A partire dalla seconda metà dell’800 e fino ai primi del ‘900 Palermo si presenta come una città elegante, industriosa, vitale, capace di attrarre capitali ed investitori stranieri. Molti saranno gli imprenditori che, dal Nord Italia, dall’Inghilterra, dalla Francia e dalla Germania, si trasferiranno a Palermo per fondare in città le basi di imperi economici che sarebbero durati quasi un secolo e che avrebbero arricchito integrandola, la cultura locale.
Tra quelle più importanti e indimenticabili nella storia di Palermo c’è, indubbiamente, la famiglia Florio, originaria della Calabria, che dalla Via Materassai avviò il suo fiorente commercio imponendosi e diventando trainante nei diversi settori: marittimo, mercantile, della pesca e della conservazione del tonno e, ancora, nel metallurgico, nel settore cotoniero, nella chimica e nel settore vinicolo.
A Vincenzo Florio, proprietario anche di una flotta navale, si deve la creazione dei Bacini di carenaggio prima presso la Fonderia Oretea e poi in quella che oggi è l'area portuale ella città con i suoi Cantieri navali, tutt’ora esistenti, con l’avvio della prestigiosa industria metallurgica che produceva non solo i macchinari navali, ma anche oggetti di metallo di grande raffinatezza .
Altrettanto importanti le famiglie Ingham e Whitaker, commercianti di prodotti industriali ed agricoli, che investirono in Sicilia ingenti capitali realizzando, su vaste aree del territorio dell’Isola, con la creazione di stabilimenti vinicoli destinati a rendere famoso in tutta Europa un vino dell’Isola: il Marsala (foto in basso a destra, tratta da digilander.libero.it).
A loro si deve, tra l’altro, la costruzione di importanti palazzi cittadini successivamente riconvertiti, come il Grand Hotel delle Palme, Villa Sofia, oggi sede di un grande ospedale cittadino, villa Whitaker (oggi sede della Prefettura), la chiesa anglicana di via Roma.
Negli stessi anni veniva creata la 'Chimica Arenella', succursale della fabbrica tedesca Gondelberg, una delle più conosciute nel settore chimico a livello mondiale. L’impianto liberty, edificato sul mare, oramai è chiuso da anni, nonostante le lotte degli operai, in parte abbandonato e, pur tuttavia, mantiene ancora lo struggente fascino della sua storia.
A Palermo avrebbe avuto la sua prima sede anche la straordinaria fabbrica di mobili Ducrot che raggiunse i massimi livelli di qualità tecnologica e prestigio grazie anche all’ausilio di progettisti e designer d’eccezione come l’architetto Ernesto Basile che realizzò per Vittorio Ducrot, tra l’altro, i capannoni industriali oggi noti come i Capannoni della Zisa, densi di fascino e di suggestione e che da anni faticosamente le diverse amministrazioni comunali hanno cercato di recuperare per trasformarli in luoghi della cultura cittadina.
Nel 1891 Palermo veniva scelta come sede dell’Esposizione nazionale definita “grandiosa fiera della produzione e della tecnica, ma anche delle arti e del costume, che fu evento cardine nella vita economica e sociale della città”, un evento che animò le migliori energie artistiche e produttive, manifestazioni di una società in piena evoluzione.
Così mentre il Basile progettava e realizzava, su un’area vasta di 12 ettari, i padiglioni dell’esposizione ispirandosi alla cultura arabo-normanna, contestualmente Damiani Almeyda ultimava il Teatro Politeama, di ispirazione classica, e veniva edificato l’Hotel des Pais (attuale Excelsior). Secondo autorevoli storici, sotto la spinta di queste grandi famiglie, “Palermo visse una stagione irripetibile da capitale mediterranea del bel mondo”, caratterizzata anche da un grande fermento artistico e culturale.
Nel centro storico e lungo i suoi assi principali – Corso Vittorio Emanuele, Via Maqueda, Via Roma – si dipanava la vita commerciale della città. I più noti erano indubbiamente gli eleganti e rinomati negozi di abbigliamento, alta moda e lusso. Uno straordinario affresco di capacità innovativa, qualità, ricercatezza dei capi prodotti esportatati e conosciuti anche fuori dall’Italia.
In molti ricordano ancora le prestigiose sfilate di alta moda presso la Galleria delle Vittorie, sotto le volte affrescate dai futuristi (negli anni ‘80 del secolo passato la Galleria venne chiusa a causa delle condizioni di degrado in cui versava). E poi negozi di antiquariato, mobili, ceramiche, arte sacra, profumerie, calzature, cartolerie, librerie, giocattolerie, gioiellerie, armerie, musica, tabaccherie, argenterie, oreficerie, ombrellifici, cappellifici, ferramenta, fotografia, pasticcerie e via continuando. Un mondo espressione di un’umanità ancora capace di inventiva e di passione, una classe commerciale industriosa, operosa e di buon gusto. Donne e uomini dalle vite straordinarie, tenaci nell’attraversare le avversità e le alterne fortune e fiduciosi nella possibilità di costruire un futuro .
Nonostante la devastazione e la miseria seguite alla seconda guerra mondiale, negli anni successivi l’attenzione all’economia, pur tra ombre e luci, resta forte e gli imprenditori della città mantengono energia ed intraprendenza come dimostra l’apertura di nuove attività commerciali. Non a caso, del resto, uno dei primi atti della Regione siciliana autonoma fu la creazione, nel 1948, dell’Ente autonomo Fiera del Mediterraneo, i cui padiglioni eleganti e funzionali avrebbero ospitato a lungo esposizioni di manufatti locali e stranieri. Per anni la Fiera del Mediterraneo di Palermo è stata una grande campionaria, vetrina importante per le iniziative e per la diffusione dei prodotti tipici, finché la cattiva politica non ne ha determinato, nei primi anni del 2000, prima la crisi e poi la chiusura.
Detto questo, però, va aggiunto che, alla fine della seconda guerra mondiale, quella che avrebbe dovuto rappresentare la rinascita di Palermo segna, invece, l’inizio della perdita di identità e il suo declino. Il costante ed inesorabile impoverimento culturale inizia con la legge del 1945 sui “piani di ricostruzione” che Palermo aveva l’obbligo di adottare: un programma di espansione urbana, recepito presto nel Piano regolatore generale del 1963, destinato a trasformare non solo il tessuto edilizio, ma l’idea stessa di città e gli obiettivi della classe politica locale, indifferente al bello ed assolutamente indirizzata verso intendimenti meramente speculativi e, come tali, incuranti delle importanti e peculiari tradizioni manifatturiere e commerciali. Insomma, il ‘Sacco’ di Palermo.
Il centro storico, da sempre fulcro dell’economia cittadina, subisce quindi un inesorabile abbandono senza che si pongano altrove le basi per altrettante e sostitutive iniziative economiche. Le vie dove per anni si era espressa l’ingegnosa capacità mercantile, artigianale e manifatturiera (Via Materassai, Orologiai, Chiavettieri, Candelai, Argentieri, Bambinai, Biscottari, Bottai, Cafisari, Calderai, Cappellieri, Carrettieri, Cartari, Cassari, Coltellieri, Frangiai etc.) si svuotano, mentre sorgono enormi ed anonimi quartieri residenziali che voracemente inghiottono la verde cornice della città. Il commercio subisce una battuta d’arresto, inibito anche dal dilagare del fenomeno mafioso e, incontrastato per anni, del racket delle estorsioni.
Fine prima puntata (continua)
Foto tratta da impresapalermo.it