Il Mondiale è finito e ha incoronato chiaramente il suo re, Leo Messi. La Pulce si è preso l’agognata Coppa del Mondo nel mondiale più discutibile – per le modalità di assegnazione e per l’arretratezza della sede in temi di diritti umani – e più strano, viste le tempistiche invernali, ma lo ha fatto al termine di una finale che rimarrà nell’epica del gioco. L’ultimo atto del Mondiale è stato un concentrato di emozioni, mosse tattiche e gesti tecnici (anche dell’arbitro Marciniak: il giallo per simulazione a Thuram a fine regolamentari è la fischiata dell’anno) che hanno appassionato tutti. Ma ora che i verdetti sono scritti, con la vittoria dell’Argentina e il trionfo personale di Messi, è tempo di Top 11: chi sono stati i migliori giocatori di questo Mondiale? Esercizio complesso e destinato a far discutere – le classifiche sono spesso soggettive, in alcune sfumature – ma ecco i giocatori che hanno fatto davvero la differenza in Qatar, a mio modo di vedere.
Portiere: Emiliano “Dibu” Martinez, Argentina. E qui partiamo subito con le scelte dolorose: erano almeno in tre i portieri che meritavano questo titolo ma l’argentino si è preso il trono con la finalissima, dopo la grande prova nei rigori ai quarti contro l’Olanda. Fino all’ultimo anno, in lizza c’erano anche il croato Livakovic – decisivo per almeno un paio di passaggi del turno dei suoi – e soprattutto il marocchino Bounou, fenomenale in più occasioni e uomo-chiave contro il Portogallo. Ma quello che è stato incoronato miglior portiere dell’ultima Liga spagnola con il Siviglia è stato sopravanzato in extremis da Martinez: la parata al minuto 123 della finale su Kolo Muani non può non ribaltare il giudizio perché ribalta la storia stessa della competizione. Un intervento pazzesco, per posizionamento e riflessi: se quella di Gordon Banks era la “save of the century” del secolo precedente, questa di Martinez per il momento va considerata la parata del ventunesimo secolo.
Terzino destro: Achraf Hakimi (Marocco). Pochi dubbi, quasi un candidato unico. L’unico a contendergli minimamente il ruolo poteva essere il croato Josip Juranovic, ma l’ex Inter è stato troppo dominante: una freccia in missione per conto della sua nazione, dopo l’inizio di avventura in chiaroscuro con il Paris Saint-Germain, con una fase di spinta che nessun altro terzino presente nella competizione poteva vantare e una fase difensiva comunque più attenta del previsto.
Difensore centrale: Josko Gvardiol (Croazia). Ha sbagliato una partita, la semifinale con l’Argentina: fuorigioco errato sull’1-0 che ha aperto i conti e ubriacato da Messi – se trovate qualcuno che non lo sia stato, avvisatemi – sul 3-0. Prima e dopo quei novanta minuti, un dominio difficilmente arginabile, nonostante dovesse giocare mascherato per un infortunio al naso: il classe 2002 di proprietà del Lipsia ha cancellato chiunque, prendendosi anche lo sfizio di un gol e del ruolo di mvp nella finalina per il terzo posto dopo un mese da leader assoluto del reparto difensivo. E la sua valutazione di mercato è schizzata alle stelle.

Difensore centrale: Roman Saiss (Marocco). Chiamata non semplice, perché le alternative non mancavano: l’esperto brasiliano Thiago Silva ha giocato un bel Mondiale nonostante la delusione verdeoro, i due centrali francesi Varane e Upamecano hanno tenuto un livello altissimo e gli stessi Romero-Otamendi sono stati dei leader irrinunciabili per la squadra vincitrice. Ma Saiss è la rivelazione, a 32 anni suonati: gioca in Turchia al Besiktas (dopo sei anni al Wolverhampton) ed è il capitano di una difesa che fino alle semifinali aveva subito un solo gol, peraltro su autorete. E che anche tra semifinale e finalina ha tenuto botta, nonostante i tanti guai fisici – compresi quelli dello stesso Saiss – di una squadra che ha reso al di sopra di ogni sua possibilità. In testa proprio Saiss, autore di un Mondiale a tratti commovente per abnegazione, attenzione e cuore.
Terzino sinistro: Theo Hernandez (Francia). Uno scherzo del destino: fino a un anno fa non avrebbe giocato il Mondiale (ricordate l’esultanza col telefono, rivolta a Deschamps, dopo i gol con il Milan come a dire “chiamami”?), poi parte come vice del fratello Lucas a cui salta un crociato dopo pochi minuti della prima partita. Diventa titolare ed è il treno visto in rossonero: un paio di passaggi a vuoto – l’ingenuo rigore causato contro l’Inghilterra, poi calciato alto da Kane – non cancellano un Mondiale da leader, con tanto di gol che ha indirizzato dopo pochi minuti la complessa semifinale contro il Marocco. Come nel caso di Hakimi, sull’altra fascia, nomina quasi scontata.
Mezz’ala: Enzo Fernandez (Argentina). Scelta durissima, ma Scaloni ha vinto il Mondiale soprattutto con le sue scelte in mediana e il classe 2001 del Benfica ha vissuto la sua consacrazione insieme all’immancabile tuttofare De Paul e all’altro faticatore McAllister. Qualità e tanta quantità: così la mediana Albiceleste si è presa il torneo e Fernandez ne è stato l’interprete più scintillante: la gemma del 2-0 al Messico che ha definitivamente tolto la scimmia dalle spalle di Messi e compagni, l’assist per Alvarez contro la Polonia, l’errore fortunatamente indolore ai rigori contro l’Olanda. Ma se Scaloni in finale ha rinunciato via via a tutti centrocampisti titolari tranne che a lui, il motivo è chiaro: il prodotto del River è diventato grande. Anzi, grandissimo.

