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May 20, 2015
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L’illusione delle bombe per fermare i barconi e il caos assicurato per la Sicilia

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 7 mins read

Se qualcuno aveva ancora dubbi sull’Unione europea e sul Pse – il Partito socialista europeo – l’operazione Eunavfor Med, varata dal Consiglio dell’Unione europea, con annessi e connessi, dovrebbe averli definitivamente fugati. Intanto, pronto accomodo, ci si prepara alla guerra contro i trafficanti di migranti che partono dalla Libia. Come? Semplice: bombardando i barconi! Non prima che l’Onu approvi questa nuova ‘missione di pace’ con le bombe. Per ottenere quella che, in fondo, si annuncia come una sorta di licenza di uccidere (le bombe servono anche a questo, no?) è necessario che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approvi una risoluzione in base al capitolo 7, che fa riferimento specifico all’uso della forza.

L’Onu dirà “sì” a questa prova di bombe? Il capo della diplomazia dell’Unione europea, l’italiana Federica Mogherini (nella foto in basso a destra), ci crede. Non a caso si è presentata per ben due volte a New York negli ultimi giorni. L’Italia ha già pronto l’uomo che dovrebbe guidare l’attacco ai barconi: si tratta dell’ammiraglio Enrico Credendino, che avrà a disposizione quasi 12 milioni di euro dell’Unione europea per avviare il ‘festival delle bombe’ per i primi due mesi. Poi avrà altri dieci mesi di tempo (e di bombe) per provare a incenerire i barconi. Sempre che, lo ribadiamo, l’Onu dica sì, cosa di cui noi sommessamente dubitiamo.

Sorge infatti spontanea una domanda: a che servirebbe bombardare i barconi in Libia federica mogherinise, ad esempio, chi gestisce questo traffico dovesse decidere di trasferire le proprie basi operative in altri Paesi? Siamo sicuri che i barconi carichi di migranti possano salpare solo dalla Libia? E se dovessero partire da altri Paesi che cosa conta di fare l’Unione europea della signora Mogherini: andare a bombardare anche quelli? Bombardiamo tutte le coste africane?

Quello che sta succedendo non tanto all’Onu, quanto tra i Paesi della cosiddetta Unione europea ci dà la possibilità di capire, con una certa chiarezza, cos’è, oggi, l’Europa unita, cos’è il Pse e, soprattutto, che cosa si deve aspettare il nostro Paese in generale e la Sicilia in particolare da tutta questa storia. Pensate: il Partito socialista europeo che avalla il bombardamento dei barconi! Vi sembra normale? Ma che razza di Partito socialista è mai questo? I socialisti europei non si vergognano ad essere rappresentati da un Partito del genere? Non si vergognano ad appoggiare una Commissione europea che, oltre che massonica, è anche ‘bombarola’?

Nell’Unione europea sono pochi i Paesi disposti ad accogliere i migranti. Se, infatti, sulle bombe ai barconi sembrano tutti d’accordo, è andata a farsi benedire l’intesa sulle quote di migranti da ospitare. La Francia non li vuole (la Francia socialista di Hollande…). E anche altri Paesi europei nicchiano. Per non parlare del Regno Unito, che non sembra particolarmente disposto ad accogliere i disgraziati che arrivano con i barconi. La verità è che l’Unione europea di oggi somiglia tanto all’Italia ai tempi del principe di Metternich: al di là della retorica e dell’euro che piace tanto al nostro ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’Europa ‘presunto’ unita è poco più che “un’espressione geografica”. Ma ve l’immaginate l’Unione europea dell’euro, gestita dai ‘predoni’ della Bce, tutta intenta a succhiare il sangue dei greci e degli italiani, che accoglie i migranti? Sarebbe come pretendere dai lupi affamati di allattare gli agnellini…

eurozonaCerto, quando si capovolge in mare qualche barcone mandando all’altro mondo 400-500 essere umani, gli ‘eurocrati’ dell’euro e della Bce fanno la parte: s’indignano (ma contro chi?), manifestano solidarietà a parole e promettono cose che poi si guardano bene dal mantenere. Al massimo prendono una decina di milioni di euro, magari una ventina di milioni, magari 50, tiè!, e organizzano una missione che non serve a nulla. L’unica cosa concreta arrivata dall’espressione geografica chiamata Unione europea è il già citato accordo sui bombardamenti ai barconi. Non una conferenza internazionale sull’immigrazione, non l’avvio di una politica per ridurre le guerre in Africa e in Medio Oriente, ma un’altra guerra sulle coste libiche, questa volta per distruggere i barconi. Invece di avviare una politica internazionale per provare a bloccare alla radice il grande flusso di genti che si riversa in Europa, proviamo a togliergli i mezzi navali per impedirgli di arrivare da noi. Geniali, no? Come se le bombe ai barconi possano fermare milioni di persone che fuggono dalle guerre e dalla fame!

