Nonostante gli studiosi proclamino con forza che l’autocombustione in natura non esiste, a ogni incendio ci si interroga se la natura ha voluto punire con il fuoco questi umani peccatori o se invece dei diavoli travestiti da uomini vogliono le fiamme per rendere un inferno luoghi altrimenti bellissimi.
Certo amareggia vedere la perfetta simmetria tra numero degli incendi, diffusione della criminalità e numero dei forestali impiegati stendersi sulle principali regioni meridionali come una maledizione.
Il Corpo Forestale dello Stato nell’agosto dello scorso anno rilevava 3400 incendi fino a luglio del 2015 concentrati per il 61% al Sud e solo il 16% al Nord. Calabria, Sicilia e Campania con poco meno del 15% delle aree boschive nazionali e assorbono oltre il 70% della spesa nazionale destinata alla salvaguardia dei boschi.
Che cosa accade? Davvero i diavoli del fuoco abitano al sud oppure un concentrato di condizioni favoriscono lo sprigionarsi di fuochi cosi intelligenti da far divenire difficile gli spegnimenti e più elevati i danni.
Lo spropositato numero di forestali, superiore di migliaia di unità anche ai guarda boschi che vigilano su distese boschive grandi molte volte l’Italia ha alimentato la convinzione di un legame diretto, una innata propensione a far ammalare i boschi deturpandoli con il fuoco e poi curarli con il rimboschimento. Ma anche questa ipotesi pur sostenuta da alcune decine di arresti in flagranza di reato non basta a spiegare queste gigantesche asimmetrie tra le risorse impiegate come prevenzione e i disastri che a ogni robusto soffio di vento si producono.
Al sud sono concentrate tutte le concause che aiutano le fiamme a sprigionarsi: gestione diretta del patrimonio boschivo, uso clientelare e fuori controllo delle risorse umane, interesse della macchina dello spegnimento (non solo forestali) a che le fiamme divampino.
Prima condizione: l’intero patrimonio boschivo è sotto il diretto controllo delle amministrazioni pubbliche in regime di gestione diretta della prevenzione, cura e rigenerazione. Questo alimenta indifferenza quando non avversione e le comunità che vivono a ridosso dei boschi invece di concepirli come risorsa e fattore di sviluppo spesso li vedono come un ostacolo o freno.
Nella cintura alpina e in molti altri paesi le superfici boschive, tranne i boschi di alto pregio o storici, sono dati in concessione e il concessionario ha l’obbligo della prevenzione, pulizia del sottobosco e nuove piantumazioni sotto la vigilanza delle autorità pubbliche a cui residua un importante opera di controllo ma non certo l’immenso onere della cura diretta. Il bosco diviene una virtuosa risorsa da tutelare e non aggredire.
Seconda condizione. Assumere decine di migliaia di forestali facendo saltare tutti i parametri per una corretta gestione significa sottoporre le superfici boschive a una enorme pressione fatta di attese, di giornate promesse e non mantenute dove la retribuzione è svincolata dal risultato raggiunto e il bosco diviene un’entità contesa tra un apparato elefantiaco di stampo sovietico, la pressione di quanti da quel bacino hanno tratto le loro fortune elettorali e risorse pubbliche in contrazione ma sempre enormi. Risultato, i boschi bruciano e non può essere frutto del destino cinico e baro o di un esercito di piromani stranamente concentrato al sud.
La terza ragione l’ha denunciata il Presidente Crocetta nell’estate del 2014 in una lettera aperta, che quasi nessuno allora colse per la loro gravità: “L’anno scorso (2013) non ci sono stati incendi nei boschi. Il servizio era stato predisposto molto bene e in tempo. Allora basta avere gli elicotteri pronti perché non accadano gli incendi? Questi mezzi hanno una sorta di potere ignifugo preventivo? Così è la Sicilia dei misteri, degli incendi che qualche volta inesistenti e altre volte dappertutto. Naturalmente ci chiediamo dove erano i forestali, la Protezione civile e su questo stiamo intervenendo. Nessuno si chiede perché scoppiano questi incendi, se siano la normalità. Solo pochi casi sono spontanei, la maggior parte dolosi”. E una fonte anonima proveniente dal mondo dei forestali in un blog a commento di un articolo chiese di andare a guardare l’appalto milionario per la flotta aerea antincendio di cui la Sicilia per legge ogni anno deve dotarsi.
Cause dunque conosciute e singolarmente denunciate senza che ai proclami abbia fatto seguito qualche iniziativa amministrativa o legislativa per mutare le condizioni, altamente comburenti, che fanno sprigionare incendi altrimenti impossibili.
Le estati passano, gli incendi restano, le denunce si inabissano e in molti continuano a sorridere sui profittevoli mucchi di cenere che cospargono il disgraziato territorio siciliano e meridionale.