Per le Nazioni Unite il 2017 è l’anno del turismo sostenibile. Se da un lato, infatti, sono in crescita i numeri degli arrivi turistici in Europa e nel Mediterraneo, non mancano gli allarmi degli ambientalisti per l’impatto sugli ecosistemi a rischio e sulla conseguente perdita di biodiversità.
Se possono suonare allarmistiche le ipotesi che annunciano che nel 2050 in mare ci sarà più plastica che pesce, alcuni danni sono già sotto gli occhi di tutti. Tra i tanti esempi che è possibile fare, l’invasione puntuale delle meduse, la cui presenza in gran quantità non significa che l’acqua sia pulita, anzi le alterazioni delle componenti fisiche e chimiche delle acque possono favorire l’invasione delle meduse. Inoltre, è proprio l’assenza dei pesci, sempre meno presenti nei mari, che favorisce sicuramente l’espansione e la proliferazione di questi gelatinosi. Un altro fenomeno allarmante è quello dei delfini che mangiano il pesce dalle reti dei pescatori, come avvenuto, di recente, alle isole Eolie, dove neppure i potenti decibel dei dissuasori acustici riescono a tenere lontani questi mammiferi marini dagli allevamenti di orate e spigole, che si agitano dentro le gabbie davanti ai loro occhi.
Tutto questo dovrebbe far riflettere sulla situazione del Mediterraneo, che ha già il suo “plastic vortex” – fenomeno già noto nell’Oceano Atlantico – che gli esperti hanno rilevato tra Corsica e Sardegna. Dati e previsioni che rendono necessario un cambiamento di rotta, anche nel settore turistico ed è urgente, dunque, anche in Italia, l’obiettivo di un turismo “ecologico”. La Sicilia ha istituito nel 1981, nel non facile clima delle battaglie burocratiche e degli aspri conflitti locali, 5 parchi regionali, 78 riserve naturali e 6 aree marine protette, sottratti al cemento, all’assalto del turismo di massa, all’estinzione e che necessitano di gestione e controllo costanti, risorse economiche e professionalità non facili da reperire. La prima area marina protetta nata in Italia è stata la piccola isola di Ustica, istituita nel 1986, i cui fondali sono stati riconosciuti come sito di interesse comunitario per le tantissime specie marine animali e vegetali, dai barracuda alle aragoste al “falso corallo nero” del Mediterraneo.

Nelle aree marine protette delle isole Egadi – la riserva marina più grande del Mediterraneo e con una delle più estese e meglio conservate praterie di Posidonia oceanica – e delle Pelagie – un patrimonio per la biodiversità del Mediterraneo e un baluardo per la tutela di cetacei quali delfini e tartarughe marine della specie Caretta Caretta – si sta svolgendo un notevole lavoro di divulgazione e accoglienza turistica, ma anche di protezione delle specie marine e di ricerca. A Marettimo, ad esempio, si trova l’osservatorio per la foca monaca, riavvistata nelle acque cristalline a largo dai pescatori; a Lampedusa tornano da alcuni anni le balenottere, attratte dall’abbondanza di krill nel canale di Sicilia e i campi di protezione per le tartarughe dell’isola dei conigli, gestiti da Legambiente, attirano centinaia di turisti e di volontari, ogni anno.
Alcuni luoghi di mare e natura sono diventati ormai icone del paesaggio isolano a livello mondiale: i vulcani Stromboli ed Etna, la riserva dello Zingaro, la Scala dei Turchi, l’isola di Mozia, le saline di Trapani e Paceco, per citarne solo alcuni. Esistono, tuttavia, molti luoghi ancora da scoprire, itinerari quasi sconosciuti ai siciliani e spesso frequentati solo dai turisti stranieri. La Sicilia orientale, ad esempio, con la sua natura carsica e le lunghissime spiagge, offre ambienti di grande interesse paesaggistico, come la riserva della foce del fiume Irminio – il cui nome deriverebbe da Hermes, l’antico dio Mercurio che in queste acque si innamorò della ninfa Dafnide – istituita nel 1985 e situata nel territorio dei comuni di Ragusa e Scicli, in provincia di Ragusa.

