Che cosa serve per rimettere in piedi New York dopo più di un anno di pandemia? Serve l’amore. Parola di Paperboy Love Prince, che si è candidato alla poltrona di sindaco che Bill De Blasio sta per lasciare libera.
Più eccentrici di Paperboy Love Prince ce ne sono pochi. Questo rapper di ventinove anni originario di Brooklyn è candidato a sindaco dal dicembre 2020 in vista delle primarie del 22 giugno. Se dovesse emergere in fase di primarie potrà procedere verso le elezioni generali del 2 novembre. “La gente sente bisogno di amore. Sente la necessità di energia e di passione. I newyorkesi vogliono eleggere qualcuno che abbia la stessa carica che loro si sentono dentro quando si vedono recapitare sotto la porta una nota di sfratto”, ha detto Paperboy Love Prince in un’intervista rilasciata al canale News12.
La sua carica d’energia emerge anche nell’aspetto fisico. Ama presentarsi davanti al pubblico in abbigliamenti eccentrici che per lui sono intrinsechi nella sua arte. “Mi sono reso conto di quanto siano importanti arte e fashion nella nostra città”, ha detto facendosi intervistare con turbante giallo canarino, giaccone arabeggiante in raso color fucsia e catene dorate al collo. “La cosa più importante da affrontare è l’odio sociale a cui possiamo rispondere in un modo solo: con l’amore. Molta gente pensa che sia uno scherzo da hippie, ma io ci credo veramente. C’è bisogno che all’interno della comunità circolino messaggi incoraggianti e positivi”.
Dovesse essere eletto, l’eccentrico Paperboy Love Prince si farebbe chiamare con questo nome oppure con la sua identità di nascita, David Porter Jr.? Forse la decisione giusta gli verrà suggerita da Theo Demel, il manager della sua campagna elettorale. Theo ha tredici anni e sta aiutando il rapper a raccogliere due milioni di dollari per sostenere la sua candidatura.
Lascio a voi il giudizio se Paperboy Love Prince sia in grado di prendere il posto di Bill De Blasio, ma approfitto di questo momento per farvi riflettere su quanto sia importante la scelta del prossimo sindaco della Grande Mela.
Se New York City fosse una nazione sarebbe al centotreesimo posto per numero di abitanti. Nella lista apparirebbe appena dopo Israele e la Serbia e appena prima di Togo, una nazione africana che conta poco meno di 8,3 milioni di abitanti. Ma c’è di più: la Grande Mela come stato indipendente si troverebbe piuttosto in alto nella graduatoria perché esistono ben centotrenta paesi al mondo la cui popolazione è inferiore a quella complessiva dei cinque distretti che formano New York — e cioè Manhattan, Brooklyn, Queens, il Bronx e Staten Island.

Ho voluto precisare questi numeri per far capire come mai non abbiamo scelta: tutti noi che amiamo New York dobbiamo prestare attenzione alle prossime elezioni per il sindaco. A novembre i newyorkesi sceglieranno il successore di Bill De Blasio, una posizione così rilevante dall’essere alla pari di un presidente o un primo ministro. Non si tratta di un parallelo esagerato: basti pensare che il GDP di New York City nel 2019 (ultimo dato disponibile) fu di 157 miliardi di dollari (stiamo parlando di una cifra con dodici zeri), non molto lontano dal GDP dell’Italia che nello stesso anno fu di 200 miliardi di dollari.
Mai le elezioni per il nuovo sindaco sono state così importanti. Il primo cittadino di New York erediterà una città profondamente alterata dalla pandemia. A lui (lei?) spetterà il compito di riportare la vita nel cuore dei due centri direzionali (la zona centrale dei grattacieli e quella finanziaria intorno a Wall Street). Dovrà pompare vita nell’enormi industrie della ristorazione e dell’ospitalità che hanno sofferto moltissimo nell’ultimo anno. Dovrà ripensare al rapporto fra forze di polizia e comunità alla luce della cultura razzista emergente fra gli uomini e le donne in divisa. Dovrà inventare modi per riportare a New York milioni di turisti americani e stranieri che costituiscono uno zoccolo essenziale dell’economia. Dovrà far ripartire il sistema scolastico azzoppato dal Covid. Dovrà preparare il sistema ospedialiero e medico ad affrontare nuovi possibili focolai di contagi. Per non parlare poi dei trasporti pubblici e della metropolitana che era in crisi già prima del lockdown.

Il sindaco dovrà necessariamente andare d’accordo con il governatore di New York State, un rapporto di odio-amore espresso perfettamente nella relazione fra De Blasio e Cuomo. Dovrà soddisfare le volontà dei superricchi (soprattutto in tema di imposte) ma dovrà governare anche per le minoranze etniche e coloro che vivono nelle periferie. È lungo l’elenco di questioni fondamentali di cui si dovrà occupare il successore di De Blasio ma quello che non va sottovalutato è che il candidato vincente dovrà avere le spalle grosse, il sorriso facile e la capacità di comunicare. Storicamente infatti i sindaci più efficaci di New York sono sempre stati individui dalla personalità forte espresso in modo quasi istrionico. Come potrebbe essere altrimenti in una città dove sono presenti e potentissimi tutti media americani e mondiali. Il sindaco è costantemente sotto lo scrutinio di giornali e televisioni, da cui non scappa neppure per un istante, ventiquattre’ore su ventiquattro. New York non è una città per mollaccioni o per “nice guys.”
Siamo pronti dunque per informarci un po’ su chi sono i personaggi che ambiscono alla poltrona di “Mayor of New York City”? Mi rendo conto che spesso ne abbiamo abbastanza dei politici nostrani, senza bisogno di occuparci pure di quelli stranieri. Ma in vista delle primarie del 22 giugno ci proverò nelle prossime settimane a farvi conoscere gli uomini e le donne che ritengono di avere le idee giuste per governare per i prossimi cinque anni New York, forse l’unica città che veramente appartiene al mondo.