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February 16, 2021
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Nelle città d’America quei malati mentali senza tetto, bombe esplosive e abbandonate

Una persona con malattie mentali spesso non è in grado di gestire la sua salute così i crimini commessi da questi quasi sempre homeless sono inevitabili

Massimo JausbyMassimo Jaus
Nelle città d’America quei malati mentali senza tetto, bombe esplosive e abbandonate

Senzatetto, street people, homeless, couple FOTO: Terry W Sanders 06/20

Time: 5 mins read

È la New York violenta che ha come scenario la Corte dei Miracoli di Manhattan. È sotto gli occhi di tutti, di tutti quelli che almeno una volta hanno preso la metropolitana, che sono passati dalla Pennsylvania Station, o nel mondo sotterraneo della 42ma Strada. Un mondo di alienati senzatetto abbandonati a loro stessi dove violenza e paranoia si fondono. Dove alcol, droga, povertà, alienazione, sono il denominatore comune. Una società davanti agli occhi di tutti, ma che nessuno vuole vedere.

Fa cronaca l’atto violento, come nel weekend scorso commesso da un homeless di 21 anni, Rigoberto Lopez, che, apparentemente senza motivo, ha ucciso due persone a coltllate e ne ha ferite altre due. New York Times, Daily News, NY Post evidenziato come il sindaco e il capo della polizia abbiano impiegato 500 agenti per dare la caccia all’assassino. Neanche una parola, invece, sulla mancata protezione sia della società, che del folle omicida. Già perché Rigoberto Lopez è anche lui una vittima. Arrestato, portato davanti al magistrato, incriminato di duplice omicidio e di due tentati omicidi, però per il momento la giustizia si è fermata per le valutazioni mentali dell’imputato che nel frattempo resta in carcere senza possibilità della libertà su cauzione. Esami psichiatrici di rigore, ma molto probabilmente inutili perché i medici conoscono i problemi di Rigoberto Lopez, che anche se così giovane, ha una lunga storia con le cliniche psichiatriche. Per quale motivo una persona pericolosa per se e per la società, con seri problemi mentali, è abbandonata a se stessa?

Stuyvesant Park, New York. 7 luglio, 2020 (Foto di Terry W. Sanders)

La storia comincia nel 1981, con la presidenza di Ronald Reagan. A novembre, dopo il clamoroso fiasco della liberazione degli ostaggi americani in Iran, il Paese cambiò pagina e votò per il carismatico attore ex governatore della California e dopo 26 anni i repubblicani riconquistarono la maggioranza al Senato, mantenendo anche la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti. Pochi mesi prima l’allora presidente Jimmy Carter, tra le ultime decisioni di fine mandato, approvò il Mental Health Systems Act, una legge che concedeva enormi finanziamenti federali  ai centri di igiene mentale locali in tutti gli Stati Uniti. Una disposizione lungamente studiata dagli specialisti del settore che evidenziarono come la media nazionale per i ricoveri in ospedale sia di 3/4 giorni mentre nelle cliniche psichiatriche i ricoveri sono lunghissimi, quindi molto più costosi. In base a questi finanziamenti vennero progettati centinaia di centri per tutto il Paese. Neanche un mese dopo le elezioni Ronald Reagan annullò completamente il Mental Health Systems Act, togliendo anche parte dei finanziamenti federali precedenti che venivano dati ai centri di igiene mentale. Né Reagan, né prima di lui, Nixon, due californiani, capirono i problemi psichiatrici legandoli in qualche modo al comunismo.

