio aggeggio del 2017 non mi consenta.

Mentre attendo la data fatica della consegna — dovrebbe arrivarmi appena prima di Thanksgiving — sullo schermo del mio iPhone mi appare una notizia sotto forma di una email. “Sono tutte nel quartiere della Upper West Side le ultime quattro cabine telefoniche ancora in funzione a New York”. Di colpo, provo un’esplosione di emozioni.

Incominciamo col dire che da sempre abito sulla Upper West Side. Ci approdai nel 1983 direttamente da Milano e non l’ho mai lasciata. Di appartamenti ne ho cambiati molti. Prima sulla 64sima e Central Park West, poi la 75sima e Columbus, un’altro sempre sulla 75sima e Columbus, poi poco più in su sulla 77sima, poi poco piú in giú sulla 73sima  fino a prendere il coraggio a quattro mani e fare il balzo a ovest di Broadway, psicologicamente una frontiera che mai avevo pensato di superare. Da più di dieci anni sono su West End Avenue ed é qui dove si trovano le quattro cabine telefoniche rimaste. Una un po’ più a sud di casa mia, le altre tre poco più a nord.

Tornano alla mente quelle telefonate alla famiglia in Italia all’inizio degli anni ’80. Chiamavo sempre da un telefono pubblico in strada dove infilavo i “quarter” necessari per la chiamata passando per un operatore che inoltrava la telefonata solamente dopo che i quarter fossero stati depositati. Se non ricordo male, la tariffa preferenziale era poco piú di tre dollari per i primi tre minuti, mentre per ogni minuto successivo erano quasi due dollari. Una cifra spropositata per un giovane squattrinato come ero io ai tempi. Arrivavo alla cabina telefonica con un foglietto sul quale avevo scribacchiato le cose che volevo dire in fretta e furia ai miei genitori, condensate in cento ottanta secondi.

Le cabine telefoniche servivano anche per normali chiamate urbane e interurbane. Mi fa specie usare queste parole per differenziare il tipo di telefonata. Ormai non ci si pensa più. Un prefisso telefonico ha perso significato da quando il costo delle chiamate è inglobato in un’unica tariffa mensile. Questa non comprende le telefonate internazionali, ma con whatsapp, messenger, FaceTime e quant’altro chi più ha bisogno di spendere soldi per chiamare oltreoceano?

Per le chiamate urbane da una cabina telefonica si usava la monetina da dieci centesimi. Un “dime” era sufficiente nei primi anni ’80, ma presto si era passati al “quarter” accertandosi sempre di avere quella monetona che ballava in tasca per fare una telefonata in corsa dalla strada. Gli anni dei cellulari erano ancora lontani. Il Blackberry non sarebbe stato lanciato fino al 1999 e il primo iPhone non raggiunse il pubblico fino al 2004.

Innumerevoli le volte in cui c’era bisogno di telefonare da una cabina e invariabilmente c’era la fila. Imprevedibile quanto sarebbe stata al telefono la persona prima di noi. I più gentili facevano sapere che la chiamata sarebbe andata avanti per un po’. Gli altri, incuranti delle urgenze altrui, si arrogavano il diritto di tenere il volto verso l’apparecchio telefonico per evitare la sguardo di chi in coda fremeva per chiamare. Quante sbuffate avevo fatto in quegli anni! Quante volte avevo chiesto “Are you going to be long?” prima di andarmene furibondo alla ricerca di un’altra cabina.

Sembra un altro mondo, vero? Un mondo che torna alla mente davanti a quelle quattro cabine telefoniche lungo trentacinque isolati di West End Avenue. Cabine con struttura in metallo e grandi vetri per dare massima visibilità alla persona al suo interno, evitando così che i senzatetto le usassero per trovare riparo o addirittura per fare i propri bisogni.

I senzatetto ci sono ancora, forse più numerosi di quanto non fossero negli anni ’80; le cabine telefoniche invece no, non ci sono più, sostituite ora da chioschi per ricaricare gratuitamente il cellulare. Sono riconoscibili grazie a una grande scritta, LinkNYC. É stato il Dipartimento per la Tecnologia e le Comunicazioni a portare questa innovazione. Forse perché ormai anche i senzatetto hanno il cellulare. Non hanno un tetto sopra la testa, non hanno una casa con prese della corrente, ma hanno un cellulare che ha bisogno di essere ricaricato.

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Andrea Visconti

Andrea Visconti

Andrea Visconti New York Stories è anche il nome della mia pagina Facebook. É una rubrica in cui cerco di cogliere spunti di riflessione sulla quotidianità nella più importante metropoli al mondo, al di là del suo glamour. Per oltre vent’anni sono stato corrispondente da New York per i giornali locali del Gruppo Espresso/Repubblica. Ho collaborato a La Repubblica e al settimanale L’Espresso, lavorando anche nel settore multimediale con video per Repubblica TV e un podcast per Repubblica Sera. Sono stato per anni collaboratore di Radio Capital con uno spazio settimanale fisso su New York. Andrea Visconti New York Stories is the name of my Facebook Page. In my online column I try to develop topics that make us reflect on life in the most important metropolis in the world. For over twenty years, I was the New York based correspondent for the chain of regional newspapers of La Repubblica/L’Espresso. I contributed to La Repubblica and to the newsweekly L’Espresso, with a special interest in their multimedia platforms, such as Republica TV and Repubblica Sera. For several years I contributed to Radio Capital with a weekly radio spot from New York.

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