
Il 28 marzo 2018, il Centro degli Studi Italiani dell’Università statale di Stony Brook, Long Island, diretta dal Professore Mario Mignone, ha invitato l’ex Ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, John R. Phillips, che ha parlato in una sala piena di studenti e persone provenienti dai borghi locali e da NYC – di come si diventa ambasciatore negli Stati Uniti, di come si può lavorare per il Servizio Diplomatico delle ambasciate americane, e delle possibili sfide che l’Italia deve affrontare in questi giorni successivi alle elezioni politiche del 4 marzo del corrente anno.
L’ex ambasciatore americano inviato in Italia da Barack Obama, benché di nome sia prettamente inglese, ha in realtà un cognome assunto – cioè trasformato successivamente dalla sua famiglia friulana, di cognome “Filippi”, reduce delle primissime ondate migratorie italiane del primo novecento negli Stati Uniti.
Era stato un insegnante della scuola secondaria a cambiare il loro cognome in “Phillips”, e pare che l’abbia fatto per dare a uno zio del futuro ambasciatore, allora studente, la possibilità di inserirsi più facilmente nella società americana del tempo, in cui gli immigrati italiani non erano totalmente integrati.
Nonostante il cambio di cognome, la famiglia dei Phillips è rimasta molto attaccata all’Italia. Lo è specialmente l’ex ambasciatore, che possiede una villa in Toscana e che ha ristrutturato e modernizzato i ruderi di un villaggio agricolo toscano del tredicesimo secolo. Era chiamato Borgo Finocchietto, e lui l’ha convertito in un piccolo albergo di lusso (Boutique Hotel), che può ricevere fino a 44 ospiti.
Phillips, prima di accettare l’incarico di Ambasciatore dal Presidente Obama, era già considerato uno dei 100 più importanti avvocati di Washington, perché aveva lottato contro gli atti fraudolenti nei confronti del governo. Ed era già famoso anche per essere uno dei maggiori difensori dei “whistlebolwers”, cioé di quegli impiegati che portano alla luce atti illeciti e fraudolenti, e del loro diritto di citare in tribunale i violatori, siano essi enti privati o pubblici.

Durante l’udienza al Congresso Americano per la sua conferma di Ambasciatore, Phillips rivelò che il suo ufficio legale aveva aiutato il governo a recuperare ben 55 miliardi di dollari da compagnie che avevano frodato il governo.
Paragonando il sistema ambasciatoriale Italiano a quello americano, durante la conversazione con gli studenti di SUNY Stony Brook, Phillips ha detto che sono molto differenti. In Italia, per divenire ambasciatore, si deve seguire un iter formale di carriera diplomatica; al contrario, negli Stati Uniti, essa ha una natura completamente politica.
Il Presidente degli Stati Uniti, sorpassando completamente tutta la burocrazia, nomina ambasciatore un individuo di sua fiducia, prendendolo o meno dal mondo della politica. Una volta che questo è confermato dal Senato, il Presidente lo manda nella Nazione in cui servirà il mandato, da dove riporterà le notizie al Dipartimento di Stato e al Presidente senza alcun intermediario.
Infatti, dopo aver avuto contatti diretti con il Presidente – o Primo Ministro – di quella Nazione, il diplomatico aggiorna regolarmente il suo Capo di Stato rispetto alla situazione politica, le condizioni economiche e industiali ecc., del Paese che lo ospita. L’implicazione di maggior importanza è che, facendo degli studi del Paese, può cercare di prevedere, per il suo Presidente, quali saranno le possibili questioni e le condizioni future in cui quel determinato Stato ospitante si potrebbe trovare.

Phillips ha poi spiegato agli studenti, curiosi di ascoltarlo, come si possa accedere alla carriera diplomatica con il Foreign Service degli Stati Uniti. E ha rassicurato che non è poi così tanto difficile. Basta fare domanda e passare qualche esame. L’esperienza al Foreign Service è unica, ha detto, specialmente per quelli a cui piace viaggiare.
Riguardo alla situazione del governo italiano, così come si vede subito dope le elezioni del 4 marzo, l’ex-Ambasciatore Phillips ha dichiarato di essere perplesso, perché hanno vinto due partiti con posizioni estreme.
Il partito pentastellare con a capo Luigi Di Maio vuole istituire un “reddito di cittadinanza” ma che non è ancora molto chiara e convincente l’idea di come pagarlo. E poi c’è la Lega, l’altro partito vincente – di Matteo Salvini – che avrebbe il problema della Flat- tax (unica tassa per tutti) del 15% sulle entrate: chiaramente non genererebbe sufficienti entrate. Entrambe queste posizioni sono agli antipodi. Impossibile accordarle, per l’ex ambasciaotore.
Phillips ha poi riferito brevemente che il sistema d’istruzione italiano è molto arretrato, perché insegna poco l’inglese rispetto agli altri Paesi europei, e che questo rende gli studenti italiani poco competitivi. Ma è arretrato anche perché, purtroppo, l’80% dei giovani italiani esprimono il desiderio di emigrare dopo aver finito la scuola.
Inoltre, ha sottolineato la bontà italiana di ricevere a proprie spese tanti immigrati, ma anche le difficoltà che questo problema sta causando al Paese.
Al termine della sua presentazione, ci sono state varie domande da parte dei presenti. Per esempio, Phillips aveva menzionato che, durante il suo mandato, si era recato dal Primo Ministro italiano – allora Matteo Renzi – a chiedere il consenso dell’Italia per usare i droni per la Libia. Così, uno spettatore gli ha chiesto di confermare quello che aveva precedentemente detto.
“Certo,” ha risposto Phillips. “Dopotutto noi [Stati Uniti], utilizziamo il territorio che appartiene all’Italia. La richiesta è doverosa”. La domanda veniva da uno scrittore che, non avendo avuto la possibilità di intervenire durante la presentazione, gli ha chiesto poi – in privato – di commentare l’incidente dell’anno precedente ad Aviano, i cui abitanti si opposero alle installazioni di bombe atomiche americane nel loro Paese.
Philips, tuttavia, ha risposto di non poter rispondere a questa domanda, per ragioni di riservatezza e sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
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