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May 5, 2015
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Champions League: la Juventus é a metá dell’opera

Luca TontodonatibyLuca Tontodonati
Time: 6 mins read

La stessa materia dei sogni

È fatta. Si va al Santiago Bernabeu di Madrid, ciudad epocale nel mezzo della Castilla che deve il suo nome ai numerosi castelli medievali sorti dopo la “Reconquista”. Mai nome fu più profetico per evocare le gesta dei nostri atleti in casacca bianconera. Ora solo novanta minuti, salvo recuperi, separano la Juventus dalla riconquista di una finale di Champions che manca dal 28 maggio del 2002, dalla serata dell'Old Trafford in terra d'Albione che opponeva i bianconeri allo scontro fratricida con il Milan, che alla fine vinse la Coppa ai rigori. Non occorre essere dei super-esperti di calcio per poter descrivere una partita, ben più difficile invece descrivere un'emozione come quella che una squadra italiana ci ha riservato nella cornice di una serata pressoché perfetta. Narrare le gesta di personaggi in calzoncini arreca qualche fastidio ai puristi, imbarcarsi in vicende relegate ad un rettangolo verde potrà sembrare circoscritto ad un area ristretta di campo visivo e mentale. Ma il cuore stasera è andato oltre gli argini delle visuali terrene, ha cavalcato le emozioni e le ha rese fluide e fruibili ai presenti dello stadio ed ai milioni di italiani che ci credevano. Gli oltre quarantaduemila dello Stadium, record di presenze e di incasso, hanno esorcizzato quello che era definito un animale mitologico dalle sette teste. Il Real Madrid incuteva rispetto e timore alla vigilia del match ma gli uomini di Allegri hanno saputo ammansire la fiera e metterle il bavaglio. Hanno dapprima accarezzato il mito, lo hanno coccolato fino a renderlo docile ed abbordabile, lentamente le paure sono rientrate, le ansie sono state tranquillizzate ed il fiero nemico alla fine è stato domato e sconfitto. Il capolavoro tattico di Allegri ha incantato le folle e i giocatori si sono immolati nel nome di un traguardo che Torino e l'Italia intera aspetta da troppo tempo.

Schieramenti e tattiche

Il tecnico juventino schiera la squadra con la difesa a quattro, affida a Pirlo ed a Marchisio il compito di stazionare sulla linea mediana davanti alla linea difensiva e concede l'immensa fiducia a Sturaro di spaziare tra le righe davanti ad Evra ed appena dietro Morata. Niente male per il ventiduenne ligure che solo un paio di anni fa se la vedeva nei campi di serie B ed ora, dopo un anno di transizione tra i Grifoni, scende in campo in una semifinale di Champions. Vidal trequartista davanti alla coppia Tevez e Morata completano la formazione che spazza i preamboli di difensivismo ed attacca il Real nel suo punto debole, ammesso che poi ne abbia: la difesa. Ancelotti svela la formazione solo negli ultimi minuti come in un gioco di spie al servizio del Re, di Spagna ovviamente. Difesa e centrocampo a quattro e coppia quasi inedita Bale – Ronaldo in attacco. La Juve non aspetta, si mostra subito aggressiva, attacca ogni spazio e lotta su ogni pallone giocabile. Già dai primi minuti sviluppa trame di gioco accettabili, coinvolge ogni reparto e non concede all'avversario di prendere in mano il pallino del gioco. Ai “blancos” piace giocare con il pallone, è il loro giocattolo preferito. Se gli concedi l'ambito balocco saranno liberi di montarlo e smontarlo a loro piacimento ed il proposito della Juventus è proprio quello di impedire al Real Madrid di impossessarsi della “bola” per evitare l'innesco dei piani di Ancelotti. Aggressività e stupore sono la chiave delle prime schermaglie. Impetuosa e preponderante la Juve, pacifico ed altezzoso il Real che pare snobbare la semifinale tanto è vero che il club madridista alla vigilia ha restituito circa 400 biglietti dicendosi non interessata alla trasferta di Torino.

Novanta minuti

Al 9' Tevez si libera di un avversario e scarica di potenza verso la porta spagnola, Casillas non riesce a trattenere la sfera che capita proprio sui piedi di Morata sbucato dal nulla ed infila il gol del vantaggio bianconero. Prova allora a scuotersi il Real, accenna ad una reazione spinta dal blasone e dall'irriverenza del gol subito da parte dei plebei in casacca “blanco y negro”. Marcelo spinge sulla sinistra ed in un paio di occasioni di CR7 e James Rodriguez, Buffon mostra di esserci. Ma al 27' non arriva su un pallonetto dalla destra di Rodriguez che scavalca il portiere bianconero consentendo a Cristiano Ronaldo di insaccare a porta vuota. La Juve non si scompone, cerca di attutire le bordate dell'Armada Spagnola con vigore senza mai tralasciare lo spirito del gioco offensivo. Un paio di contropiedi senza fortuna però scoprono pericolosamente il fianco alle incursioni delle "merengues", ed in una occasione è la traversa a salvare Buffon dalla capitolazione seguita da Marcelo che calcia poco sopra la traversa della porta bianconera. Siamo al 41'. Il Real ha deciso di giocare ed in questa fase della partita lo fa maledettamente bene. La Juve ha speso molto nei primi minuti ed attende la pausa per poter tirare il fiato e recuperare le idee. Il primo tempo si chiude sul punteggio di uno a uno.