Istituita nel 1990, la riserva di Cava Grande del Cassibile, il più profondo canyon d’Europa scavato nei secoli dal fiume Cassibile, in provincia di Siracusa, con i suoi laghetti spesso affollati in estate, offre anche itinerari meno frequentati. Infatti, la Riserva è nata con lo scopo di preservare le diverse ricchezze del suo territorio sia dal punto di vista naturalistico-paesaggistico sia sotto il profilo archeologico ed antropologico, visto che tutta la zona è stata abitata nel corso dei millenni e ne sono rimaste notevoli testimonianze in tombe e reperti.
Più nota agli stranieri, per la sua imponente necropoli arcaica con più di 5000 grotte, è la riserva di Pantalica, sempre in provincia di Siracusa. La riserva si estende, per gran parte, sui territori di Ferla, Cassaro e Sortino ed è attraversata dai fiumi Anapo e Calcinara, che scorrono attraverso i canyon a “V” caratteristici della zona. In un’epoca in cui le città della Grecia classica sono ancora lungi dal nascere, in cui il ferro è ancora sconosciuto e il bronzo è la grande innovazione tecnologica, nell’epoca degli eroi di cui parla Omero nell’Iliade e nell’Odissea, al tempo dei Micenei, è proprio in quest’epoca che la roccaforte di Pantalica raggiunge la sua massima potenza.
La ben più conosciuta riserva di Vendicari è sita tra Noto e Marzamemi. Particolarmente importante per la presenza di pantani dall’elevata salinità, che fungono da luogo di sosta nella migrazione degli uccelli che dall’Africa sostano qui numerosi prima di raggiungere le mete migratorie in tutta Europa, la riserva è stata istituita nel 1984, in quanto “zona umida di importanza internazionale”, secondo la Convenzione di Ramsar del 1971. Vi sono diversi siti archeologici, che testimoniano la presenza umana in questi luoghi sin dall’età greca. È possibile, infatti, trovare le tracce di vasche-deposito di un antico stabilimento per la lavorazione del pesce, di età ellenistica, e resti di un insediamento di età bizantina. Poco lontano vi è la tonnara, costruita nel Settecento: nel periodo di massima espansione ebbe 40 dipendenti, tra cui due rais. Smise la sua attività nel 1943.

Di fronte a Siracusa, la navigazione lungo il mitico fiume Ciane – il nome ha origine dal greco “kyanos”, che significa azzurro – regala panorami insoliti, tra boschetti di papiro autoctono e il litorale sabbioso con le vecchie saline dismesse, dove si rifugiano i fenicotteri durante le migrazioni stagionali. Secondo la leggenda classica, la ninfa Ciane venne trasformata in fonte per aver voluto impedire il rapimento di Proserpina, la figlia di Demetra, da parte di Plutone, dio degli Inferi. Ciane, sposa di Anapo, tentò disperatamente di impedire il rapimento ma non mi vi riuscì; ella pianse allora disperata e le sue lacrime di dolore furono tanto copiose che le sue membra, come racconta il poeta Ovidio, si sciolsero in acqua gelida. Da quel giorno, l’acqua del Ciane scorre in quel luogo mitico, nella lenta successione del tempo a ricordare un dolore mai sopito. Al di là del mito, il fiume è il più ricco d’acqua degli Iblei, tanto da essere navigabile dalla foce alla fonte. La straordinaria presenza del papiro ha reso necessario proteggere l’area attraverso l’istituzione di una riserva naturale regionale, nel 1984.
Chi ama i panorami forti all’ombra dell’Etna, potrà trovare pace anche in alta stagione sulla lunga spiaggia nera di Fiumefreddo. Unici, nel loro paesaggio marino mutevole, sono poi i laghetti di Tindari, tra Palermo e Messina, formati dal gioco delle correnti all’ombra dell’imponente promontorio. I laghetti, tra grandi e piccoli, sono creati da sottili lingue di sabbia bianca continuamente modellate dalle mareggiate. Ognuno è isolato dall’altro ed ha acqua più o meno salata in base alla distanza dal mare. Questo fattore condiziona notevolmente la presenza di flora e fauna e fa sì che in uno spazio relativamente piccolo si trovano specie tipiche di ambienti totalmente diversi. Secondo la leggenda, i laghetti si sono formati a seguito di un evento miracoloso della Madonna nera, che si venera nel santuario, sul promontorio.