Centrocampista centrale: Sofyan Amrabat (Marocco). Dominante, come e più che ai tempi del Verona. Roba che la Fiorentina potrebbe cederlo domattina a 50 milioni. Amrabat è stato l’anima della mediana della rivelazione Marocco: sradicapalloni clamoroso, ha saputo anche gestirli dando tempi e ritmi alla squadra maghrebina. Mai una gara ciccata, sempre al centro del gioco insieme al compagno di reparto Ounahi (un altro che avrebbe meritato una nomination): Luka Modric è lassù, nell’Olimpo, e anche in Qatar non ha fatto eccezione – piange il cuore a tenerlo fuori – il francese Tchouameni ha giocato a un ottimo livello ma in questo mondiale il miglior perno davanti alla difesa è il viola. Che ad eccezione dei due fenomeni con la maglia numero 10, è stato per rendimento il miglior giocatore del torneo.
Mezz’ala: Antoine Griezmann (Francia). Impossibile non nominarlo, vista anche la particolarità del ruolo. Con lui Deschamps ha fatto un lavoro straordinario, rendendolo ago della bilancia trasformandolo da seconda punta a equilibratore offensivo della mediana. Nella Francia che – pur non rubando l’occhio dai quarti in poi – arriva all’ultimo atto c’è tanto di Griezmann, del suo talento e del suo sacrificio. Un anomalo tuttocampista al servizio dei Galletti, nonostante la stecca nell’ultimo atto.
Attaccante destro: Lionel Messi (Argentina). Spiegarne i motivi diventa quasi superfluo: la consacrazione, dopo anni di buio con l’Albiceleste e un ritiro dalla nazionale perfino già annunciato. Poi la marcia indietro, la Copa America vinta e la leadership in questo Mondiale che ne incorona – ma serviva davvero questo? – la grandezza. Leader tecnico lo è sempre stato, negli ultimi anni è diventato anche leader morale, come dimostra il tesissimo quarto con l’Olanda in cui ha dato battaglia, durante e dopo la gara, con tutti. Finalmente alza la Coppa del Mondo che una carriera come la sua meritava, diventando effigie di un popolo. E quel piede sinistro del portiere Martinez a fermare il 4-3 di Kolo Muani al 123’ della finale sembra tanto un piede de Dios, di qualcuno che da lassù starà esultando più di tutti gli altri.

Centravanti: Julian Alvarez (Argentina). Hombre del partido supremo in semifinale, con rigore dell’1-0 conquistato e doppietta a stendere la Croazia. Il ventiduenne acquistato in estate dal Manchester City è stata una delle chiavi di volta di Scaloni: freschezza, furbezza, attacco alla profondità e posto da titolare tolto in corso d’opera all’interista Lautaro Martinez. Non era l’unico candidato per il ruolo – Giroud ha fatto un mondiale straordinario, anche per longevità, l’olandese Gakpo è stato l’attaccante più incisivo ai gironi – ma è quello che ha mostrato maggior continuità finendo per essere un fattore nell’Argentina che alza la Coppa.
Attaccante sinistro: Kylian Mbappé (Francia). Stava per fare un clamoroso back to back trascinando i suoi anche in Qatar, dopo il titolo mondiale a Russia 2018. Difficile che si accontenti del titolo di miglior marcatore della manifestazione – otto reti – ma nell’immaginario collettivo resta la sua tripletta nell’ultimo atto dell’evento. E diciamola tutta: se Argentina-Francia è diventata una finale epica il merito è tutto di questo ragazzo di 23 anni, che è stato il simbolo e il leader della Francia per tutto il mese e che è pronto a prendere lo scettro di miglior giocatore al mondo dalla coppia Messi-Ronaldo, che ha contraddistinto gli ultimi quindici anni. Presto saremo nell’era di Kylian Mbappé. Anzi, pardon, ci siamo già da tempo.
Allenatore: Walid Regragui (Marocco). Il titolo di miglior allenatore di questo Mondiale è una lotta a due che forse avrebbe meritato una doppia nomina: Lionel Scaloni e Walid Regragui. Scaloni dopo il k.o. contro l’Arabia ha stravolto la sua Argentina rendendola una macchina perfetta ed equilibrata, inserendo gli elementi più in forma (Fernandez, McAllister, Alvarez), azzeccando le scelte contro la Croazia – un centrocampista in più – e contro la Francia, ricorrendo a Di Maria dal primo minuto. Regragui, però, è stato il vero fenomeno tattico di questo Mondiale: in campo con le proprie armi – difesa e contropiede, con ripartenze ben organizzate e frequenti scambi sulle fasce – creando un muro difensivo e sfruttando una condizione atletica strepitosa. In campo i suoi giocatori sembravano come uniti da un filo immaginario che li faceva muovere all’unisono, perfetti, diventando così la prima squadra africana della storia ad entrare tra le prime quattro. Il tutto diventando ct del Marocco solo a luglio e con tanti dubbi su quel contatto Hernandez-Boufal in semifinale che forse avrebbe scritto un finale ancora più magico per la sua nazionale.
Ecco dunque la mia Top11 di Qatar2022, schierata con il 4-3-3: Martinez; Hakimi, Gvardiol, Saiss, Theo Hernandez; Fernandez, Amrabat, Griezmann, Messi, Alvarez, Mbappè. Allenatore: Regragui.