Tutti conoscono la High Line, l’ormai famosissimo parco ricavato dai vecchi binari della West Side Line, all’estremità occidentale di Manhattan. Ma la Lowline, cos’è? L’idea è la stessa, con la differenza che siamo nell’est di Manhattan e sottoterra. I binari, infatti, qui sono quelli della subway, qualche metro sotto il livello delle strade del Lower East Side. Un parco sottoterra: a New York anche questo è possibile. Se non ci credete provate a fare una passeggiata su Essex Street durante il weekend e fermatevi al numero 140, dove si trova il Lowline Lab.
La Lowline è un nuovo, innovativo progetto che mira a utilizzare la luce solare per far crescere un vero e proprio parco sotterraneo negli spazi una volta occupati dal terminal della metropolitana della linea che attraversava il Williamsburg Bridge e che durante la prima metà del ‘900 trasportava centinaia di passeggeri ogni giorno da Brooklyn a Manhattan e viceversa. La stazione, inaugurata nel 1908, ha smesso di essere utilizzata quarant’anni dopo e da quel momento i quattro chilometri quadrati una volta destinati ai vagoni e ai binari sono rimasti abbandonati. La zona, contigua alle linee J, M e Z, ha però mantenuto alcune caratteristiche estremamente interessanti come un pavimento in parte costituito da ciottoli, i binari incrociati della linea ferroviaria e i soffitti a volta.

All’inizio del ‘900, quando il Williamsburg Bridge Trolley Terminal era ancora in funzione, il Lower East Side era ben poco raccomandabile e godeva del poco invidiabile primato di quartiere più popoloso del mondo. Nel corso degli decenni la zona ha iniziato a cambiare volto guidata dall’irrefrenabile dinamicità di New York e oggi è il centro della vita notturna newyorchese. Tuttavia, l’area continua a presentare vari problemi come la mancanza di spazi verdi. La Lowline mira proprio a supplire a questa necessità.
L’idea della Lowline è nata nel 2009 quando James Ramsey, titolare dello studio di design Raad, è venuto a conoscenza dell’ormai dimenticato terminal della metropolitana. Ramsey iniziò immediatamente a pensare alla possibilità di costruire un giardino proprio lì, in quella zona abbandonata e sotterranea e si incontrò quindi con Dan Barasch che stava intanto esplorando il mondo del sottosuolo newyorchese. Dopo qualche bicchiere di buon vino i due si accordarono per dare vita al parco sotterraneo, basato su una tecnologia appositamente studiata che permette di creare quella che viene definita come “luce solare remota”. I raggi del sole passano infatti attraverso uno schermo in vetro che li indirizza su un collettore parabolico. La luce viene poi incanalata verso un unico punto focale e diretta sottoterra. In questo modo è possibile trasmettere la giusta quantità di luce necessaria per illuminare l’ambiente e permettere il processo di fotosintesi.

Dal momento della sua fondazione, il progetto della Lowline è cresciuto enormemente grazie a studi, mostre e iniziative fino a quando, il 14 luglio scorso, la Corporazione per lo Sviluppo Economico di New York City (NYCEDC) ha ufficialmente concesso al progetto l’utilizzo degli spazi necessari per dare vita al primo giardino sotterraneo del mondo. “Stiamo vivendo oggi un momento estremamente importante — ha raccontato la vicedirettrice Robyn Shapiro durante un’intervista per La Voce di New York — perché finalmente abbiamo ottenuto le concessioni che servivano. È un passo fondamentale che corona anni di duro lavoro!”.
A New York, di certo, le attrazioni non mancano, ma nel già ricco panorama di intrattenimenti offerto dalla Grande Mela, la Lowline si inserisce con piglio deciso: “Creeremo quattro chilometri quadrati di spazio verde in un quartiere che ne ha disperatamente bisogno — ha detto ancora Robyn Shapiro in tono allegro— ù In più, sarà l’unico parco al mondo ad essere funzionante ed ugualmente godibile in tutte le stagioni, i cittadini potranno andarci anche in inverno e immergersi nelle foglie verdi. È un’idea molto promettente”.