La Sicilia occidentale con i suoi litorali scoscesi non è da meno, anche se negli anni passati è stata brutalmente cementificata e urbanizzata, salvo rare eccezioni. Una spiaggia lunga e selvaggia, con la sua vegetazione e i campi di protezione e liberazione di tartarughe Caretta Caretta, si trova nella riserva di Torre Salsa, ad Agrigento, confinante con le spiagge di Bovo Marina ed Eraclea Minoa. Un paradiso sottratto alla pressione antropica, dove le tartarughe marine tornano puntuali a depositare le uova. Istituita nel 2000 e affidata in gestione al WWF, la riserva vanta uno dei pochi esempi integri di ambiente dunale sopravvissuti in Sicilia. Sul versante di Trapani, chi cerca silenzio e natura e sia disposto a rinunciare all’auto e alle spiagge attrezzate, troverà un paradiso naturale tra i sentieri scoscesi attorno al Monte Cofano e nelle piccole spiagge di sassi sotto la seicentesca torre della tonnara, da cui parte un sentiero di mezza costa che giunge sul versante opposto, nella baia di Cornino. La riserva si trova nel comune di Custonaci ed è tra le più interessanti attrazioni naturali della costa trapanese. Protetta dal silenzio, invasa dalle rigogliose palme nane, costellata da enormi rocce rotolate fino al mare, è un luogo estremamente affascinante, dove il tempo sembra essersi fermato.
A pochi chilometri dal fragore della città di Palermo, la natura è interdetta alle auto e la costa sottratta al cemento. Oltre la cittadina di Terrasini, la riserva di Capo Rama, istituita nel 2000 e gestita dal WWF, offre sentieri tra boschetti di palma nana e una vista mozzafiato sul Golfo di Castellamare fino a Capo San Vito. Proprio sul promontorio che costituisce il capo, si erge una torre di difesa costiera quattrocentesca tra le più antiche esistenti di impianto circolare. L’area marina protetta di Capo Gallo, istituita nel 2001, si estende da punta Barcarello a Capo Gallo. È una riserva molto pregiata nel segno della biodiversità, al cui interno si trovano diverse specie endemiche e numerose grotte, che conservano tracce storiche antichissime. La più importante di esse è la Grotta Regina: una vasta caverna utilizzata come santuario punico e successivamente come dimora di piccole comunità di età tardo-romana, bizantina e araba.
In conclusione, le aree naturali protette sono porzioni di territorio che la legge tutela per il loro particolare interesse naturalistico, ambientale o storico-culturale. Aree che contengono ecosistemi prevalentemente o largamente intatti, ambienti e paesaggi di rilievo tali da richiedere un intervento istituzionale per garantirne la conservazione alle future generazioni. Conservazione della natura, dunque, ma anche opportunità economiche. Nel documento conclusivo del Convegno mondiale sui parchi del 1992, gli esperti riuniti a Caracas hanno richiamato l’attenzione sull’importanza delle aree protette e sui benefici sociali, economici e ambientali che da queste derivano. Il summit mondiale per l’ambiente di Rio de Janeiro ha individuato, infatti, proprio nei parchi il principale strumento di conservazione della biodiversità. Minacciata oggi come mai in passato – a causa delle rapide trasformazioni ambientali, della frammentazione degli habitat, dell’inquinamento – la biodiversità trova nelle aree protette un argine alla progressiva estinzione di un numero sempre maggiore di specie animali e vegetali.
Oggi più che in passato vivendo in ambienti apparentemente al di fuori dei sistemi naturali tendiamo a dimenticare di farne parte. Andrebbe considerato che la natura è composta da organismi diversi ma tutti strettamente connessi e interdipendenti, fra loro e gli ambienti in cui vivono, e che l’uomo per quanto viva in ambienti artificiali quali le città è anch’esso parte della natura ed è dipendente dai servizi che questa offre.