30 Marzo 1981: il presidente Ronald Reagan alcuni istanti prima dell’attentato di John Hickley (Wikipedia)

Due mesi dopo la sua Inauguration, Ronald Reagan fu gravemente ferito in un attentato compiuto da John Hickley, un giovane con problemi di schizofrenia non curata. Due anni dopo Reagan contattò l’ospedale psichiatrico dove il giovane era stato internato. Disse che voleva perdonare l’attentatore. Howard Baker l’ex ministro del Tesoro e suo chief of staff scrisse nelle sue memorie che Reagan era ossessionato dall’idea che qualcuno lo volesse uccidere e soprattutto voleva sapere iI motivo dell’attentato. Il direttore del Saint Elizabeth Hospital, il centro psichiatrico dove Hinkley era stato internato, sconsigliò la visita. Proprio in quei giorni il fiscalista e amico di Reagan, Roy Miller, gli confidò che il primo figlio si era suicidato nel 1981 e il secondo aveva ucciso la madre nel 1983. Entrambi soffrivano di schizofrenia. Nonostante queste esperienze dirette e i racconti “ravvicinati”, Reagan non si interessò mai ai problemi della salute mentale. Lui, californiano doc, considerava le malattie della psiche una debolezza, una invenzione dei salotti liberali. Un po’ alla John Wayne per il quale gli uomini “veri” sono i “buoni” dei film e non possono soffrire di malattie mentali. E poi la California con il Lanterman Petris Short Act rimosse dagli ospedali psichiatrici tutti i pazienti che soffrivano di malattie della dipendenza. Fu passata come una legge progressista e innovativa, perché rimetteva nella società tutti quei malati che, grazie alle medicine che venivano loro somministrate negli ospedali psichiatrici non davano più segno di squilibri. E tra le malattie della dipendenza fu inclusa anche la schizofrenia. Non fu tenuto conto che una persona con gravi malattie della psiche non sia in grado di autoregolamentare le medicine che deve prendere e poi che gran parte dei malati ricoverati erano homeless e non c’era nessuno che potesse dare loro le medicine.

Un senza tetto a SoHO, Manhattan, novembre 2020. (Foto di Terry W. Sanders)

Così nel nome delle libertà civili vennero chiusi i centri di assistenza pubblici e i malati tornarono in circolazione.  Chiusi gli ospedali pubblici fiorirono quelli privati in cui tutti i magistrati mandavano le persone arrestate, la maggior parte per ubriachezza e resistenza all’arresto per le quali dopo il secondo fermo di polizia per lo stesso reato veniva richiesta la perizia psichiatrica. Per una strana “coincidenza” che le società proprietarie delle case di cura private, come la Beverly Enterprise che gestiva 38 centri psichiatrici nel Golden State, erano tra i maggiori contribuenti della campagna elettorale di Reagan. E il “modello California” fu esportato in tutti gli Stati. Vecchi e malandati hotel della suburbia vennero trasformati in centri di igiene mentale: 20 camere, due medici, 4 infermieri, 8 pillole e la malattia dopo due giorni era stata sconfitta. Nello stato di New York vennero rilasciati in quegli anni l’85% dei pazienti che soffrivano di malattie mentali, per lo più homeless. Nello stesso tempo furono tolti tutti i fondi federali per gli ospedali pubblici degli Stati. E da allora nessun presidente, tranne Obama che aveva incluso le malattie mentali nell’Affordable Care Act, ha voluto, o ha avuto la forza politica di cambiare la legge.

Homeless in una strada di New York (Foto di Anthony Quintano/Wikimedia)

Negli Stati Uniti ci sono circa 2 milioni di homeless, per lo più concentrati nelle grandi città: New York, Chicago, Los Angele, San Francisco, Miami perché nelle grandi città ci sono quel minimo di strutture sociali, anche private,  per accoglierli. Di questi 2 milioni di homeless il 25 % soffre di qualche forma di malattia mentale, dalla schizofrenia al bipolarismo. Un altro 8%  degli homeless soffre di disturbi psicotici dovuti all’alcol o alla dipendenza da droghe. Un altro 7%, in maggioranza ex militari, soffrono di disturbi da stress post traumatico. Questi ultimi hanno una ottima assicurazione con la Veteran Administration ma il problema è sempre lo stesso: se una persona è malata e non in grado di comprendere non si presenta da solo al centro di igiene mentale.  Inoltre a New York il 21 per cento delle persone arrestate sono, o sono state nel corso dell’anno, homeless. A novembre 2020 c’erano più di 57 mila homeless a New York. Leggendo le statistiche un dato che colpisce è che molti degli homeless con disturbi mentali hanno una assicurazione medica, sia privata, sia Medicare che Medicaid. E il problema è sempre lo stesso: una persona con malattie mentali molto spesso non è in grado di gestire la sua salute.

Si può essere sorpresi se un povero tormentato come Rigoberto Lopez abbandonato alla sua follia commette un gesto così violento? 

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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