Per quanto riguarda il punto di vista pratico, la vicedirettrice mi ha spiegato che parte dell’accordo firmato con la città di New York prevede che il team della Lowline debba raccogliere 10 milioni di dollari entro il primo anno di funzionamento. “Al momento le nostre entrate arrivano principalmente dal settore privato, ma stiamo considerando una varietà di fonti”, mi ha spiegato Shapiro che si è anche definita molto soddisfatta dei programmi che la Lowline ha avviato con gli studenti. Nel 2013 infatti è partito Young Designers Program e in questo periodo sono aperte le iscrizioni online al nuovo progetto Young Ambassadors, che darà a 16 ragazzi la possibilità di sviluppare conoscenze fondamentali in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico in modo da perfezionare le proprie abilità in vista del mondo del lavoro. Inoltre, ogni “giovane ambasciatore” avrà la possibilità di ricevere una borsa di studio per aver partecipato al programma. “Collaborare con gli studenti è fantastico. Grazie a questo programma avranno la possibilità di capire dall’interno come funziona l’innovativa tecnologia studiata appositamente per la Lowline e potranno quindi aiutarci a sviluppare una visione migliore per il futuro del parco”.

Durante un tranquillo (per quanto l’atmosfera di Manhattan possa definirsi tale) sabato mattina mi sono recata a visitare il sito del Lowline Lab. Entrando si passa dai tornelli della metropolitana che permettono di entrare subito nell’atmosfera che si doveva respirare nell’ex stazione della metropolitana di Williamsburg, oggi adibita a sede del progetto. Sul posto una giovane volontaria che ha chiesto che il suo nome non comparisse mi ha però spiegato che il luogo in cui mi trovavo in quel momento non sarà la sede ufficiale del parco sotterraneo: “Il terminal della metropolitana si trova a due isolati di distanza da qui ma non è ancora agibile: l’area deve essere bonificata e alcuni metalli pericolosi vanno rimossi. Il sito ufficiale sarà sotterraneo, ma comunque presenterà condizioni simili a questo”.
Le pareti dell’edificio erano completamente dipinte di nero in modo da far risaltare l’attrazione dominante del laboratorio: al centro della stanza principale si trova infatti un vero e proprio giardino in cui già ora crescono numerose varietà di piante, illuminate esclusivamente dalla luce naturale che filtra nell’edificio tramite un sistema di tubi trasparenti con sbocchi sul soffitto. La tecnologia utilizzata ricalca esattamente quella che verrà sfruttata per creare il vero e proprio parco della Lowline. Quando ho visitato il sito, però, il tempo non era dalla mia parte e il cielo era coperto da una coltre di nuvole. Ho domandato alla volontaria cosa succede in situazioni simili: “Se non c’è abbastanza luce solare dobbiamo passare all’illuminazione a LED, al momento non abbiamo strumenti che permettano di immagazzinare e riutilizzare i raggi naturali del sole”.

Il Lowline Lab è aperto ogni fine settimana dalle 11 alle 17. Questa estate, durante le ore di attività, ha accolto e continua ad attirare ogni giorno all’incirca 600 visitatori. “Il numero è molto flessibile. Abbiamo avuto un grande successo lo scorso inverno — mi ha spiegato ancora la volontaria — credo dovuto al fatto che il laboratorio è stato inaugurato in ottobre ed era visto come una novità da cittadini e turisti. Abbiamo raggiunto un record di 8.000 visitatori in un solo giorno”.
Parte del progetto della Lowline è anche mirato a supportare la comunità locale. Il sito del progetto ha infatti più volte ospitato lezioni di yoga, mostre, esposizioni e fiere interamente organizzate dagli artisti del Lower East Side. “Vogliamo far vedere cosa può offrire questa zona alla città di New York”, mi ha detto la ragazza.
La Lowline è estremamente promettente. I lavori continuano sostenuti da un team di esperti e da numerosi volontari provenienti dagli ambienti più diversi e il parco punta ad aprire ufficialmente i battenti nel 2020. E il progetto potrebbe diventare un modello da esportare anche all’estero: “Potremmo aprire altri potenziali giardini sotterranei in tutto il mondo. Siamo già stati contattati da leader governativi e designer a livello internazionale. Le persone sono interessate”. Chissà, vedremo un parco sotterraneo anche in Italia?