Nel silenzio dei relitti delle Torri Gemelle, qualche giorno dopo l’attacco, un suono inconfondibile si alza dalle macerie. Un abbaio vigoroso, poi un altro e un altro ancora: un esercito di cani da ricerca è impegnato giorno e notte nella speranza di trovare ancora vivo il corpo di qualche disperso.
Tante razze, tanti colori, tanti modi diversi di fare il proprio lavoro, ma un’unica e acutissima voglia di regalare alle famiglie un sorriso insperato. Per più di una settimana i loro sforzi sono andati avanti. Molti, nell’estremo tentativo di salvare l’insalvabile, hanno perso la vita.
A poche ore dal 20° anniversario dell’attentato dell’11 settembre, il Museum of the Dog dell’American Kennel Club di New York ha aperto una mostra intitolata “9/11 Remembered: Search & Rescue Dogs” e dedicata proprio ai cani che, per salvare l’uomo, hanno sacrificato loro stessi.

Ricky era un rat terrier alto poco più di 30 centimetri e, per via della sua dimensione, veniva considerato un maestro nell’imbucarsi tra le strette fessure dei palazzi rasi al suolo dalle esplosioni. Riley un golden retriver giocoso e vivace, che per la sua resilienza è diventato famoso in tutto il mondo grazie ai fotografi che, in quei giorni, lo hanno immortalato in bilico sui mezzi di fortuna messi in piedi dai vigili del fuoco per portare avanti le ricerche.
Ma non c’è solo 11/9 tra le sale allestite da Alan Fausel, il direttore esecutivo del museo. Ci si può infatti trovare di fronte anche al ricordo di Barry, un San Bernardo che in Svizzera ha salvato per tutta la vita le vittime delle valanghe, o a quello di Rex, capace di portare in salvo un intero treno di persone bloccate nella Sierra Nevada degli anni ’50.

“Osservi gli sguardi stanchi di questi cani anziani – ha detto la presidente del museo Alice Greenwald – e con l’aiuto delle immagini di dieci anni prima puoi immaginare cosa hanno visto con quegli occhi”.
Dei tanti cani presenti al Ground Zero, uno in particolare, Track, ha avuto un ruolo fondamentale nel salvataggio di un uomo rimasto bloccato tra le macerie. Era un pastore tedesco arrivato dal Canada insieme al suo padrone, un poliziotto proveniente dalla Nuova Scozia che per i suoi meriti è stato insignito da Jane Goodall, l’antropologa ed etologa nota in tutto il mondo, di un premio per il servizio umanitario. A Track quell’impegno gli è costato la vita: morto esausto a causa delle ustioni e delle eccessive inalazioni di fumo tossico.
L’ultima di loro a rimanere in vita è stata Bretagne. Aveva 16 anni quando, di fronte al saluto ossequioso delle forze armate, ha percorso l’ultimo tratto del vialetto di una clinica veterinaria a Houston, in Texas, dove è stata sottoposta all’eutanasia. Di anni ne aveva invece solo 2 quando insieme a Denise Corliss, la sua istruttrice, prese parte alle operazioni di soccorso della Texas Task Force 1, una missione inviata appositamente a New York dopo il crollo delle Torri alla ricerca di eventuali sopravvissuti. Cane e padrona, sempre al lavoro insieme, presero parte anche agli aiuti necessari dopo il passaggio dell’uragano Katrina nel 2005.

L’esposizione è stata inaugurata come un continuo del K-9 Courage, il Museo dell’11 settembre adiacente al luogo delle stragi che ha aperto nel gennaio 2020. Al centro sono ritratti 15 cani al lavoro tra le rovine delle Torri Gemelle, firmati dalla fotografa Charlotte Dumas.
Cani che non si sono fermati quando, tra le fiamme ancora accese degli scheletri dei palazzi, bruciava di tutto. Plastica, materiali chimici e pannelli isolanti hanno reso in quei giorni acre l’aria di New York, ma anche tra gli odori asfissianti i cani non hanno mai smesso di cercare. Un impegno che hanno pagato con la vita e che oggi la città ricorda con rispetto.