Fuori dalla metropolitana, sulla Quarantadue, le prime gocce. Larghe, spesse, pesanti. La polizia, in impermeabile, transenna la Fifth Avenue, ancora vuota, e risponde alle domande di chi chiede come poter accedere alla parata. Per ragioni di sicurezza, si devono seguire percorsi obbligati. Al di là delle transenne, qualche organizzatore si assicura che tutto sia pronto. Manca poco. E agli angoli delle strade, altri agenti. Questa volta ancora più armati, con il giubbotto antiproiettile.

A New York non pioveva da giorni. Il cielo, rimasto azzurro per settimane, ha iniziato a riempirsi di nuvole alla vigilia. Ma la pioggia, a Manhattan, è arrivata all’improvviso, nel giorno della parata del Columbus day. Che dal 1971, si celebra il secondo lunedì di ottobre. E, ad aspettare la sfilata, centinaia di impermeabili appoggiati alle barriere. Che separano i carri colorati da chi osserva, magari con una bandierina in mano. Sui marciapiedi della Quinta ci sono tutti. Turisti, italo-americani, newyorkesi.

Sono quasi le 11 del mattino e, all’inizio della celebrazione, manca poco. Ai lati delle strade, i gruppi pronti a marciare si aggiustano le divise e i cappelli. Il suono delle cornamuse, delicato e leggero, attraversa le vie. E si confonde con “Nel blu dipinto di blu”. Ma anche con la voce di Frank Sinatra, che risuona dalle casse sui carri con “Somewhere beyond the sea”. Gridano “Viva l’Italia!”, in un italiano un po’ stentato. Alcuni parlano delle origini delle loro famiglie. “Sono nata qui ma i miei genitori arrivarono nel 1957”. E poi, ancora: “Il mio cognome è italiano, anche se io sono nato in America. I miei parenti arrivarono qui a metà Ottocento e non se ne sono mai andati”.

La parata ha inizio, nonostante la pioggia insistente. Musicisti, in divisa, sfilano concentrati. Insieme a loro, associazioni della comunità italo-americana, militari e istituzioni. Poi, a seguire, automobili italiane d’epoca e, persino, una Vespa. Musiche napoletane, Toto Cutugno, Padre Pio, tra una cornice di fiori gialli. Ancora emblema dell’italianità in America. Un mondo antico, lontano, che non esiste più. Come se gli italiani, immigrati qui negli anni Sessanta, portassero nel cuore l’immagine di un Paese perduto e consegnassero alla festa del Columbus Day quella memoria.

“Happy Columbus Day”, grida il sindaco di New York, Bill De Blasio, da un microfono. Sorride timido mentre fa un cenno di saluto ai passanti. Che non lo accolgono con lo stesso calore. Indossa una giacca a vento blu scura, dello stesso colore dell’ombrello che prova a ripararlo dalla pioggia. Ma non dalle grida di alcuni che, al suo passaggio, protestano e mostrano insofferenza. “Sono nata qui, ma come italiana non sopporto che la statua di Cristoforo Colombo sia inserita nella lista dei simboli d’odio della città e sono arrabbiata con il sindaco”, spiega una donna che, però, l’italiano non lo conosce affatto e parla soltanto inglese. “Quella statua è stata costruita da tanti italiani, come i miei genitori, che sono venuti qui e hanno lavorato 24 ore su 24, sette giorni la settimana. Hanno lavorato sodo e hanno costruito questa città. Per questo protesto”.
Colombo in realtà c’è ma non si vede. È una presenza di cartapesta su qualche carro, avvolta dal tricolore e dagli ombrelli. Ma in pochi vogliono parlare di lui, e quei pochi sono divisi. “Sono qui per festeggiare gli italiani in America. Questo è il giorno degli italiani negli Stati Uniti”, ci dice una signora. “Della questione della statua so poco, non credo però che la figura dell’esploratore genovese sia da considerarsi un simbolo d’odio: era un esploratore coraggioso”, ci confida un signore. Ma anche: “L’America esiste soltanto grazie a lui”, spiega una terza signora con un impermeabile trasparente addosso, ormai completamente bagnata. Rappresenta un istituto e tiene in mano, facendo attenzione che non prendano troppa pioggia, delle copie di una lettera aperta al Presidente Donald Trump, “perché continui a difendere quella statua”.

Il Columbus Day non si è esaurito con la parata lungo la Quinta Avenue. Alle 5pm, infatti, si è svolta una cerimonia al Consolato Generale d’Italia a New York. A fare gli onori di casa, il Console Generale Francesco Genuardi. A partecipare, tra gli altri, Jospeh Esposito (Commissioner per le emergenze), la Chief of Staff del Governatore Cuomo, Maria Comella, il Presidente della Conferenza dei Presidenti delle associazioni italo-americane Joe Guagliardo e lo Chief della NYPD Thomas Galati.