Inconsciamente, l’Unione europea vorrebbe continuare a comportarsi come ha sempre fatto davanti alla fame e alle miserie dell’Africa: grande solidarietà a parole, ma pochi fatti. Un’Europa senza idee, chiusa nel proprio ‘particulare’, pensa, o forse s’illude, di frenare una grande emigrazione con le bombe… Quello che sta andando in scena sotto i nostri occhi è un dramma epocale: da una parte milioni di persone che vorrebbero riversarsi in Europa; dall’altra parte un’Europa che inizia a dire “no” all’accoglienza. E che per frenare questo grande flusso di esseri umani in viaggio è andata all’Onu a chiedere il placet per una guerra ai barconi. In mezzo c’è l’Italia, che a quanto pare è l’unico Paese che accoglie tutti (anche perché, fino ad oggi, c’è chi ha ‘sgobbato’ un sacco di soldi con il business dell’accoglienza). E in un’Italia sempre più sbrindellata c’è la Sicilia, Isola nella quale sbarca, in un modo o nell’altro, circa il 90 per cento degli immigrati.

Proviamo a immaginare quello che succederà? Proviamoci. Se l’Onu avallerà il bombardamento dei barconi – cosa di cui dubitiamo – la Sicilia si troverà in prima fila in una nuova guerra. Non sarebbe una prospettiva entusiasmante. Anzi. Se l’Onu dirà no alla guerra ai barconi – cosa più probabile – il caos per la Sicilia sarà comunque assicurato. Per dirla in breve, un’Unione europea senza una propria politica estera e un’Italia con un governo che esprime una politica estera uguale, se non peggiore, di quella dell’Unione europea hanno creato una situazione che, attualmente, non prevede vie di uscita.

Mezza Unione europea, come già ricordato, ha già detto no alla ripartizione per quote siciliadei migranti. Morale: gli sbarchi – in spaventoso aumento – continueranno a ritmo crescente. Ovviamente in Italia. A cominciare dalla Sicilia. Dove la confusione è destinata a crescere. Di fatto, nei prossimi mesi, alcune città costiere della nostra Isola diventeranno dei punti di passaggio di centinaia, forse di migliaia di disgraziati. Aumenterà la pressione dei migranti su una Regione già allo stremo, lasciata senza soldi dai prelievi forzosi di un governo nazionale banditesco (l’ultima bravata è il dimezzamento unilaterale dei crediti dello Stato verso la stessa Regione siciliana autonoma: erano circa 8 miliardi di euro, ma nel Bilancio regionale 2015 approvato un mese fa circa dal Parlamento dell’Isola sono diventati circa 4 miliardi di euro nel silenzio generale!). Per non parlare della viabilità che, in questo momento, non consente nemmeno di trasferire, in tempi umanamente decenti, i migranti da Catania a Palermo, visto che l’autostrada è interrotta (in questo momento Roma e la Sicilia discutono su come fare ‘sparire’ i 30 milioni di euro stanziati per riparare l’autostrada: serve un ‘commissario’ per fare ‘mangiare’ le due parti…). Aumenterà la pressione sugli ospedali siciliani. Aumenteranno i centri per accogliere i minori non accompagnati arrivati con i barconi (nel giugno dello scorso anno se ne contavano 350: oggi non si sa). Aumenteranno i rischi di contagio di malattie (il problema non è solo il virus Ebola, ma anche altre patologie). E aumenteranno le tasse per i siciliani.

L’Unione europea, totalmente priva, come già accennato, di una politica estera comune, stanzierà al massimo un po’ di soldi in più. Denaro che verrà intercettato dal governo nazionale che farà arrivare in Sicilia solo le briciole. Un’esagerazione? Non esattamente. Facciamo un solo esempio concreto: in base a un accordo siglato tra governo nazionale e governo regionale, deve essere Roma, a partire dal gennaio di quest’anno, a pagare le rette per i minori non accompagnati arrivati con i barconi e accolti nei centri siciliani. Ma il Parlamento dell’Isola, quest’anno, su input di Roma, ha già stanziato 24 milioni di euro. Di fatto, il costo dei migranti, che dovrebbe essere a carico dell’Unione europea e dello Stato, è ancora in parte sulle spalle di famiglie e imprese della Sicilia.  

Ovviamente, tutti i migranti che sbarcheranno in Sicilia e in Italia, in buona parte, proveranno ad attraversale lo Stivale per raggiungere il Nord Europa. Per ora, in un modo o nell’altro, ci riescono. Ma con l’aria che tira nella ‘presunta’ Unione europea ‘sto babbio del passaggio dall’Italia verso altri Paesi europei finirà. Su una cosa, infatti, Francia, Inghilterra e anche altri Paesi sono stati chiari: sul fatto che non vogliono più accogliere immigrati. Ora, se hanno detto “no” alle quote di accoglienza, perché dovrebbero accoglierli a ‘umma ‘umma, secondo il confusionario stile italiano? Arriverà il momento – un momento che non è lontano nel tempo – in cui i nostri Paesi confinanti chiuderanno definitivamente le frontiere. Che farà, l’Italia, a quel punto?

Non possiamo non notare l’atteggiamento della Francia. E’ stato il Paese che, più di ogni altro, ha voluto l’interveto militare in Libia. Avallato dall’allora capo del governo italiano, Berlusconi. Il quale diceva di essere amico di Gheddafi, ma partecipava alla guerra contro di lui. Gheddafi non era un santo. Ma era l’unico che riusciva a controllare un Paese, la Libia, che ora è nel caos. E chi più di tutti ha voluto la guerra alla Libia – la Francia – adesso non ne vuole sapere di piangerne le conseguenze e, come già ricordato, dice no alle quote di immigrati. Che speranze ha l’Italia in quest’Europa? E che speranze ha la Sicilia?

      

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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