Bill De Blasio, dall’alto del suo metro e novantotto di statura, aveva detto che quest’anno non ci sarebbe stata nessuna commemorazione per le vittime del World Trade Center. Niente lettura dei nomi a Ground Zero e niente Tribute in Light, cioé quelle due potenti fasce luminose che per diciotto anni ogni 11 di settembre hanno ricreato nel cielo buio di New York l’illusione di quelle due torri che si sgretolarono davanti agli occhi del mondo intero nel 2001.

La motivazione di De Blasio? Perché l’allestimento avrebbe messo a rischio quella trentina di tecnici delle luci necessari per il Tribute in Light. Avrebbero dovuto lavorare a stretto contatto per una decina di giorni e col Covid nell’aria sarebbe stato pericoloso. É ammirevole che il Primo Cittadino di New York abbia a cuore la salute di trenta suoi concittadini, ma sorprende che non avesse pensato che una decisione del genere sarebbe stata boicottata.
Ci ha pensato il governatore Andrew Cuomo a fare marcia indietro e dare ordine che le torri di luce risplendano come sempre in questa diciannovesima commemorazione della strage delle torri gemelle. In un anno difficile come il 2020 il Tributo in Luci è molto di più che un gesto con cui commemorare le 2753 vittime dell’attentato. É anche un simbolo di unità. mentre la città è messa a dura prova dal Covid. Anche adesso come allora è la città stessa a essere vittima, al di là delle quasi tremila persone che persero la vita in quel lontano 11 settembre. Oggi New York è vittima di negozi che chiudono per sempre, residenti che si trasferiscono altrove e uffici che non riapriranno per mesi e mesi. Ma vittima anche di moltissimi ristoranti che non riusciranno a sopravvivere. Ma c’è di più: New York è vittima della disoccupazione al 20 per cento e della piaga dei senzatetto che sono oltre 65 mila. E sono proprio questi ultimi che mi portano a parlare di un altro grosso errore fatto da De Blasio nelle ultime settimane.
Col corona virus impazzito l’epidemia rischiava di dilagare in modo spaventoso nei ricoveri per i senzatetto. Ecco allora che De Blasio aveva approvato un piano di spostare circa 13 mila senzatetto dai ricoveri a dozzine di alberghi vuoti a causa del coronavirus. In altre parole New York avrebbe investito fondi pubblici per finanziare centoquarantesette hotel in crisi a patto che mettessero a disposizione migliaia di camere per persone indigenti senza un posto dove dormire. Una sorta di soluzione per salvare capra e cavoli.

Peccato che in una particolare parte della città la decisione del sindaco abbia avuto un effetto boomerang. Quando quasi mille senzatetto erano stati trasferiti in diversi alberghi nel quartiere residenziale dell’Upper West Side i residenti del quartiere si sono ribellati. Era sorto online un gruppo di pressione che giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, aveva portato avanti proteste.
“Fra i senzatetto all’Hotel Lucerne ci sono quattro incriminati di pedofilia”, avevano gridato online, facendo rimbalzare le loro proteste sulle pagine del New York Post. “Ci sono drogati che si bucano davanti ai nostri bambini”. E ancora “Abbiamo visto uomini defecare in strada”. Ma anche: “Ci sono preservativi usati da tutte le parti”. In sintesi: con l’arrivo dei senzatetto la qualità della vita era peggiorata sensibilmente e, nonostante la Upper West Side abbia la reputazione di essere una delle zone più liberal e progressiste di tutti gli Stati Uniti, la gente ha detto no.
Tali sono state le pressioni che questa settimana De Blasio ha dovuto cedere. Dopo avere fatto un sopralluogo di persona all’Hotel Lucerne, ha stabilito che entro il 13 settembre tutti e 283 i senzatetto che risiedono lì verranno spostati altrove. “Ho osservato condizioni deplorevoli”, aveva dichiarato il sindaco annunciando la sua decisione. Dove andranno? Probabilmente in albergucci periferici dove la gente del quartiere non è organizzata per dare battaglia al sindaco.
I residenti tireranno un sospiro di sollievo ma continueranno ad avercela con De Blasio fino a quando non finirà il suo mandato nel novembre del prossimo anno. A tirare un sospiro di sollievo sarà forse anche Carl. Questo giovane afro-americano é senza fissa dimora e per mesi e mesi ha stazionato su Broadway all’angolo della 79sima Strada a sbraitare e dar fuori di matto, spesso a torso nudo. Ma i nuovi arrivati lo avevano costretto ad andarsene, perché quelle panchine in mezzo a Broadway le volevano loro per fare salotto.
Se De Blasio inciampa in due decisioni piccole come le commemorazioni per l’11 settembre e la collocazione temporanea dei senzatetto possiamo immaginare quanto facilmente inciampi in decisioni ben più complesse. Amato in Italia perché é italo-americano, viene spesso in Italia e parla italiano — é in realtà poco amato dai newyorkesi. E quando dico “poco amato” uso parole garbate. Sarebbe meglio se dicessi che la maggior parte dei newyorkesi non vede l’ora di liberarsene.
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