Ogni volta che si affonda un barcone carico di immigrati, tutti corrono intorno alla notizia come squali intorno ai corpi finiti in mare. A cominciare dai politici: chi non ricorda il modo commovente di inginocchiarsi dell’allora premier Letta ad Ustica circa un anno fa? E chi non ricorderà la commozione dei nostri esemplari di Homo Politicus dopo il naufragio dell’ennesima carretta del mare? Per non parlare delle polemiche circa le misure internazionali adottate. È meglio Frontex o era meglio Mare Nostrum?
Detto questo, come mai nessuno ha visto arrivare queste navi? Come mai i nostri aerei militari, invece di sorvegliare il Mediterraneo, vengono dislocati nel Baltico (qualche settimana fa sono stati proprio due Eurofighter dell'Aeronautica Militare italiana, schierati a Siauliai, in Lituania, ad intercettare un aereo russo). E a cosa servono i satelliti spia che abbiamo comprato da Israele se non a prevenire simili stragi?
Senza dire, poi, che il problema non è “nuovo”. È dai tempi di Gheddafi che i “premier” di turno (da Berlusconi a Renzi) promettono di risolvere il problema grazie a misure “innovative” ed “efficaci”. Per essere poi, puntualmente, smentiti dai numeri. Numeri come quelli degli immigrati che, in barba a tutte le iniziative intraprese, sia a livello nazionale, sia a livello comunitario, sia a livello internazionale, continuano a crescere.
Il vero problema, forse, è proprio questo: che tutto ciò sarebbe avvenuto non solo era ben noto e ben chiaro, ma era stato addirittura previsto. Che il flusso di migranti sarebbe cresciuto in modo esponenziale era già scritto, nero su bianco, in un rapporto delle Nazioni Unite la cui prima versione risale addirittura al 1998. Un rapporto in cui l’immigrazione non è vista come un “problema”, ma come un’opportunità, anzi come un “bisogno” per compensare il calo della natalità (“For Italy, Japan, the Republic of Korea and Europe, a level of immigration much higher than experience in the recent past would be needed to offset population decline”). Senza questo rinnovo generazionale, secondo gli esperti delle Nazioni Unite, nel 2050 la popolazione italiana scenderebbe a 41 milioni di persone. Troppo poche secondo loro.
Ovviamente nel rapporto delle Nazioni Unite non si fa distinzione tra immigrazione “regolare” e “clandestina”. Non si parla di centinaia di persone su barconi stracolmi che, giunti nelle acque internazionali, lanciano l’allarme in attesa che le navi della Marina italiana corrano a soccorrerle (altri Paesi del Mediterraneo, come Malta, hanno più volte dimostrato di adottare politiche ben diverse). Nello studio non si fa cenno neanche ai problemi che potrebbero derivare dalla diffusione di epidemie provenienti dall’Africa: finita la paura per Ebola, nessuno ha detto che, tra gli immigrati sbarcati nelle scorse settimane a Reggio Calabria, sono stati rilevati decine di casi di scabbia. Un allarme lanciato da Medici Senza Frontiere, una delle maggiori Ong del settore medico: “L'80-90% ci ha riferito di essere stato in carcere per diversi mesi – ha detto la coordinatrice per la Sicilia di Medici Senza Frontiere, Chiara Montaldo – e hanno dolori, lesioni traumatiche, e malattie tipo scabbia che è sintomo di condizioni igieniche molto precarie".
Malattie che comportano seri rischi per il Paese che li accoglie. A cominciare dal personale che opera nel primo soccorso e nei centri di accoglienza (non a caso il sindacato Consap e l’associazione Assotutela hanno avviato una class action contro il Ministero dell’Interno per la mancata tutela ai poliziotti impegnati nell’operazione Mare Nostrum, a seguito di diversi casi di tubercolosi trasmessi).
Ma di tutto questo nel rapporto delle Nazioni Unite non si parla. Si parla, al contrario, di intensificare le migrazioni, per mantenere costante l’età lavorativa (ed evitare che nel Belpaese ci siano solo vecchi), ad un ritmo di circa 6.500 immigrati per milione di abitanti per tutto il periodo 2000-2050. La metà di tutti quelli che secondo gli esperti delle Nazioni Unite “dovrebbero” entrare nell’intera UE (per cui è previsto un totale di 674 milioni di immigrati).
Ma il rapporto va oltre, ipotizzando vari “scenari”. Secondo uno di questi “scenari”, in Italia, dovrebbero arrivare circa 251 mila migranti all’anno. Casualmente, il Ministro degli Esteri, Gentiloni, nei giorni scorsi ha parlato di 250 mila potenziali immigrati. Chissà se lo “scenario” da cui ha preso le sue previsioni il Ministro degli Esteri ha previsto anche le migliaia di morti. Un numero che cresce ogni anno e che ormai ha raggiunto le decine di migliaia: secondo uno studio recente, sarebbero di oltre 23 mila i morti nel tentativo si raggiungere le coste del Belpaese a partire dal 2000 (prima data attendibile). Ai quali ovviamente vanno aggiunti i morti dei giorni scorsi.
Di queste persone (la P maiuscola non è un caso dato che non sono solo “numeri”) che hanno perso la vita nell’illusione di raggiungere un Paese dove vivere meglio, nel rapporto delle Nazioni Unite non si parla. Ma questo a chi ha scritto il rapporto delle Nazioni Unite non interessa: il loro unico scopo è capire e prevedere come rimpiazzare la forza lavoro diminuita a causa del calo della natalità (non a caso il rapporto indaga proprio sui Paesi a più bassa natalità, Francia, Germania, Italia, Giappone, Corea, Russia, Regno Unito e USA, e due macro aree, Europa e Unione Europea). È questo che interessa ai signori del potere delle Nazioni Unite. Tutto il resto (come i morti dei giorni scorsi) sono numeri che importano poco. Se non per rimpiazzarli con la “Replacement Migration”.