Nel mezzo del cammin mondiale a smarrire la diritta via sono state la Germania, il Belgio e l’Uruguay. Precipitate nell’inferno dell’eliminazione precoce.
La prima, per forza e tradizione (quattro Coppe vinte e otto finali, una più del Brasile) era di diritto nel lotto delle favorite. Le altre due erano accreditate come brillanti comprimarie, autorevoli candidate ad una qualificazione almeno agli ottavi. Invece la Germania, che aveva vinto il titolo otto anni fa in Brasile, ha continuato ad avvitarsi in una spirale involutiva iniziata già nel mondiale precedente (in Russia) in cui pure era stata estromessa già nella fase a gironi. A causa della minor valorizzazione dei suoi vivai (punti di forza per circa un decennio) e del logoramento di vecchi campioni come Neuer e Muller. Il Belgio è alla chiusura di un ciclo ricco di bel gioco, ma avaro di grossi risultati.
Una squadra zeppa di fuoriclasse (De Bruyne, Hazard, Lukaku, Courtois), ma poco concreta al cospetto dei grandi traguardi. Un po’ come succedeva negli anni Settanta all’Olanda inventrice del calcio totale. Sul declino molto hanno poi inciso le beghe di spogliatoio. Troppi galli in un pollaio. L’Uruguay, infine, è sempre stata una squadra di guerrieri, con una gloriosa storia alle spalle. Con soli 3 milioni e mezzo di abitanti ha vinto due mondiali, sia pur in tempi ormai remoti (1930 in casa e 1950 in Brasile): quanti l’Argentina e la Francia e uno in più dell’Inghilterra e della Spagna. In questo mondiale allineava ancora star come Cavani e Suarez, anche se avviate sul viale del tramonto. Ma è uscita di scena con i nervi a fior di pelle, contestando platealmente arbitro e Var (Cavani per la furia ha addirittura fracassato un monitor) per un rigore negato che avrebbe potuto spianare la qualificazione.
Provvisoriamente in paradiso si ritrovano le quattro grandi sorprese. Giappone (per una questione di millimetri: il pallone del gol decisivo contro la Spagna che sembrava essere uscito) e Marocco – vincitori dei rispettivi gironi -, oltre ad Australia e Corea del Sud. Spingendo alla ribalta mondiale anche il calcio africano (qualificata anche una potenza continentale come il Senegal) e soprattutto quello asiatico che fino a non molto tempo erano considerati poco competitivi sui grandi palcoscenici.

Nel limbo dell’attesa rimangono le attese protagoniste. Le principali – Brasile, Argentina, Francia, Spagna, Portogallo – nelle tre partite del torneo a gironi hanno subito tutte un’imprevista sconfitta dovuta a distrazione, a sfortuna o a necessità di far tirare il fiato ai titolari. Nel caso della Spagna la battuta d’arresto (che per i retroscenisti più maliziosi sarebbe stata addirittura calcolata) potrebbe essersi rivelata provvidenziale. Perché le ha assegnato agli ottavi il Marocco, avversario teoricamente meno ostico della Croazia che avrebbe affrontato se avesse vinto il girone. Ma soprattutto, se passerà ai quarti, le permetterà di evitare il Brasile. Gli impacci delle grandi segnalano che ormai c’è un equilibrio sostanziale. Non esistono più partite scontate. Nessuna squadra ha concluso il girone a punteggio pieno. Anche la corsa delle più brillanti – Olanda, Inghilterra e Marocco (sette punti) – è stata frenata da un pareggio. Un motivo parziale di consolazione per l’Italia, la grande esclusa dal mondiale, bocciata a causa di una inopinata sconfitta interna con la Macedonia del Nord. Uno scivolone che può anche capitare (come è successo un po’ a tutte), ma che stiamo pagando in maniera decisamente esagerata.
L’equilibrio è confermato dal particolare che agli ottavi accedono rappresentanti di tutti i continenti. Otto squadre europee: Olanda, Francia, Polonia, Inghilterra, Croazia, Spagna, Portogallo, Svizzera (qualificatasi nei gironi eliminatori a scapito dell’Italia). Due sudamericane: Brasile e Argentina. Una nordamericana: gli Usa, dove il calcio è pure in grande ascesa. Due africane: Marocco e Senegal. Due asiatiche: Giappone e Corea del Sud.
Un autentico mondiale, rappresentativo di tutte le realtà calcistiche. Anche se il football spettacolare si è visto solo a sprazzi. I big finora si sono risparmiati. Qualche guizzo di Messi. La solita voracità di Cristiano Ronaldo. In attesa dei recuperi di Neymar e forse di Benzema il più convincente finora è apparso l’asso francese Mbappe’, erede predestinato dei due mostri sacri. Capocannoniere con tre gol nella prima fase insieme allo spagnolo Morata, all’olandese Gakpo, all’inglese Rashford e all’ecuadoriano Valencia che, eliminato, non potrà più arricchire il suo bottino.
In prospettiva, se i pronostici non verranno stravolti, si prospetta una semifinale sudamericana fra Brasile e Argentina e una europea fra Francia (o Inghilterra) e Spagna (o Portogallo): Con una finale, quindi, che dovrebbe mettere di fronte uno squadrone sudamericano e una big europea.
Molto all’inizio del mondiale si è parlato di diritti violati. Delle proteste dei calciatori iraniani in sostegno della rivoluzione del velo nel loro martoriato paese. E dell’impossibilità di manifestare in difesa delle minoranze omosessuali in un paese dai rigidi costumi islamici come il Qatar. L’eco delle polemiche è andato via via diluendosi, sopraffatto dalle emozioni dell’evento sportivo. E’ prevedibile che nelle prossime due settimane si parlerà solo di grande calcio. Che è poi sempre stata la summa di qualsiasi mondiale.