Secondo tempo

La ripresa si apre con gli stessi protagonisti sul campo di gioco. Ancelotti pone Kroos e Ramos sulle piste di Pirlo che gira al largo per evitare la morsa ma è precluso nell'impostazione del gioco. Lichtsteiner è chiamato ad un compito di copertura per limitare le scorribande di Isco e Marcelo ed evita accuratamente di sconfinare la linea di metacampo. Tevez morde i polpacci di CR7, lo insegue, copre e poi riparte. L'argentino è l'anima della squadra, si propone in ogni spazio vitale, si sacrifica in copertura e subito innesca pericolosi capovolgimenti di fronte rivelandosi autentica spina nel fianco della difesa del Real. Marchisio, da perfetto incontrista, si immola per frenare l'irruenza di Ronaldo ma non disdegna anche generose incursioni offensive. Dall'altro lato Sturaro ed Evrà si oppongono con decisione a Bale e Rodriguez ed in numerose occasioni è proprio Evrà che si spinge verso l'area avversaria faticosamente tenuto a bada da Carvajal. Il gioco si fa sottile ed intrigante. Il Real volteggia di fioretto, triangola e dimostra ottima padronanza dello strumento, sono loro i campioni uscenti, dovranno pur dimostrarlo con i fatti. La Juventus non mostra segni di resa, anzi irretisce ed innervosisce gli avversari che compiono anche un paio di brutti interventi. Si gioca al calcio, quello vero. Entrambe le squadre meritano la finale per il modo in cui si affrontano. Un attenta lettura della partita dimostra che stavolta Allegri ha superato il maestro seduto sulla panchina avversaria con tre parole ipoteticamente scritte sull'erba dello Stadium: Equilibrio, possesso palla e tenacia. Siamo alla mezz'ora, la sfera persa dal Real a centrocampo da l'avvio al contropiede della Juventus, si impossessa del pallone Tevez inseguito da Carvajal, l'argentino sgomita, pare fermarsi poi riprende la corsa, rallenta poi d'improvviso scatta in avanti, entra in area sempre inseguito dallo spagnolo che non sa come fermarlo, entrambi lottano come nell'arena per il possesso della sfera. Agisce di mestiere Carlitos, nasconde il pallone per l'ultimo affondo e costringe il difensore al gesto estremo dello sgambetto. Rotola a terra l'argentino, si dispera lo spagnolo. Calcio di rigore sacrosanto per la Juventus. Se la canta e se la suona Tevez che si incarica della trasformazione con una sassata violenta che sgombra definitivamente le paure dallo Stadium e porta la Juventus in definitivo vantaggio. Da adesso fino alla fine è un crescendo di emozioni, i minuti scorrono sempre più lentamente, la partita sembra non voler finire mai. Ancelotti sostituisce Isco con Hernandez. Allegri ha la sua contromossa e richiama lo sfinito Sturaro, accompagnato da un autentica ovazione per l'innesto di Barzagli. Difesa della Juve a cinque per arginare i prevedibili arrembaggi finali dei Blancos mentre Chiellini sembra un fachiro incantatore di serpenti . Dopo uno scontro rude con un avversario sfoggia un turbante immacolato che stride con il sangue sulla sua maglietta. Escono anche Morata e Tevez stremati ed entrano al loro posto Llorente e Pereyra mantenendo immutato il canone offensivo. Ora è il Real Madrid a preoccuparsi dei minuti che trascorrono inesorabili. Manca poco ormai, la Juventus controlla ed il Real si danna per cercare almeno il pareggio ma l'occasionissima della serata capita proprio sulla testa di Llorente che incoccia quasi sulla linea di porta un pallone scodellato dalla sinistra. Per un miracolo Casillas si ritrova la sfera tra le mani e strozza l'urlo del terzo gol nella gola dei quarantamila dello Stadium. Ma è un urlo solo rimandato che ben presto si trasforma in grido di vittoria. La partita finisce sul risultato di 2-1 in favore della Juventus. L'apoteosi è inevitabile, i giocatori si abbracciano in campo e l'Italia intera si cinge in una stretta ideale da Palermo a Francoforte passando per New York, un nastro tricolore geodetico che ha coinvolto 80 milioni di telespettatori in tutto il pianeta. Le città di tutta Italia erano presenti allo Stadium stasera, e lo hanno dimostrato i vari striscioni che riportavano la provenienza: Palermo presente! Genova Bianconera, Juventus Club Andria per citarne solo alcuni. Ma l'effetto visivo è stato quasi offuscato dal coro levatosi dalle gradinate ad un minuto dalla fine della partita. Un coro che ha sollevato i cuori oltre ogni argine, oltre ogni immaginazione. Un coro di appartenenza e di orgoglio, un coro di quarantamila voci all'unisono che hanno intonato uno dei canti più struggenti che si conosca: Fratelli d'Italia, l'Italia si è desta… 

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Luca Tontodonati

Luca Tontodonati

Vivo a Pescara e sulle rive dell'Adriatico trascorro gran parte della mia esistenza annotando tutto e scrivendo oltre il necessario. Geografo e cartografo mi occupo di divulgazione storica. Fautore del "come eravamo", chiudo gli occhi e immagino i luoghi del passato. Appassionato di calcio, mi lascio trasportare dall'istinto più che dalla logica. Le partite amo seguirle allo stadio e quando capita di vederle in TV abbasso l'audio. Scommetto su tutto ma non vinco (quasi) mai. Frase preferita: "Presa singolarmente, l'umanità è davvero insopportabile". Un pregio: intuitivo. Un difetto: tifo quella squadra lì...

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